“Non esiste una sola Africa, ma miriadi di realtà”

 

“Non esiste una sola Africa, ma miriadi di realtà”

Sandra Federici

Sandra Federici, dell’Associazione Africa-Mediterraneo, ci parla del vasto mondo del fumetto africano. Un archivio unico al mondo, una realtà ancora molto da studiare.

Sandra Federici, su cosa ha incentrato il suo intervento alle Giornate di studio “Un ambiente fatto a strisce” organizzate da Alberto Manco all'Orientale di Napoli?

“Principalmente sul premio Africa Mediterraneo per il miglior fumetto inedito di autore africano. Si tratta un concorso a vocazione panafricana, indetto dal 2002 dall’associazione della quale faccio parte e che ha avuto finora cinque edizioni.
Ogni due anni raccogliamo le novità provenienti dagli autori di questo Continente, secondo un argomento stabilito o a contributo libero. In passato, per esempio, abbiamo avuto concorsi dedicati a tematiche come i diritti umani, l’emigrazione oppure lo sport, interpretati in storie complete di quattro tavole: ognuna un piccolo universo di personaggi ed emozioni.
Tutti i lavori sono poi visti e valutati da una giuria composta da africanisti ed esperti del mondo del fumetto, tra i quali includiamo il vincitore della passata edizione. Come ricompensa, il miglior autore riceve un premio in denaro e può vedere la sua storia pubblicata in un volume collettivo.
Un altro aspetto che ho evidenziato è che il Premio consente di osservare, nel fumetto africano, l’evoluzione di aspetti come l’uso delle tecniche, lo sviluppo delle storie, i temi al centro dell’attenzione, il cambiamento delle tecnologie: per esempio, negli ultimi anni abbiamo visto una decisa crescita dell’utilizzo del computer e di software appositi per il disegno. Per ultimo, ma non per importanza, grazie al Premio riusciamo anche a seguire la vita di questi autori e le difficoltà che affrontano quotidianamente nello svolgere il loro lavoro nei Paesi d’origine.”

Come si è avvicinata al mondo fatto a strisce?

“Sarà banale ma il mio interesse per il mondo del fumetto è nato da bambina leggendo storie come Asterix, Tex e Tintin. Per quanto riguarda il mondo delle strisce africane, mi sono avvicinata progressivamente a esse attraverso l’Associazione Africa Mediterraneo e le sue iniziative.
Da anni, infatti, con lo scopo di promuovere la conoscenza della cultura africana contemporanea pubblichiamo la rivista Africa Mediterraneo e realizziamo progetti come mostre, atelier nelle scuole, pubblicazioni didattiche con il contributo d’istituzioni pubbliche o fondazioni private. L’idea di dedicare uno spazio al fumetto africano è nata all’interno di uno di questi progetti e precisamente in quello per l’educazione allo sviluppo, promosso nel 2001 assieme al CEFA, un ente no-profit bolognese, con il finanziamento dell’Unione Europea e del Ministero degli Esteri.
Lo scopo del progetto era far capire ai cittadini europei che cosa fosse l’educazione allo sviluppo attraverso vari canali di comunicazione e noi, in quell’occasione, abbiamo scelto proprio il fumetto. Il progetto di allora si chiamava Matite Africane e fu curato in collaborazione con esperti esterni, come l’antropologo Massimo Repetti, e nel corso di mostre e incontri dedicati al fumetto cercammo di far conoscere vari aspetti e problematiche della cultura africana. Incoraggiati dal successo di questa iniziativa, in seguito, abbiamo voluto creare un premio dedicato agli autori africani, anche per colmare la mancanza di un simile riconoscimento. Tuttora il nostro concorso è il più importante a livello sia europeo sia africano.”

Fumetto, graphic novel, graphic journalism: quali le differenze?

“Nel mio modo di vedere le cose, il fumetto è la categoria generale alla quale fanno riferimento tutte le espressioni di questa cosiddetta ‘letteratura disegnata’ o, come disse un autore del quale ora mi sfugge il nome, ‘pensiero disegnato’: genere narrativo nel quale parole e didascalie, si uniscono a disegni seriali.
All’interno di questo grande contenitore inserirei tutte le diverse forme d’espressione, tra cui appunto la graphic novel e il graphic journalism.
La prima, che vedo come un romanzo a fumetti, è stata consacrata dalla vittoria del Premio Pulitzer da parte di Maus di Spiegelmann. Il graphic journalism si presenta invece come una sorta di reportage disegnato, incentrato su temi attuali: tra gli autori più rilevanti ricordo Joe Sacco con il suo Palestina. Un’altra caratteristica del graphic journalism è che gli autori spesso, trattando di questioni spinose, mettono se stessi, e la loro ricerca di notizie e verità, all’interno della storia.
Negli ultimi tempi la graphic novel, in particolare, sta sperimentando una grande crescita in Italia, anche se le produzioni non sono tutte dello stesso livello di qualità”.

Graphic novel: cosa rappresenta per lei?

