Marco Mancini: "La linguistica italiana? All’avanguardia"

 

Marco Mancini: "La linguistica italiana? All’avanguardia"

"Il mio maestro? Innanzitutto Walter Belardi"

Professore Mancini, che cos'è la linguistica?

“La linguistica è la disciplina che si occupa di tutte le questioni concernenti il linguaggio, sia da una prospettiva funzionale, sia per quanto riguarda l’analisi delle testualità del passato. In questa seconda accezione, è presente una connotazione anche filologica, dato che resto convinto del fatto che linguistica e filologia continuino, per quanto riguarda lo studio del passato, ad andare di pari passo.”

L'etimologia "scienza del vero": che ne pensa?

“Non credo si possa mai parlare di vero nelle culture umane. Se l’etimologia si occupa di parole e le parole fanno parte di simbologie culturali, se ne deduce che gli oggetti di studio di questa scienza sono prodotti culturali, non verità. Semmai si potrebbe parlare di realtà ideologiche e questo è stato dimostrato da molto studiosi, a cominciare da Romano Lazzeroni.”

Che cosa consiglia di leggere a un giovanissimo linguista?

“Sarebbe molto importante che leggesse anzitutto qualcosa sulla disciplina generale della lingua, sicuramente da Saussure in poi, che curasse molto la preparazione in materia di fonetica e avesse cognizione di almeno due aree ideologiche del mondo antico.”

Che spazio ha la linguistica nella sua Università?

“Quando diventai professore nella mia Università, la linguistica aveva tutt’altro che una posizione di rilievo. Ora, dopo 25 anni, gli studi linguistici hanno acquisito molto peso in almeno tre Facoltà: Scienze politiche, per arricchire lo studio della comunicazione, Beni Culturali e Lingue, che è la mia Facoltà d’appartenenza.”

Che spazio trova la linguistica in Italia?

“Da un punto di vista formale, la linguistica ha un ruolo abbastanza importante, dato che in pressoché tutti gli ordinamenti didattici delle facoltà umanistiche la linguistica è compresa fra le discipline cosiddette di base o caratterizzanti. Spiace, però, dover considerare che la linguistica non abbia l’importanza dovuta nei curricula appena deliberati dal Ministero relativamente all’insegnamento nelle scuole secondarie. È particolarmente grave che in quel caso la linguistica non abbia una posizione simile a quella degli altri corsi di laurea.”

Che applicazione potrebbe trovare la linguistica e che cosa non si fa per favorirne la migliore conoscenza possibile?

“Le applicazioni della linguistica dipendono, naturalmente, dai diversi settori. Non c’è dubbio sul fatto che un’applicazione importante possa essere quella delle discipline lessicografiche in tutto quello che concerne la creazione di lessici specialistici; vi è, inoltre, l’ambito della traduzione e della mediazione linguistica in cui è presente una componente di tipo linguistico. Un settore molto alla moda al giorno d’oggi è, poi, quello dei computer e dell’informatica. Certamente in questi settori la linguistica costituisce un punto di riferimento importante.”

Cosa è cambiato nello studio della linguistica da quando lei ha cominciato a fare ricerca?

“Sono cambiate molte cose, a cominciare dal fatto che alcuni ambiti di studio, come la linguistica storica, sempre preminenti anche qui all’Orientale di Napoli, sono attualmente in un’evidente fase di declino. Questo perché il rapporto fra scienze linguistiche e storico-filologiche di cui parlavamo prima è andato perduto e, per di più, l’addestramento degli studenti alle discipline testuali è ormai fortemente ridotto, trattandosi di studi lunghi e complessi, per i quali neanche un percorso quinquennale può essere talvolta sufficiente. Tutto questo ha sicuramente contribuito al forte decremento dello studio in questo settore. Viceversa, c’è stato una sorta di big bang delle discipline di natura teorico-descrittiva.”

A suo avviso la linguistica andrebbe insegnata nelle scuole superiori?

“Si, penso che rudimenti di linguistica, proposta in modo piano e semplice, debbano essere impartiti agli studenti anche nell’iter scolastico pre-universitario. Se non altro perché la linguistica ha una posizione simile a quella di altre discipline base. Insegnamo la letteratura italiana, la matematica, perché non anche la linguistica?”

Trova adeguato al quadro internazionale il livello di studio della linguistica in Italia?

