Dall’Orientale a Dubai: intervista a Denise Di Lauro

 

Dall’Orientale a Dubai: intervista a Denise Di Lauro

Denise Di Lauro

Laureata nel 2010 in Relazioni culturali e sociali nel Mediterraneo con una tesi in Geografia urbana che descrive i continui e veloci cambiamenti che hanno reinventato la città di Dubai. “All’Orientale ho trovato docenti capaci di ascoltare e capire le esigenze degli studenti: ponti di collegamento tra il momento di studio e quello della formazione personale”

Denise Di Lauro, lei si è laureata in “Lingue, culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo” nel 2007. Durante il suo triennio di studi ha avuto modo di stabilire rapporti con docenti e colleghi. Le sue impressioni? Che tipo d’ambiente ha trovato? Ha avuto difficoltà a inserirsi all’Orientale?

Durante i primi mesi ero un po’ disorientata. Tra i banchi di scuola ci si sente protetti e guidati, diversamente i primi anni accademici sono contrassegnati da confusione e masse indistinte di ragazzi impegnati nella frenetica ricerca di aule, docenti e testi di studio. Al primo anno, inoltre, si è così anonimi, veri e propri numeri di matricola, null’altro. Tuttavia, superata la fase iniziale la strada è stata in discesa, e tra i corsi della mattina e quelli del pomeriggio, ho imparato ad appropriarmi degli spazi dell’Università: aule vuote, corridoi, scale, cortili, mensa, e così l’Orientale è diventata accogliente e familiare.
Uno dei caratteri distintivi del nostro Ateneo è indubbiamente la disponibilità dei docenti. Nel mio percorso formativo, ho avuto la fortuna di trovarne di molto esigenti, alcuni dei quali, prima di essere “professori”, si sono rivelati persone capaci di ascoltare e capire le esigenze degli studenti, ponendosi come ponti di collegamento tra il mero momento di studio e quello della formazione personale, quindi qualcosa che va oltre il classico rapporto docente-discente. Sono certa che tale possibilità di dialogo e confronto sia possibile anche in altre Università, poiché credo dipenda dalla personalità del singolo docente, eppure, basandomi su esperienze di amici iscritti in altri Atenei, penso che all’Orientale è come se tutti facessero propria una mentalità, un modus vivendi che affonda le sue radici proprio nella filosofia di fondazione di questo Ateneo.

La sua tesi (in Islamistica) ha analizzato "I diritti dell'uomo nell'Islam e il case study dell'Arabia Saudita" (relatore Alberto Ventura).
Che cosa la spinse a scegliere questo tema? La interessava il problema generale dei diritti dell’uomo nell’Islam o il caso specifico dell’Arabia Saudita, che è una monarchia quasi assoluta?

"La mia idea di una tesi sui diritti dell’uomo nella prospettiva islamica nasce da un libro acquistato durante il mio terzo anno di liceo. Si tratta di un briefing di Amnesty International (che da anni promuove il rispetto dei diritti umani denunciandone violazioni ed abusi) riguardante la violazione dei diritti dell’uomo nel regno saudita. L’interesse nutrito, durante tutto il triennio, per la lingua e la cultura araba mi avevano portato automaticamente a scegliere una tesi in Islamistica e onde evitare che mi fosse assegnata una tematica, mi misi alla ricerca di un argomento che mi appassionasse e che non fosse troppo 'classico' per la disciplina in questione. Così quando mi capitò tra le mani questo libricino, acquistato anni prima, ne fui subito entusiasta. L’idea originaria era quella di approfondire proprio il caso dell’Arabia Saudita, ma dopo un excursus della storia e delle principali caratteristiche del Paese, mi accorsi che scrivere una tesi sul solo caso saudita mi avrebbe portato unicamente a stendere un elenco delle violazioni perpetrate a danno della popolazione nel Paese e ad un report sui casi più esemplari.
Così, il professor Ventura propose di affrontare l’argomento dalle radici e di analizzare l’intero dibattito che si è svolto sul tema dei diritti dell’uomo in tutto il mondo arabo, dedicando, in un secondo momento, un capitolo specifico all’Arabia Saudita. Non avrebbe potuto esserci scelta più appropriata poiché io stessa non ne sapevo molto e la ricerca delle fonti mi ha resa più consapevole nei confronti di un argomento così delicato come quello che avevo scelto."

Quali sono state le conclusioni principali della sua tesi?

