Giorgio Banti: "Rivalutare il ruolo che l’università ricopre nella società"

 

Giorgio Banti: "Rivalutare il ruolo che l’università ricopre nella società"

Intervista a margine del XXXV Convegno annuale della SIG

Professore Giorgio Banti, che cos'è la linguistica?

"Può essere definita come lo studio tutti gli aspetti delle lingue: funzionamento, organizzazione interna, uso nella società, variazioni diacroniche, diatopiche, diastratiche."

L'etimologia "scienza del vero": che ne pensa?

"A mio parere questa definizione non corrisponde del tutto al campo d’azione dell’etimologia e dell’uso concreto che si fa di questo termine nella linguistica storica. L’etimologia non è propriamente una scienza, è una corrente di studi finalizzati a individuare l’origine storica di una parola, attraverso la documentazione disponibile sulla lingua in questione oppure facendo confronti con lingue simili."

Che cosa consiglia di leggere a un giovanissimo linguista?

"Un manuale di linguistica! A parte questo, ritengo che una buona conoscenza della storia della linguistica sia fondamentale per comprendere a fondo le teorie contemporanee. Oltre alla linguistica in senso stretto, che ha una storia di due secoli, c’è una storia variegata di studi che vanno dall’eredità classica nella nostra tradizione, ai grammatici indiani e gli studiosi della lingua in Cina nella tradizione orientale, che è molto utile approfondire. Che spazio ha la linguistica nella sua Università? Per fortuna, la linguistica riceve grande attenzione, soprattutto nella Facoltà di Lettere e Filosofia e in quella di Lingue e Letterature straniere. Trattandosi di una disciplina trasversale, la maggior parte dei corsi di studio prevedono lo studio della linguistica, con programmi mirati a seconda degli indirizzi."

Che spazio trova la linguistica in Italia?

"La ricerca è diffusa in tutte le Università italiane e generalmente le discipline linguistiche sono insegnate da persone competenti e informate. In Paesi europei, come la Francia o anche per certi aspetti la Germania, lo studio dell’Indoeuropeistica è al momento fortemente minacciato. Questo non sta accadendo da noi, per fortuna, nonostante i problemi generalizzati del mondo dell’università e della ricerca."

Che applicazione potrebbe trovare la linguistica e che cosa non si fa per favorirne la migliore conoscenza possibile?

"In generale, le conoscenze linguistiche sono conoscenze teoriche che fanno parte del bagaglio culturale di una persona e una buona conoscenza di linguistica è costituisce anche la base per imparare una lingua, dato che sviluppa la riflessione metalinguistica relativa alle peculiarità fonetiche, morfologiche, sintattiche, lessicali, di uso. A seconda dei settori, poi, ci sono tutta una serie di applicazioni. Nel prossimo Convegno della SIG si tratterà di etimologia; ebbene un buon dizionario monolingue riporta sempre informazioni sull’origine della voce in questione che sono il frutto di indagini etimologiche fatte da linguisti. La linguistica storica è uno strumento che può gettare luce su alcuni aspetti del passato, anche in epoche protostoriche e pertanto prive di documentazione, attraverso lo studio di quello che resta in lingue documentate di fasi anteriori. Anche nel mondo dell’istruzione media e inferiore, si potrebbero utilizzare le conoscenze linguistiche nello sviluppo dei curricula sia della lingua materna sia per l’insegnamento delle altre lingue. Per migliorarne la conoscenza, invece, si potrebbero diffondere conoscenze linguistiche scientificamente esatte fra gli insegnanti di scuola primaria e secondaria, dato che spesso nei libri di testo la parte dedicata alla grammatica risulta obsoleta."

Quindi a suo avviso la linguistica andrebbe insegnata nelle scuole superiori?

"Non necessariamente; basterebbe che fosse inserita nella formazione degli insegnanti, in maniera da inculcarla anche negli studenti attraverso libri di testo più precisi e meno rimasticati. Prendiamo l’esempio dell’analisi logica che si insegna tutt’ora nelle scuole: potrebbe essere appresa meglio se integrata da nozioni di sintassi come quelle impartite all’università in corsi di Linguistica testuale."

Cosa è cambiato nello studio della linguistica da quando lei ha cominciato a fare ricerca?

"Ho cominciato a occuparmi di linguistica già al ginnasio, quindi negli anni Sessanta e da allora la ricerca è andata costantemente avanti. Nuovi approcci e indirizzi di studio si sono avvicendati e intrecciati da allora, a cominciare dalla Linguistica Generativa, iniziata da Chomsky e poi articolata in varie correnti, per arrivare allo sviluppo della linguistica tipologica, della linguistica cognitiva, della sociolinguistica, della psicolinguistica. Si è accentuata, inoltre, l’attenzione di alcuni linguisti per la variazione culturale, con lo sviluppo dell’etnolinguistica."

Trova adeguato al quadro internazionale il livello di studio della linguistica in Italia?

"Sì, ritengo di sì. Purtroppo, però, la linguistica che si fa in Italia è molto poco conosciuta all’estero. In passato la situazione era differente, poiché chi faceva linguistica fuori dall’Italia generalmente era in grado di leggere anche il lingue diverse dalla propria. L’italiano era una lingua di cultura e, quindi, gli studi pubblicati avevano una visibilità maggiore. Adesso questo non avviene più e la diffusione degli scritti in italiano, in questo campo, ne ha fortemente risentito. Se si vuol essere letti fuori dal nostro Paese, è necessario scrivere in Inglese o al massimo in Francese, anche se non si pubblica in Paesi non anglofoni."

