“Vie della Seta” tra Iran, Asia Centrale e Cina Occidentale

 

“Vie della Seta” tra Iran, Asia Centrale e Cina Occidentale

Conferenza di Bruno Genito, mercoledì 14 marzo 2012

Prima conferenza del ciclo di conferenze dal titolo “Archeologia delle Vie della Seta: Percorsi, Immagini e Cultura Materiale”, organizzato da Bruno Genito e Lucia Caterina con le Scuole Dottorali di Studi Orientali e Africani (Dottorati: Turchia, Iran e Asia Centrale, Asia orientale e meridionale) e di Studi Interculturali (Dottorato: Archeologia: Rapporti tra Oriente e Occidente) e con il CISA (Centro Interdipartimentale di Servizi per l’Archeologia)

Il professore Bruno Genito introducendo questo ciclo di conferenze dottorali, ha, innanzitutto, posto l’attenzione sulle premesse di questa iniziativa che, attraverso una rilettura critica delle opere di Ferdinand von Richtofen, cerca di proporre una prospettiva nuova all’antico concetto di “Via della Seta”, espresso dal barone tedesco, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Dopo i saluti di rito e i ringraziamenti agli sponsor scientifici dell’iniziativa e ai loro direttori, professori Adriano Rossi, Giorgio Amitrano, Irene Bragantini e Rodolfo Fattovich, Bruno Genito presenta il calendario delle conferenze, sottolineando come la maggior parte dei conferenzieri – come le professoresse Filigenzi, Visconti e Forte, e i professori Lo Muzio e Tosi – siano tutti professori che o si sono laureati, o hanno insegnato, e insegnano, nella nostra Università, e come i due professori de La Vaissière e Richtofen, unici stranieri a prendere parte a questo primo ciclo di conferenze, rappresentino per ragioni diverse due eccellenze nel campo degli studi di questa delicata e complessa prospettiva di studio. L’accento viene, altresì, posto anche sulla dimensione archeologica che non sempre ha accompagnato la storia degli studi sulla “Vie della Seta” sottolineandone i seguenti punti di approccio e di metodo:

1. centralità culturale, ma non unicità cronologica dei percorsi, delle immagini e della cultura materiale finora categorizzati all’interno del concetto di “Via della Seta”;
2. pluralità dei percorsi viari e marini della “Via della Seta” che non può che essere aggiornata con quella, oggi più propria, di “Vie della Seta”;
3. “anche se necessario passo nella storia del pensiero storiografico, l’idea di ‘Via della Seta’ non si è mai basata su alcun concetto storico chiaro, combinando caratteristiche commerciali, diplomatiche e religiose diverse, in un approccio che sembra dominato dalla geografia storica” (E. de La Vaissière);
4. “antecedenti” e “contemporanei” percorsi alla “Via della Seta” (Via della Giada, Via del Lapislazzuli, via dell’Incenso etc.) come elementi determinanti di una concezione molto più ampia e diversificata che può abbracciare la globalità del commercio antico, tra Roma, il vicino e medio Oriente, l’Asia Centrale e la Cina dalle epoche tardo protostoriche fino a quelle medievali;
5. centralità ed importanza territoriale degli insediamenti, stazioni di sosta, presidi militari e fortezze lungo le vie dei commerci;
6. unitarietà delle relazioni tra insediamenti, percorsi commerciali e condizioni geo-ambientali.
7. “Vie della Seta” come fenomeno di costruzione politica basata sull’organizzazione del lavoro a vari livelli e secondo varie specialità, che praticamente “inventa” l'economia moderna, dominata dal mercato e non dal potere statale. Proprio per questo, i commerci riescono ad inserirsi con agilità e destrezza all’interno di ben più rigide economie statali, come quelle cinesi, indiane e occidentali (M. Tosi).

Spaziando dalla Cina occidentale (Xinijang) all’Iran, e dall’epoca protostorica a quella altomedievale e medievale, e sottolineando le particolarità tecnico produttive legata alla coltivazione del baco della seta, Bruno Genito si sofferma, in particolare su particolari produzioni di oggetti che provenendo dall’Iran e dall’Asia Centrale (in particolare argenti e vetri) arrivavano fino in Cina arricchendo la già complessa rete di commerci tra l’Asia e l’Europa. Ricordando il ruolo e l’importanza di studiosi come Von Richtofen, Hedin e Przhevalsky, Bruno Genito ricorda il ruolo determinante delle popolazioni nomadiche delle steppe che da sempre hanno mantenuto i contatti culturali tra est ed ovest, a partire per lo meno dall’Età del Ferro. La giada, il lapislazzuli soggetti di un commercio protostorico a media e lunga distanza, costituiscono gli antecedenti delle “Vie della Seta”, tra la Cina occidentale e l’Afghanistan con l’apporto decisivo di popoli iranici come i Saka, i Se, o paleo-turchi come gli Hsiung Nu, i Wu sun o come quelli di etnia incerta come gli Yueh-chi. Quest’allargamento cronologico-culturale nella problematica affrontata diventa così, agli occhi di Bruno Genito, strumento metodologico e tematico per affrontare in maniera diversa la questione archeologica delle “Vie della Seta”, che non possono essere solo state il mezzo di trasmissione di credenze ideologico-religiose delle elité buddhiste, cristiane o zoroastriane in un periodo determinato, ma aspetti veicolari di un secolare ampio e articolato scambio commerciale.

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