L’immaturità dei mezzi di comunicazione e l’informazione ambientale scorretta

 

L’immaturità dei mezzi di comunicazione e l’informazione ambientale scorretta

Enrico Di Salvo

Aspettando la prossima tappa del Progetto OASI, il professor Enrico Di Salvo, docente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia della Federico II, ci offre il suo punto di vista sulla rete di connessioni fra bioetica, ambiente e comunicazione

Professor Di Salvo, Lei è stato per sei anni direttore del Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica. Come e perché è nato questo organismo? Quali sono le problematiche che affronta?

"Il centro è nato quattordici anni fa dalla necessità di effettuare nelle università e con le università un ragionamento sulla bioetica. Inizialmente sono state l’Università Federico II e la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale a dare vita a questo organismo, a cui si sono aggiunte anche L’Orientale, la Parthenope, la SUN e il Suor Orsola Benincasa, arrivando ad un totale di sei Atenei campani. Sono stato tra i fondatori del Centro, quattordici anni fa, poi Direttore per due mandati da tre anni ciascuno e adesso sono nel Consiglio Direttivo, essendo stato sostituito circa un anno fa dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza della SUN, Lorenzo Chieffi. Dirigere questo centro è stata un’esperienza affascinante, trattandosi di un tavolo a cui si siede in tanti: bioeticisti puri, genetisti, medici, giuristi, filosofi."

Come membro attivo del CIRB, qual è la sua riflessione sulla condizione attuale dell'uomo?

"Ci sarebbe da chiedersi innanzitutto chi sia l’uomo. Siamo abituati a considerare l’uomo da un punto di vista esclusivamente occidentale, un modo di vedere che vive oggi una grande crisi, dato lo scardinamento dell’intera struttura di valori la cui ricostruzione e riaffermazione costituisce la sfida del nuovo millennio. Questi valori sono rimasti molto vivi in altre realtà, ad esempio le società più arretrate dei Paesi cosiddetti in via di sviluppo. Nella società occidentale, avanzata, post-industriale e post-moderna, le problematiche da affrontare sono molteplici. Alcune figure sono state resettate, come quella femminile dopo la nascita della pillola anticoncezionale: la donna, privata della paura di una maternità indesiderata, ha trovato un nuovo posto nella società; l’uomo, di conseguenza, è rimasto disorientato, le famiglie sono diventate sempre più nucleari. Niente a che vedere con i modelli, invece, che riguardano ancora i due o tre miliardi di persone che vivono nei Paesi in via di sviluppo. Si dovrebbe ricostruire l’uomo prendendo del buono dall’una e dall’altra parte."

Compito principale del CIRB è riflettere su tematiche che coinvolgono l'uomo, la sua identità e il destino delle generazioni future. In questo quadro come considera la problematica ambientale?

"La problematica ambientale è una problematica forte, un argomento veramente critico, che, oltretutto, è sotto gli occhi di tutti. Io stesso sono stato operativo per alcuni anni come volontario nella Foresta Amazzonica, dove ci si può rendere veramente conto del dramma della deforestazione dilagante. I gravissimi problemi ambientali attualmente non si devono e non si possono affrontare in maniera semplificativa, limitandosi a urlare slogan a difesa dell’ambiente. Bisogna riconsiderare le esigenze dell’uomo e le forme di energia che potremo utilizzare anche in futuro; è necessaria una stabilizzazione del sistema planetario alla luce di svariati fattori: gli aumenti di popolazione in alcune aree con conseguenti spostamenti in altre zone, i conflitti che drammaticamente aggiungono danni ingentissimi all’ambiente. Non è una partita semplice. Il CIRB se ne occupa, ma dovrebbero farlo attivamente anche e soprattutto i governi dei singoli Stati o le macrostrutture statali come l’UE, gli Stati Uniti."

Qual è il rapporto tra ricerca scientifica e comunicazione per la salvaguardia dell'ambiente?

"I mezzi di comunicazione sono uno strumento importante, se messo al servizio dell’ambiente. Una comunicazione corretta potrebbe fare molto, orientando verso abitudini virtuose, a partire dalla banale raccolta differenziata dei rifiuti. L’ambiente di oggi è la base del mondo che sarà e certamente non siamo sulla strada giusta, se vediamo scene terribili come quella del Golfo del Messico, che nel disinteresse quasi generale ha continuato a vomitare dal fondo dell’oceano migliaia di tonnellate di greggio, producendo danni che impiegheranno duecento anni per essere riparati. Eppure, si potrebbe fare a meno del petrolio? Al momento attuale no! Purtroppo è lo scotto che si paga in una società evoluta in cui grazie ai prodotti del petrolio in sole cinque ore si arriva a New York semplicemente prendendo un aereo."

Quindi, secondo lei, è possibile cambiare le "cattive" abitudini delle persone grazie ad una comunicazione ambientale più attenta e scrupolosa?

"Si, ma ribadisco l’importanza di una corretta informazione, della carta stampata ma soprattutto della televisione che raggiunge tutte le case e i giovani in particolare. Tuttavia non si dovrebbe solo documentare, ma anche fare proposte, inculcare nei giovani comportamenti corretti e rispettosi. In una società in cui villaggio globale non è solo un modo di dire ma la realtà, è un pacchetto unico: il rispetto dell’ambiente, il rispetto dei confini, il rispetto dei meno fortunati, l’annullamento delle discriminazioni, l’abolizione delle barriere. È indubbio che una corretta informazione possa influire pesantemente su questo processo: far assumere atteggiamenti giusti riguardo l’ambiente, come pure gli esseri umani che ci vivono. Si dovrebbe smettere di fare trasmissioni pietose, nelle quali si intervista una madre che piange la morte di un figlio assassinato, o talk show che offrono spettacoli infimi della politica. Si dovrebbe, invece, dare più spazio alle grandi tematiche come il rapporto fra esseri umani o degli uomini con l’ambiente. Verosimilmente in una società come la nostra in crisi adolescenziale, anche i mezzi di comunicazione vivono una fase di immaturità."