In quale contesto internazionale lo studio della linguistica è particolarmente vivace?

"È vivace nei Paesi che continuano a finanziare adeguatamente la ricerca, che purtroppo sono sempre meno, la ricerca in campo umanistico e nel settore della linguistica, in particolare. In Italia i finanziamenti sono veramente penosi e in Francia si stanno riducendo. La Germania, per contro, è tutt’ora ben finanziata, come pure l’Olanda, il Giappone e gli Stati Uniti. Un Paese in forte ascesa quanto a vitalità della ricerca è la Norvegia, aiutata da finanziamenti impensabili in Italia."

Quale Università, in Italia, brilla particolarmente per gli studi in campo linguistico?

"Sono sicuramente svariate, a cominciare dall’Orientale di Napoli! Qui abbiamo vari gruppi di linguisti che, lavorando sinergicamente, permettono di avere una potenza di fuoco considerevole. Per il resto, le grandi scuole di Linguistica in Italia sono state Pisa, con il gruppo formatosi con Tristano Bolelli, Roma La Sapienza con le due scuole che si sono raccolte attorno a Walter Belardi e Giorgio Raimondo Cardona. Pavia è stata ed è ancora una scuola importante, come pure Padova, Milano ai tempi di Pisani. Attualmente a Roma Tre c’è un dottorato molto importante che gravita intorno a Raffaele Simone ed Annarita Puglielli. Anche alla Federico II c’è un gruppo di linguisti molto attivo."

Può dirci il nome di almeno un linguista italiano per il quale ha o ha avuto particolare considerazione?

"Ne ho già menzionati due, Belardi e Cardona, con i quali ho avuto la fortuna di studiare in gioventù. Cardona, di formazione indoeuropeistica, è stato il linguista che ha introdotto l’Etnolinguistica in Italia; purtroppo è molto poco conosciuto all’estero, dato che i suoi ottimi scritti non sono stati tradotti in altre lingue e sfortunatamente morì molto giovane. Belardi, invece, ha avuto più tempo per lavorare e formare i suoi allievi ed è stato un linguista storico con forti interessi anche filosofici."

Quale delle cose che ha scritto la rende particolarmente orgoglioso?

"Ho scritto varie cose su argomenti molto diversi, ma non voglio pronunciarmi al riguardo, non sta a me giudicare i miei stessi scritti. Tematiche diverse sono state importanti in diverse fasi della mia vita e dei miei studi e ho sempre affiancato lo studio teorico alla ricerca pratica, sul campo, di testi orali o scritti che fossero."

Riscriverebbe tutto ciò che ha scritto?

"Probabilmente si, salvo gli errori che sicuramente avrò commesso lungo il cammino."

Che cosa sta leggendo in questo periodo?

"Per rimanere in tema, sto approfondendo l’aspetto della struttura del discorso a livello informazionale, un campo sul quale ci si sta concentrando con interesse crescente e che riguarda il modo in cui sintassi, fonologia, pragmatica rispondono alle esigenze comunicative e di comprensione dell’ascoltatore e in funzione della forza illocutiva della lingua."

E che cosa sta scrivendo?

"Al momento, con i corsi alle porte, non sono concentrato su niente di impegnativo se non alcune recensioni. Recentemente, però, ho curato varie voci di linguistica per l’Enciclopedia Etiopica: un lavoro importante in collaborazione con alcuni studiosi tedeschi."

Quali sono le domande più frequenti che i suoi studenti le rivolgono?

"Escludendo i mille dubbi sul programma d’esame? Per il resto sono sempre molto soddisfatto della capacità di apprendimento degli studenti che approdano all’Orientale. Come docente, inoltre, ho sempre curato che i miei studenti, che studiano lingue anche molto diverse fra loro, potessero caratterizzare parte del programma in funzione dei loro percorsi di studio. Questo crea sicuramente un maggior interesse attorno alla disciplina."

Come vede il futuro della Università pubblica in Italia?

"Se si continua su questa strada, sicuramente pessimo. Si avverte, da parte di chi è attualmente al governo, una netta propensione all’Università privata ed è un modo di porsi che è comune a molti Paesi occidentali e rientra un generale ridimensionamento del ruolo dello Stato nell’erogazione dei servizi, dalla sanità all’istruzione. Se lo Stato rinuncia a questo compito, gli effetti non possono che essere gravemente deleteri. Certo, la situazione economica è molto grave, ma questo tornare indietro all’Università privata rispetto all’obiettivo su cui si è puntato fino ad ora, che è la diffusione dell’istruzione universitaria, avrà conseguenze ancora più gravi. Una delle caratteristiche fondamentali di una società avanzata, aperta, è di avere una diffusione dell’istruzione avanzata il più capillare possibile, venendo a mancare la quale ci saranno conseguenze molto negative a livello sociale."

Un auspicio di Giorgio Banti per l'Università italiana.

"Che cambi l’orientamento del Governo! È vergognoso che anche per insegnamenti richiestissimi si faccia fatica a trovare risorse, personale docente, fondi per soddisfare la domanda. Per non parlare del finanziamento alla ricerca che ha toccato i minimi storici negli ultimi tempi. È necessario un cambiamento, quindi, che vada nella direzione della rivalutazione del ruolo che l’università ricopre all’interno della società e del potenziamento della formazione avanzata."

Intervista raccolta da Mariavittoria Petrella - Direttore: Alberto Manco

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