“Non ho alcun dubbio al riguardo. Anzi, insisto sempre nel dire che in alcuni settori la linguistica italiana è decisamente all’avanguardia o quantomeno si batte ad armi pari con i Paesi europei. E lo dimostrano anche Convegni come questo.”

In quale contesto internazionale lo studio della linguistica è particolarmente vivace?

“La linguistica ha una buona tradizione in un po' tutti i Paesi del centro Europa. Inoltre ha una sua peculiarità, che deriva da una storia pregressa abbastanza complicata, anche nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Ad ogni modo, mi sembra che, oggi come oggi, siano soprattutto i Paesi di lingua tedesca e in parte anche l’Inghilterra a coltivare queste discipline con particolare entusiasmo e vitalità.”

Quale Università, in Italia, brilla particolarmente per gli studi in campo linguistico?

“Quella in cui sono Rettore, ovviamente, che domande! (ride, ndr). Per par condicio, diciamo che tutte le Università italiane possiedono una tradizione positiva negli studi linguistici, ognuna con le proprie specificità.”

Può dirci il nome di almeno un linguista italiano per il quale ha o ha avuto particolare considerazione?

“Primo fra tutti il mio maestro, Walter Belardi, che è stato anche l’iniziatore degli studi linguistici qui all’Orientale, dato che fra i suoi allievi ritroviamo anche Domenico Silvestri. L’altro, presente peraltro anche a questo Convegno, è Romano Lazzeroni.”

Quale delle cose che ha scritto la rende particolarmente orgoglioso?

“Probabilmente proprio di quei lavori in cui il connubio di aspetti di natura filologica e aspetti di natura linguistica succitato ha un ruolo preponderante. Quindi, sicuramente i miei scritti in ambito orientalistico.”

Che cosa sta leggendo in questo periodo?

“Per quanto riguarda la ricerca accademica, in questo momento sto leggendo un libro sul manicheismo. Sul piano narrativo, invece, mi sto dedicando ad un autore austriaco per cui ho un culto assoluto che è Alexander Lernet-Holenia.”

E che cosa sta scrivendo?

“Tralasciando l’intervento di oggi a cui mi sono dedicato per molto tempo ultimamente, sono alle prese con un lavoro sulla cognizione dell’arcaismo linguistico nella grammatica latina.”

Riscriverebbe tutto ciò che ha scritto?

“Sì, decisamente sì.”

Che cosa le piacerebbe scrivere in futuro?

“Forse in questo momento i settori che più mi affascinano e in cui mi piacerebbe continuare ad operare per scrivere qualcosa di, spero, importante sono due. Uno è il settore delle lingue giudaiche parlate dalle varie comunità ebraiche, che rappresentano un campo ancora poco esplorato; un sogno che coltivo da tanti anni è quello di poter pubblicare alcuni manoscritti su questo tema che ho studiato personalmente alla Vaticana. Il secondo è l’artomento di cui parlerò anche oggi al Convegno, vale a dire le tematiche legate all’Iran zoroastriano.”

Come vede il futuro della Università pubblica in Italia?

“Ritengo di poter osservare la situazione attuale da un punto di vista singolarmente privilegiato, in quanto Rettore e Segretario Generale della Conferenza dei Rettori. Il futuro è certamente nero e assolutamente preoccupante. Non ne faccio una questione di natura esclusivamente finanziaria, per quanto questa sia una componente importante del problema. La questione di fondo, a mio giudizio, è che abbiamo evidentemente interpretato in modo scorretto le riforme didattiche, e io che sono Rettore dal 1999 le ho attraversate tutte, per cui le conseguenze di questo cattivo uso saranno pagate a caro prezzo nella trasmissione e diffusione del sapere in questo Paese nei prossimi decenni. Intendo dire che la cultura universitaria reciterà, ahimè, una parte sempre minore nella formazione dei quadri dirigenti, ruolo a cui dovrebbe essere invece deputato l’intero sistema universitario.”

Un auspicio di Marco Mancini per l'Università italiana.

“Sicuramente che riacquisisca quel primato che fino a non molti anni fa deteneva nel panorama scientifico e culturale quantomeno europeo, un primato che si sta lentamente spegnendo. Questo comporterebbe, ovviamente, che fosse opportunamente finanziata e rispettata, che siano, cioè, tenuti nel giusto conto coloro i quali lavorano al suo interno, professori di ogni grado e personale amministrativo. Tutto questo, attualmente non accade.”

Intervista raccolta da Mariavittoria Petrella - Direttore: Alberto Manco

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