“Io adoro le graphic novel soprattutto quando fatte da grandi autori. Trovo, infatti, che i disegni uniti alle parole diano veramente qualcosa in più rispetto ad un romanzo.
In certe tavole, quando l’autore non spiega le cose ma le accenna appena e il lettore è chiamato a scoprirle da solo, secondo me, si creano delle emozioni uniche e introvabili altrove”.

Il fumetto e l'ecologia: una relazione connaturata?

“Io direi di sì proprio perché il fumetto si presta molto alla comunicazione sociale in genere, cioè quella in cui il messaggio ha contenuti civili o ‘etici’.
I vantaggi del fumetto, da questo punto di vista, sono molteplici: la parola è potenziata dall’immagine, la sua fruizione è rapida, le strisce si possono facilmente adattare agli stili amati dal pubblico e far quindi giungere il messaggio a quante più persone possibili.
Per questi motivi ritengo che il fumetto, in particolare, stia avendo molto successo in Africa per quanto riguarda progetti di comunicazione promossi di vari enti ed ONG: in questi casi, l’uso di immagini si rivela uno strumento decisamente versatile ed efficace verso un pubblico che non è sempre sufficientemente alfabetizzato.”

In che modo le tematiche riguardanti l’ambiente sono affrontate nei fumetti africani?

“Si fa parecchio riferimento allo sfruttamento delle risorse naturali da parte di multinazionali estere e al fatto che questo è alla base di conflitti violenti. Oppure troviamo delle vere e proprie denunce verso le indecenti condizioni igieniche delle città africane, a volte trattate come una fatalità o, altre volte, affrontate con aperte critiche verso i comportamenti scorretti ed incivili dei cittadini.
Un altro esempio, che ora mi viene in mente, è quello di Joe Palmer del Benin, che invece ha trattato il tema della natura in maniera ironica attraverso le vicende dei Pigamu: piccoli omini che, un po’ come i Puffi, vivono nella giungla e devono fronteggiare le minacce di chi dall’esterno vuole alterare gli equilibri della foresta.”

Ci fa un esempio di comunicazione, a suo parere ben riuscita, attraverso il fumetto?

“Pensando alle graphic novel di alto livello, ritengo che Maus sia un ottimo esempio a questo proposito. Lo dico non solo perché si tratta di un indiscusso capolavoro ma anche alla luce dell’esperienza che recentemente ho fatto in laboratori rivolti alle classi dei primi anni di liceo.
Questi ragazzini, sebbene sapessero tutto della Shoa e della Seconda Guerra Mondiale, sono rimasti subito colpiti dal fumetto, dimostrando un vivace interesse per la vicenda e per gli espedienti comunicativi e grafici. Il messaggio, in questo caso, era passato immediatamente dall’autore ai suoi destinatari.”

Come è cambiata la percezione del fumetto negli ultimi cinquant'anni? E i suoi contenuti?

“Una domanda veramente impegnativa che meriterebbe tanto spazio quanto tutta l’intervista!
In generale noto come in Italia si stia affermando progressivamente, anche se non senza difficoltà, l’idea del fumetto d’autore, di qualità e rivolto ad un pubblico di adulti. Un fumetto, insomma, che tratti anche di storie serie e scavalchi la solita convinzione che si tratti di un genere per bambini o adatto solo a contenuti scanzonati.
Mi auguro che si affermi ancora di più l’idea del fumetto come opera d’alto valore culturale, meritevole di essere distribuita attraverso canali di pubblicazione e vendita di elevato livello qualitativo e valorizzata da kermesse culturali, come festival o mostre, al di là di quelli che possono essere i classici mercatini del collezionismo.
Un altro elemento di cambiamento, penso sia poi dato da internet e dalla diffusione di blog specializzati: stanno crescendo in rete sempre più diari di fumettisti, anche africani, che grazie al web riescono a conquistare visibilità e a far apprezzare le proprie storie in tutto il mondo. Alcuni blog sono veramente ricchissimi di contenuti da meritare almeno una visita giornaliera.”

Qual è il lettore ideale di fumetti?

“Potrebbe essere un lettore che ‘compra’ i fumetti e che quindi spende almeno una volta ogni quindici giorni, o un mese, quei venti euro per comprarsi un bel fumetto cartonato di qualità. Abitudini che sono normali in Paesi come la Francia o il Belgio, ma che stentano ad entrare a far parte delle nostre abitudini.
Inoltre, il pubblico ideale dei fumetti sono naturalmente persone che amano la lettura e che sanno apprezzare il tempo trascorso sulle pagine di un libro. Purtroppo ora sappiamo come sia difficile educare le nuove generazioni al piacere del libro cartaceo, piuttosto che a passare i pomeriggi davanti alla televisione o playstation.”

Qual è il suo fumetto preferito?

“Difficile rispondere. Se devo scegliere, senza però intenzione di fare torto a nessuno, mi sono piaciuti i fumetti di Bitterkomics, una rivista sudafricana dove gli autori raccontano in maniera ironica e intelligente, ma anche amara, il Sud Africa post-apartheid con i sensi di colpa e i fantasmi del passato della minoranza bianca che ha imposto le segregazioni razziali.”