"Trarre conclusioni non è mai semplice e ciò che rende i diritti umani nell’Islam un tema tanto difficile è proprio la specificità islamica. La natura divina del diritto musulmano e la conseguente ingerenza religiosa nel campo sociale, giuridico e politico rendono la questione dei diritti umani una vera e propria sfida. Io ho cercato di coglierne la complessità e l’ampiezza ripercorrendo le tappe battute dai diversi Paesi arabo-islamici, analizzando le decisioni emerse dalle conferenze e i contenuti delle numerose dichiarazioni. Mi interessava attualizzare questo tema, perché trovo importante parlare di diritti umani in un’epoca in cui si subiscono arresti e detenzioni arbitrarie o si è condannati per i propri orientamenti sessuali; ritengo, inoltre, fondamentale ampliare la nostra conoscenza della cultura islamica, della sua religione e dei suoi valori, in un momento storico in cui tutto sembra confondersi in una babele di voci.
Affrontare questi temi ha implicato lo studio del diritto musulmano, il cui fondamento divino lo rende profondamente diverso dal diritto naturale occidentale. Ho cercato di dimostrare che il testo coranico presenta norme e concetti che il Profeta ha trasmesso secoli fa alla sua Comunità per eliminare ogni sorta di diseguaglianza sociale e migliorarne le condizioni di vita. Il problema di fondo è che i rappresentanti religiosi e politici musulmani hanno spesso travisato il messaggio profetico, modellandolo a seconda dei propri interessi e diminuendo in tal modo il potere della comunità dei credenti. È innegabile, infatti, che nelle società musulmane moderne, le libertà dei cittadini siano limitate ed in certi casi negate, come avviene per le donne e le minoranze religiose.
La cosa interessante emersa da questo studio è che nello scenario arabo-islamico le posizioni sul tema sono veramente molteplici, così come numerose sono le persone che si battono affinché lo stato delle cose migliori. Vi è un grande movimento intellettuale e sociale intorno a questo tema e si possono riconoscere tre tendenze principali: conservatrice, pragmatica e riformista. Alla prima, ad esempio, appartiene l’Arabia Saudita, critica rispetto ai diritti universali e ferma nel suo conservatorismo. L’atteggiamento pragmatico invece, per ora maggioritario insieme a quello conservatore, può condurre a risultati positivi, come testimoniano le recenti codificazioni del diritto familiare nei Paesi maghrebini, volte a tutelare la donna dalla poligamia e dal ripudio, ma il pragmatismo porta anche a fallimenti se i cambiamenti apportati sono di facciata e non radicali. Solo attraverso una maggiore incidenza della tendenza riformista contemporanea sarà possibile raggiungere traguardi positivi. A quest’ultima tendenza appartengono principalmente intellettuali riformisti i quali ammettono che ci sia una tensione tra i diritti umani universali e la sharī’ā e sostengono la necessità di una nuova interpretazione del Corano affinché i dettami ivi contenuti possano meglio adattarsi al presente."

Dopo la laurea triennale, si è iscritta alla specialistica, interfacoltà, in “Relazioni culturali e sociali nel Mediterraneo”. Da che cosa è nato questo suo forte e persistente interesse per l’area del Mediterraneo? Lei è persuasa che il Mediterraneo sia tuttora un’area fondamentale per la politica e l’economia contemporanee?

"Sono entusiasta di essermi specializzata negli studi su una regione tanto interessante e complessa. Il Mediterraneo è affascinante: area geografica che abbraccia tre diversi continenti, mosaico di lingue, culture e tradizioni, portatore di un passato articolato, ricco di storia e di scambi a più livelli. Se ho scelto di continuare con il Mediterraneo è stato innanzitutto perché non amo lasciare le cose a metà e dunque quel Corso interfacoltà mi sembrava il normale proseguimento della mia triennale. Sarò sincera, con il senno di poi, non lo sceglierei nuovamente, ma questo non riguarda affatto il mio interesse per il Mediterraneo, mi riferisco specificatamente al Corso di laurea. Avendo scelto alla triennale un indirizzo linguistico-culturale, infatti, mi sono resa conto di avere una carenza di nozioni in diritto ed economia. Forse avrei potuto scegliere direttamente un Corso specialistico di Scienze Politiche: gli esami sostenuti di questa Facoltà, infatti, sono stati molto interessanti e stimolanti.
Tornando alla sua domanda, certamente il Mediterraneo ha perso la sua centralità economica ed oggi si mostra fragile e instabile. Il processo di Barcellona, ad esempio, è stato un importante tentativo di ricostruire l'unità e la grandezza civile del Mediterraneo avviando il dialogo fra i Paesi euro-mediterranei e la sponda arabo-islamica, promuovendo un’area di libero scambio e una prosperità condivisa, ma i suoi risultati sul piano politico, economico e culturale sono stati deludenti. Soltanto lavorando per avviare un reale partenariato e ponendo più attenzione all’unità dell’area si può rilanciare il Mediterraneo che può ancora giocare un ruolo importante a livello internazionale. È chiaro che la debolezza degli scambi economici e l’instabilità politica non fanno che rendere vulnerabile quest’area, e il rischio è quello di essere schiacciati da altre potenze. Si pensi a quelle asiatiche."

