Conferimento della Laurea Honoris Causa in "Culture e Letterature del Mondo Anglofono" a Stuart Hall

 

Conferimento della Laurea Honoris Causa in "Culture e Letterature del Mondo Anglofono" a Stuart Hall

Stuart Hall e Giovanni Battista De Cesare

Il 6 giugno 2008, all'Università degli studi di Napoli “L'Orientale”, viene conferita la Laurea Honoris Causa in Culture e Letterature del Mondo Anglofono a Stuart Hall, studioso di fama mondiale, considerato per molti aspetti il fondatore degli Studi Culturali
 

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Nella Sala Conferenze di Palazzo Du Mesnil, alla presenza delle autorità accademiche, si dà inizio alla cerimonia con il Discorso di Apertura del Decano Giovanni Battista De Cesare. Soffermandosi sulla chiara e innegabile fama dello studioso, De Cesare sottolinea quanto l'impegno di Stuart Hall – sia da un punto di vista strettamente scientifico sia da un punto di vista umano – abbia rappresentato uno stimolo per il dialogo e per il confronto, per l'interdisciplinarietà e per l'interculturalità, capace di condizionare non soltanto la tradizione di studi britannici ma quella internazionale, alla ricerca di una prospettiva costantemente critica, l'unica capace di assicurare sempre nuovi orizzonti di studio e di ricerca.

Nei Saluti di Apertura, la professoressa Marie Hélène Laforest si concentra innanzitutto sull'importanza di Stuart Hall per lo sviluppo degli studi culturali in Italia e, in particolare, all'Orientale, il primo ateneo a cogliere le istanze della sempre più fertile area di studi cui lo studioso ha dato sicuramente legittimità accademica.

La Laudatio Academica affidata alla professoressa Marina Vitale serve per tratteggiare il profilo di una personalità in costante equilibrio tra l'impegno scientifico e quello politico-sociale. Ed è la perfetta sintesi di questi due tratti a rappresentare l'elemento distintivo di Stuart Hall, uno studioso la cui grande influenza sul pensiero britannico e internazionale, e sulla storia degli studi culturali, è innegabile. Quello di Stuart Hall, infatti, appare come un progetto che, più che innovativo, può essere definito – con le parole di Marina Vitale – “rivoluzionario” non solo perché è stato capace di aprire nuovi orizzonti di confronto e di ricerca in un contesto così definito come quello britannico, ma soprattutto perché ha rappresentato uno stimolo fondamentale per l'avvio di nuove modalità di investigazione e di comprensione dei fenomeni culturali e della loro complessa natura.
Infatti, se perlomeno fino alla metà degli anni Sessanta le fondamenta dell'approccio filosofico in Gran Bretagna sono intrise di un forte pragmatismo e di una sorta di rifiuto delle teorizzazioni, sin dal 1964 e dalla nascita del Centre of Contemporary Cultural Studies di Birmingham, Stuart Hall contribuisce in modo evidente alla frattura con la precedente tradizione facendo dell'interrogazione teorica e critica una necessità inevitabile nell'impegno intellettuale.
Rispetto a questa attenzione per una prospettiva essenzialmente critica, è indicativo il titolo di uno dei vari volumi collettivi pubblicati dal Centro, Without Guarantees, a sottolineare la necessità per qualsiasi studioso e pensatore della messa in discussione di principi e riflessioni, di approcci e metodi, per poter aspirare ad una conoscenza più profonda della complessità culturale.
Dopo una breve sintesi del percorso formativo dello studioso la docente si è concentrata sulla natura multiforme dell'area di studi, nata da un insieme ricco e fertile di specificità che di volta in volta vengono messe in gioco e che, nei primi anni di attività del Centro di studi, si sviluppa all'incrocio tra politica, letteratura, storia e sociologia, arricchendo gli orizzonti epistemologici con sempre nuove direzioni di ricerca, come accadrà con l'impatto del femminismo e degli studi di genere, con gli studi sull'alterità e l'identità e, ancora, con gli studi postcoloniali.

Nel dare inizio alla Lectio Magistralis, Stuart Hall afferma che, sebbene la lista delle onoreficenze avute nella sua lunga carriera sia piuttosto lunga, questo conferimento rappresenta un evento particolare: la possibilità di diventare “collega” dei tanti docenti e amici con i quali è stato a contatto negli ultimi quaranta anni di attività.