Le nostre responsabilità verso l’ambiente si ripercuoteranno sulle generazioni future. Da qui a cinquant’anni quale quadro ambientale erediteranno i più giovani?

"Ecco la domanda da un milione di dollari. Numerosissime sono le variabili che potrebbero intervenire: innanzitutto c’è l’eventualità di una nuova guerra mondiale, che non si sa con quali armi possa essere combattuta. In secondo luogo bisogna considerare la scelta delle risorse energetiche verso le quali ci si orienterà. Se consideriamo che anche l’emergere in pochissimi anni di due Paesi popolosissimi come Cina e India nel mercato internazionale modifica gli equilibri mondiali. O, ancora, il fatto che un milione di persone che, spinto dalla guerriglia, in un mese si sposti dal Sudan al Congo, dal Darfur al Chad, che fa pensare alle cavallette della Bibbia: quando si muove un numero così grande di persone, l’ambiente viene totalmente distrutto. Ipotizzare gli scenari che verranno è estremamente difficile, perché è un’equazione a troppe incognite."

Secondo lei è possibile rispettare e promuovere la dignità dell’essere umano salvaguardando il contesto ambientale in cui vive ed opera? Se sì, come?

"Credo fermamente che le due cose vadano di pari passo: il rispetto dell’uomo viaggia col rispetto dell’ambiente. Sono dell’idea che per raggiungere questi due obiettivi correlati si dovranno fare dei sacrifici, assumendo abitudini diverse: anche il semplice fatto di lasciare una luce accesa in una stanza o di perseguire ad ogni costo la strada dei termovalorizzatori può essere ecologicamente rilevante. Dovremmo cominciare a vivere in maniera forse più rigorosa e cancellare questa tendenza all’eccesso, nello sfruttamento incondizionato delle risorse come nei consumi. Lancio lì una provocazione: se si recuperasse l’antica tradizione del braciere nelle case, invece di tenere i termosifoni sempre accesi, forse non sarebbe una cattiva idea. Tutto questo richiederebbe, però, una svolta fondamentale nelle politiche macroeconomiche dei Paesi, quelli ricchi in particolar modo. Il che, francamente, dubito che avvenga."

Che cos'è e di cosa si occupa la "bioetica ambientale"?

"La bioetica ambientale si occupa della compatibilità dell’uomo col sistema di cui è il centro, ossia l’ambiente e il mondo animale. Vedere duecento povere mucche incatenate e costrette a mangiare proteine animali è indice di una mancata cura del benessere degli animali, ad esempio. Eppure il mondo non si rassegna ad eliminare definitivamente i McDonald’s. Questo è indicativo di un problema di fondo. Si riduce tutto a una domanda: come vogliamo vivere? Vogliamo continuare a sopravvivere in una società ricca di contraddizioni e colesterolo, oppure vogliamo riformattarci nella direzione di un’alimentazione più congrua e sana? Una domanda a cui, tra l’altro, è quasi impossibile dare una risposta valida in tutto e per tutto."

Quali sono gli strumenti di cui il la bioetica si avvale per migliorare la qualità della vita?

"A voler essere precisi, la bioetica mette a fuoco i problemi, ma non ha strumenti, purtroppo, che possano migliorare la qualità della vita. Questa scienza indica strade compatibili con una morale kantiana, nella quale il fine non giustifica i mezzi e ogni cosa in qualche modo torna a posto se si assumono dei principi etici. Mi torna alla memoria il cinismo di Stalin quando gli dicevano: «Il Papa è contro di te!» e lui rispondeva: «Si, ma quante divisioni corazzate ha il Papa?». Allo stesso modo la bioetica studia, deposita atti, scrive, pubblica, indica anche in maniera forte le responsabilità, ma a conti fatti non ha mezzi per fare qualcosa di concreto."

Il CIRB coordina le proprie attività di ricerca in collaborazione con le università, promuovendo l’organizzazione di corsi, seminari e convegni. I prossimi in cantiere quali tematiche affronteranno?

"Abbiamo affrontato in passato grandi temi: l’inizio della vita e lo studio delle procedure abortive, la sperimentazione sugli embrioni, ma anche il tema della sofferenza, il fine vita, l’eutanasia, l’accanimento terapeutico. Mi viene in mente, ancora, la salute della donna, l’ambiente appunto, l’etica degli animali. Il tutto analizzato da vari punti di vista, dal più epistemologico al più pragmatico. Il tema di un convegno che si terrà prossimamente, invece, è la bioetica pratica, ossia le piccole questioni che si manifestano giorno dopo giorno, al di là delle macroquestioni di cui parlavo prima."

L’Orientale è stato il primo ateneo in Italia ad istituire il Corso in Bioetica Interculturale. Quali sono i rapporti del Centro con l’Ateneo?

"L’Orientale è uno dei sei Atenei che hanno fondato la ricerca interuniversitaria in questo campo. Ogni anno i Rettori esprimono tre preferenze per i rappresentanti di ciascun ateneo nel Consiglio Direttivo e tre nella Commissione Scientifica. In questo modo si assicura la partecipazione di tutti gli Atenei coinvolti, in modo da produrre un dialogo il più possibile attivo e proficuo."

Intervista raccolta da Mariavittoria Petrella

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