Fra Gerusalemme e Tebe. L’ebraismo utopico di Else Lasker-Schüler
Fra Gerusalemme e Tebe. L’ebraismo utopico di Else Lasker-Schüler
È uscito Fra Gerusalemme e Tebe. L’ebraismo utopico di Else Lasker-Schüler (La scuola di Pitagora editrice, 160 pagg.). Un saggio e un’antologia di traduzioni di Valentina Di Rosa.
Il volume appare come una raccolta di numerose poesie, citate dal I volume (Gedichte) dell’edizione critica delle opere di Else Lasker-Schüler, Werke und Briefe e tradotte da Valentina Di Rosa. Lo scenario che va delineandosi è immediatamente quello relativo ad una donna al limite tra realtà e finzione: i continui rimandi a posti lontani, l’uso costante di pseudonimi per sé e per i suoi amici, l’accanita rievocazione di mondi altri.
In seconda pagina di copertina si leggono le parole di Karl Kraus che al meglio descrivono la condizione borderline di Lasker-Schüler: “Una poetessa senza età e senza soldi, divisa fra l’immaginazione e la realtà, l’Egitto biblico e la patria tedesca, il presente e una più antica preistoria giudaico-orientale […]”.
Poesie le sue in cui è possibile rintracciare in maniera incessante il tema della nostalgia, dapprima provata per Gerusalemme, poi per la stessa Berlino, tema legato a doppio filo ad un sentimento ricorrente di emarginazione in un mondo – come scrive Di Rosa nel suo “Il velo della poesia”, una riflessione saggistica sulla poetessa tedesca – “percepito come estraneo e distante”.
La ricerca di una terra, la propria terra, corrisponde nel caso della poetessa al non ritrovamento della propria identità, fallimento che coinciderà con un vero e proprio percorso di disillusione: l’Occidente visto come ricettacolo di tutti i mali rispetto all’Oriente, percepito invece come madre accogliente, terra nella quale affondare le proprie radici; e il successivo rovesciamento di questi schemi, la conseguente rilettura del mondo a ridosso dei suoi viaggi in Palestina.
E ancora il discorso autobiografico carico però di rimandi al testo biblico e instancabilmente basato sulla costruzione artificiosa del sé, in un inalterabile equilibrio tra verità e menzogna.
Altra tematica ricorrente intorno alla quale si sviluppa il percorso poetico di Lasker-Schüler è sicuramente però quella relativa al discorso amoroso, “rimedio a un costante sentimento di precarietà e solitudine” come scrive l’autrice nel suo saggio introduttivo.
Il fittizio universo della poetessa è però destinato a crollare e ben presto lo struggimento dovuto al suo isolamento non le impedirà di immaginare realtà migliori, né la condurrà a desiderare altri luoghi reali, ma la porterà a immaginare un altro mondo, assolutamente immaginario, utopico, al quale affidarsi come ultima ancora di salvezza.
Già nel 2002 Valentina Di Rosa aveva dedicato a Lasker-Schüler il saggio “Finzioni orientali. Identità e diaspora nella scrittura di Else Lasker-Schüler” (Liguori, 2002), e con questo ultimo volume ha continuato il suo lavoro di ricostruzione di un’identità estremamente complessa come quella della scrittrice ebreo-tedesca.
Francesca De Rosa
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Non farti cadere le braccia - Edoardo Bennato