Gli scambi tra l'Orientale e il Centro di Birmingham, infatti, oltre a risalire ai primi anni di attività del centro, hanno prodotto nel tempo una fertile e vivace collaborazione facendo di Napoli la prima tappa del processo di diffusione dei Cultural Studies fino alla trasformazione in un movimento intellettuale globale e transnazionale. Per ricordare solo alcuni dei nomi citati dallo studioso, si fa riferimento all'attività di Lidia Curti, prima studiosa napoletana a prendere parte alle attività del Centro, alla stessa Marina Vitale, così come a Iain Chambers, definito da Stuart Hall “un brillante dottorando” del Centro il quale, una volta trasferitosi a Napoli, ha dato un impulso notevole agli studi culturali anglo-italiani.


In linea con le descrizioni fornite da chi lo ha introdotto, Stuart Hall prosegue la propria Lectio mettendo in discussione quanto affermato fino a quel momento: lo statuto degli Studi culturali, il loro paradigma di studio, le loro origini, tutto ciò senza destare il minimo scalpore. La tendenza alla de-costruzione, infatti, non può essere evitata, e a maggior ragione ciò non può accadere nell'ambito degli Studi culturali di cui essa rappresenta le fondamenta. Come affermato dallo studioso, infatti, “l'ethos teorico anti-fondativo e anti-essenzialista” è proprio quello in cui gli stessi Studi culturali sono maturati.

Stuart Hall descrive, quindi, i primi anni della propria attività  cercando di fornire quanti più indizi utili a comprendere meglio il contesto in cui si sono sviluppati gli Studi culturali. Il Centro di Birmingham, infatti, evoca per lo studioso l'idea di un campo o di un laboratorio, piuttosto che un'idea di disciplina o di paradigma nettamente definito, in linea con l'approccio foucaultiano secondo cui “la teoria non è un sistema né un fine, ma una 'scatola degli attrezzi'”. A questo proposito, Stuart Hall racconta come il periodo che va dalla fondazione del Centro sino agli anni Ottanta si comprende al meglio soltanto se lo si considera come una fase iniziale di un work in progress ancora in atto: l'attività di un gruppo di docenti e studenti che – in linea con le istanze Sessantottine – hanno scelto di organizzarsi più come un “collettivo” che come un tradizionale insieme di “docenti e discenti”.
Rispetto alla dibattuta questione delle origini dei Cultural Studies, Stuart Hall fa alcune precisazioni citando il collega Raymond Williams e affermando che questi studi non risalgono affatto alla fondazione del Centro ma a molto tempo prima: il concetto di cultura a cui si fa riferimento negli Studi culturali, infatti, è un concetto molto più vicino a quello presente nella storia antica e negli studi classici piuttosto che a momenti più recenti della storia del pensiero occidentale.

“Gli Studi culturali non sono nati dal nulla. Sono stati costruiti, in parte, all'interno e allo stesso tempo in relazione critica con (e, a volte, anche contro) le stesse tradizioni che costituiscono le loro 'condizioni d'esistenza': la critica letteraria, le teorie linguistiche, la storia sociale, la sociologia, l'etnografia, l'antropologia, e così via” – e, rispetto alle prospettive di ricerca future, lo studioso continua sottolineando che – “ciò che c'era prima, se criticato e trasformato, costituisce le 'condizioni di possibilità' di ciò che è da venire”.

Sicuramente l'approccio degli Studi culturali ha contribuito a creare un momento di “rottura”, un nuovo e problematico cambiamento di paradigma, de-centrando molte discipline e aprendo numerosi “spazi problematici” di discussione nei quali ha assunto un ruolo centrale la natura dialogica e profondamente storica della cultura, assieme all'attenzione per il nesso “sapere-potere” tanto caro a Foucault.

In sintesi, per proporre una definizione del nuovo paradigma dei Cultural Studies, Stuart Hall prende avvio dalla terza definizione di “cultura” proposta da Raymond Williams ne La lunga rivoluzione: “la cultura è la descrizione di un particolare modo di vivere che esprime determinati significati e valori non solo nell'arte e nel sapere, ma anche nelle istituzioni e nel comportamento quotidiano”.
In questo senso, è emblematica l'attenzione alla discorsività come momento di superamento della dicotomia della tradizione filosofica occidentale tra linguaggio e pratica, tra dire e fare. La pratica sociale si dimostra sempre discorsiva in quanto perché implica un significato e un sapere che formano il nostro agire e il nostro essere in relazione nel mondo. Un'attenzione al dialogo che sicuramente, in un Ateneo come l'Orientale, non avrebbe potuto passare inosservata e il cui valore viene testimoniato dal conferimento della Laurea Honoris Causa a colui che è stato definito dall'Observer come: “one of the country's leading cultural theorists, helping to define the huge changes in 20th-century Britain.” (The Observer, 23 settembre 2007; N.d.R.).

 

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