L’Orientale le ha fornito durante i cinque anni del suo percorso di studio (3+2) gli strumenti necessari per acquisire una buona preparazione? Quali settori di studio sono stati più stimolanti per lei?

"Credo di aver fatto un buon percorso, studiando sempre con interesse e passione ed affrontando con curiosità ogni corso, materia ed argomento. Ho cercato di approfittare delle biblioteche, in special modo quelle di palazzo Corigliano a cui sono particolarmente affezionata. Qui ho trascorso spesso il tempo libero tra un corso e l’altro, consultando le enciclopedie (come quella dell’Islam, utilissima per la mia tesi triennale), ma anche semplicemente curiosando qua e là, sfogliando vecchi libri, periodici, manoscritti. Ho usufruito del CILA, dove nel pomeriggio, da sola o in compagnia, ho potuto guardare film in lingua originale e (studiando l’arabo) qualche volte mi è capitato di assistere a lezioni della Facoltà di Studi Arabo-islamici. “L’Orientale” può essere faticosa se non ci si approccia con la giusta energia e mentalità ma sa essere anche molto stimolante, e si finisce sempre per imparare cose al di fuori del proprio piano di studio. Per esempio le lingue: nel mio percorso ho sostenuto solo un esame di francese, eppure avrò letto, decine e decine di libri in francese, per entrambe le mie tesi! Non vorrei essere banale, ma credo che molte cose che ci circondano possono essere stimolanti. Basta soltanto guardarle nel modo giusto e farsi coinvolgere."

È stata in qualche Paese arabo? In tal caso, le è stato difficile ambientarsi? Quali le sue impressioni della vita laggiù?

"Quando si sceglie di studiare una lingua come l’arabo, fare un’esperienza sul posto è necessario per avere un confronto reale tra la lingua studiata e quella parlata, oltre che per visitare il Paese e l’area di cui si è scelto di imparare la lingua. Nel marzo del 2006 sono stata in Siria insieme a due amiche di Facoltà. Ho frequentato i corsi di lingua araba per stranieri all’Università di Damasco e ho abitato nella città vecchia per quattro mesi, durante i quali ho imparato tanto e sono tornata in Italia più consapevole della realtà araba. Ho cercato di adattarmi in fretta alle abitudini e alle tradizioni locali, di essere sempre curiosa e attenta, mescolandomi tra la gente ed ascoltando le voci della città. Certamente vi sono standard (igienici, sanitari, politici, di sicurezza …) diversi rispetto ai Paesi europei, ma spogliandosi delle proprie abitudini non dovrebbe risultare difficile ambientarsi. Confrontarmi con giovani del posto, inoltre, mi ha aperto nuovi scenari e punti di vista.
Dopo un primo mese a Damasco mi sono spostata negli Emirati Arabi Uniti per un paio di settimane, e lì ho potuto farmi un’idea più chiara della complicata realtà urbana e sociale di Dubai. Ho passato anche un paio di giorni ad Abu Dhabi e alla fine sono ritornata in Siria dove mi sentivo a casa, anche se tutto era meno luccicante e nuovo di zecca. Sono rimasta molto impressionata da quel breve tour, e non sempre favorevolmente. L’ultimo viaggio in un Paese arabo è stato possibile grazie ad una borsa di studio dell’Orientale, venti giorni in Tunisia presso un istituto di lingua di Nabeul. Eravamo 15 ragazzi, iscritti a tutte e quattro le Facoltà dell’Orientale, con età e percorsi differenti ma tutti uniti dall’amore per l’arabo. Sono state settimane divertenti ed utili per lo studio della lingua, ma soprattutto abbiamo visitato alcuni dei luoghi più belli della Tunisia, come Tunisi, Cartagine, Cap Bon, Hammamet e una città di grande valore storico e spirituale per i musulmani come Qayrawan."