Ha mai letto un fumetto in lingua straniera? Qual è la bellezza della lettura in lingua originale, quali le perdite nella trasposizione in un'altra lingua e dunque cultura?

“Leggo abitualmente i fumetti africani che ci giungono in versione originale nelle lingue coloniali (inglese, francese, portoghese), mentre per le edizioni che ci giungono in lingue come lo swahili chiedo la traduzione in inglese.
Non sono una linguista e non ho mai confrontato le traduzioni, ma penso che con la traduzione oltre che perdere qualcosa, si acquistino pure nuove sensibilità. Non dimentichiamo infatti l’importante lavoro del traduttore nel far passare contenuti e messaggi, e nel contestualizzare le vicende da una lingua all’altra.”

Ci sono temi che si prestano meglio o peggio al racconto tramite il fumetto? Se sì quali?

“Secondo me qualsiasi autore può trattare ogni tema: dal racconto giornalistico, poliziesco, alla storia d’amore o d’amicizia, eccetera. Il fumetto è uno strumento talmente versatile che si presta a qualsiasi racconto.”

Quale ruolo ha o può avere il fumetto nella mediazione interculturale, anche considerando la sua vasta circolazione?

“Uno degli scopi delle nostre iniziative in favore del fumetto africano è proprio far conoscere e capire le culture lontane per favorire il superamento delle barriere e degli stereotipi razziali.
Agiamo principalmente su due fronti: da un lato, promuoviamo la riflessione sulle condizioni e i problemi del Continente, attraverso mostre e pubblicazioni sul fumetto africano: di recente, tra l’altro, abbiamo concluso un’esposizione sulle migrazioni. Dall’altro, portiamo i fumettisti africani nelle scuole superiori, cercando di creare un momento di confronto diretto tra i giovani studenti e le realtà dalle quali gli autori provengono. A queste iniziative, i ragazzi reagiscono sempre benissimo, dimostrando un’eccezionale curiosità e facendo mille domande sulle esperienze personali dei fumettisti.”

Quali sono secondo lei le motivazioni della minore (o tarda) attenzione rivolta a questo genere nell'ambito degli studi letterari e accademici in generale?

“A livello scolastico, tranne un piccolo spazio che viene dedicato al fumetto quando si studiano le forme comunicative, purtroppo vince ancora il pregiudizio che vede le strisce disegnate relegate ad un genere minore, d’argomento poco serio e rivolto ai ragazzini. A livello universitario, delle realtà importanti come l’Accademia di Belle Arti di Bologna, hanno invece organizzato dei corsi appositi dove il fumetto è studiato ad altissimo livello.
Infine, come associazione, abbiamo sperimentato in prima persona il pregiudizio nei confronti del fumetto al momento di portare le nostre mostre nelle Ambasciate Italiane in Africa: non dico quanti occhi sgranati e dubbi nei confronti del valore culturale del fumetto abbiamo dovuto affrontare. Cosa che non ci è accaduta, invece, nei centri culturali francesi, dove la qualità artistica del fumetto è stata riconosciuta senza problemi.”

Cosa caratterizza il fumetto africano rispetto al fumetto europeo?

“Una piccola precisazione è necessaria: il ‘fumetto africano’ come entità uniforme non esiste, ma possiamo parlare solo di tanti fumetti dall’Africa o di fumetti di diversi autori africani.
Caratteristica comune delle produzioni è quella definisco ‘creolizzazione’ delle forme culturali: gli artisti rielaborano le influenze delle culture coloniali, europee e americane, mescolandole con le tradizioni della propria terra d’origine. Quello che si crea è qualcosa di unico, interessante e totalmente nuovo.
Riguardo alle caratteristiche delle storie, poi, si tratta di vicende fondamentalmente ambientate in Africa, ispirate dai problemi e dalle condizioni di vita del Paese e, in alcuni autori, una particolare attenzione è riservata alle tradizioni quali i dettagli degli abiti, le maschere o le credenze locali.”

L’Africa ha un’enorme estensione: nota delle differenze o tendenze dominanti da Paese a Paese?

“Nel Congo e in Camerun, dove forte è l’influenza del fumetto franco-belga, domina la semplicità e la chiarezza del tratto. Mentre in Costa d’Avorio ha successo il fumetto caricaturale e ironico, spesso anche raccolto in una sola pagina. In Sud Africa, grazie ai contatti con l’Estero, c’è invece una grande ricerca di temi e tecniche e per gli autori c’è molta più possibilità di trovare forme d’espressione innovative e underground.”

Secondo lei gli attuali cambiamenti politici in atto nel Nord Africa quale impatto potranno avere sul fumetto africano?

“In generale, una maggiore libertà civile porterà sicuramente una maggiore libertà di stampa. Come caso specifico mi viene in mente Magdy El Shafee, il cui fumetto è stato censurato in Egitto perché ritraeva caricature di alcuni personaggi politici e che adesso è diventato noto, dopo aver mandato i suoi fumetti a La Repubblica. Probabilmente con la rivoluzione, se cambierà il regime, avrà anche la possibilità di veder pubblicati i suoi lavori nel Paese”.

Fabiana Andreani - Direttore: Alberto Manco

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