Alla fine, ha scelto (per la laurea specialistica) una tesi in “Geografia urbana”. Vuole definire, sia pur brevemente, che cosa studia, e come, la Geografia urbana?

"La geografia urbana descrive le città e tutti gli elementi ed i fenomeni ad esse connessi. Come affermano illustri studiosi, il modo migliore per capire che cosa sia la città è partire dalla descrizione di città esistenti, intese come insediamenti abitati da un gruppo di individui. Tuttavia la geografia urbana non si limita alla realtà fisica dell’agglomerato, descrivendone gli spazi e il modo in cui si organizza il territorio, ma accanto a tutto questo, essa rappresenta una serie di fatti culturali, sociali, economici, politici che inevitabilmente caratterizzano la realtà urbana e ne determinano mutamenti e contrasti. La geografia urbana, dunque, si occupa dello studio delle aree urbane, in termini di concentrazione, e quindi densità abitativa e demografica, infrastrutture, economia, ed impatti ambientali, ma è una disciplina a cui spesso si sovrappongono altri campi di studio come l'antropologia e la sociologia urbana. I geografi urbani cercano di comprendere come i fattori interagiscano nello spazio, quali funzioni svolgono e le loro interrelazioni."

Ancora una domanda: è stata difficile la scelta della città da studiare? Come e perché, alla fine, ha deciso per Dubai? Una città oggi mirabolante, e di cui parla molto anche la stampa… È diventata un'importante destinazione turistica, pur restando un significativo centro di commerci marittimi.

"Scegliere la città che occuperà almeno un anno di studio della tua vita non è semplice, bisogna avere grande interesse e curiosità verso l’argomento della tesi, altrimenti rischia di diventare pesante. Tuttavia io avevo già ristretto di molto il campo poiché ho escluso tutte le città del mondo ad eccezione di quelle arabe che mi hanno sempre affascinata. Non sapevo, però, se optare per una città tipicamente mediorientale e tradizionale, come per esempio Damasco, Beirut, Amman, oppure osare, e rischiare anche un po’, puntando su una città come Dubai, fortemente proiettata verso l’Occidente. Dubai è città della penisola arabica che rappresenta l’altra faccia del mondo arabo: una città relativamente nuova e che, riviste turistiche a parte, è ancora da scoprire. Il periodo in cui stavo iniziando la tesi, inoltre, è coinciso con l’anno in cui Dubai ha attraversato una profonda crisi economica, il 2009, dalla quale si è tirata fuori grazie ad un ingente prestito ricevuto dall’emiro di Abu Dhabi.
Ricordo che il prof. Amato mi disse che gli avvenimenti che stavano coinvolgendo Dubai non facevano che confermargli che si trattava della scelta giusta e mi esortò ad andare avanti. Dubai è stata la nostra scelta ed anche la nostra sfida, come precisò il prof. Amato in seduta di laurea… e noi l’avevamo decisamente vinta. Inizialmente ho avuto un po’ di difficoltà nel reperire la bibliografia ma poi dalla rete sono saltati fuori articoli e saggi pubblicati su importanti riviste geografiche, Annales de Géographie, Cahiers de la Méditerranée, Cahiers du Gremmo etc., così tutto è proceduto come di regola.
Pertanto, la mia tesi, rappresenta un tentativo di descrivere i continui e veloci cambiamenti che hanno re-inventato la città di Dubai. Oasi del Golfo tra mare e deserto è vissuta per secoli dedita alla pesca e al commercio. Ha subito, nel bene e nel male, l’influenza di grandi potenze internazionali, ha scoperto l’oro nero e ha saputo farlo fruttare. Ha sognato un volto che fosse imponente, sfarzoso, e ha cominciato a realizzarlo. Ha intravisto la fine della propria ricchezza e ha predisposto una possibilità alternativa. Il suo sviluppo immobiliare è stato frenetico, tanto che, come già detto, nel 2009 la crisi non le ha lasciato scampo. Oltre il 50% dei cantieri di Dubai ha rallentato la sua corsa o ha visto la chiusura definitiva, sicché il 45% del personale impiegato nell’edilizia ha perso il lavoro. I lavoratori immigrati – provenienti da India, Pakistan e Bangladesh – sono stati costretti a tornare nel Paese d’origine.
Tuttavia, la realtà di questo piccolo emirato sa sorprendere, e il suo governo è estremamente sensibile alle critiche. Di fronte ai dossier delle ONG, che denunciavano la semi-schiavitù dei lavoratori edili, le misere paghe percepite, la precarietà delle condizioni di vita, la macchina governativa si è messa in moto e ha cominciato ad intervenire adottando un migliore sistema di sicurezza. Questa città è capace di appropriarsi della scena internazionale in ogni momento: con una piccola notizia, per mostrare il lunghissimo spettacolo pirotecnico offerto al pubblico in occasione dell’inaugurazione di un altro edifico record al mondo, o per ricordarci che non intende fermarsi, che continuerà a farsi spazio nella folta e complessa rete delle città globali.

Il petrolio, e le ricchezze che ne derivano, è all’origine di questo sviluppo impetuoso. Fu scoperto ad Abu Dhabi nel 1958 e a Dubai nel 1966… Il Golfo Persico divenne di colpo un’area strategica come fornitore di energia a buon mercato per i Paesi industrializzati...
Sì, esatto, la scoperta dei giacimenti petroliferi ha accresciuto notevolmente l’importanza del Golfo. Da quel momento in poi il valore della regione sarà inevitabilmente legato al petrolio, e non più dipendente dalla sua posizione geografica. In passato, infatti, l’area del Golfo era nota per essere un corridoio privilegiato tra Occidente ed Oriente e questa sua posizione strategica le aveva attirato addosso le ambizioni espansionistiche e di dominio delle grandi potenze europee, prime tra tutte l’Inghilterra in virtù del suo fiorente commercio sulle rotte dell’India. Quando poi, terminato il primo periodo di esplorazioni, fu chiaro che il territorio dell’intera regione era pieno di greggio, il Golfo diventò partner commerciale privilegiato per molti Stati, rendendo gli emirati del Golfo i principali fornitori di energia per i paesi industrializzati. I proventi petroliferi hanno apportato ricchezza e capitali tali da permettere lo sviluppo del territorio e un cambiamento nei modi di vivere e di relazionarsi col mondo esterno.
Dagli anni Cinquanta, l’oro nero ha assicurato agli emirati entrate molto più elevate e regolari rispetto al passato, in particolare rispetto al periodo precedente gli anni Venti, quando la pesca delle perle e del pesce rappresentavano le uniche risorse economiche della regione. Insomma, la scoperta del petrolio è all’origine dei rapidi cambiamenti socio-economici del Golfo. Con i guadagni ottenuti dall’attività petrolifera i dirigenti degli emirati hanno potuto intraprendere un programma di ammodernamento, realizzando apparati amministrativi ed economici più stabili e hanno avviato un massiccio piano di riassetto urbano e di sviluppo del territorio.
Dal 1992 inizia il vero sviluppo di Dubai, quando inizia a sorgere la vera e propria città moderna. Tutti abbiamo negli occhi, almeno per averle viste alla TV o nei giornali illustrati, le architetture di Dubai. Direi: uniche al mondo."

Quale impressione lei ne ha ricavato? Secondo lei si è riusciti a contemperare tradizione e innovazione, o quest’ultima ha distrutto la vecchia città, un antico stile di vita?

"A Dubai il protagonista indiscusso è il contrasto. Alle spettacolari distese di sabbia del deserto, si contrappongono giganti in vetro e cemento, che svettano fieri in mezzo al nulla. Non direi che la tradizione e l’innovazione vivano bene insieme. Esiste l’una e l’altra ma il nuovo sovrasta e domina completamente il vecchio, basta osservare lo skyline dell’emirato. Certamente vi è un centro storico e alcuni quartieri conservano ancora un buon numero di antichi palazzi ed elementi che riflettono il passato della città, ma da quanto ho potuto vedere, c’è ben poco di realmente autentico.
Non sono una grande ammiratrice di questa città nelle sue componenti architettoniche e urbanistiche, ma ammiro l’intelligenza e la determinazione con cui l’emirato, nel corso degli ultimi decenni, ha convertito completamente la propria economia, mettendo da parte le risorse petrolifere e privilegiando l’aspetto commerciale, turistico e del mercato immobiliare. Oggi Dubai è sinonimo di lusso e folli imprese architettoniche!"

Francesco De Sio Lazzari

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