Intervista a Francisco López Álvarez e Carlos Martí Brenes

 

Intervista a Francisco López Álvarez e Carlos Martí Brenes

Francisco López Álvarez e Carlos Martí Brenes

Francisco López Álvarez, docente presso la Escuela Internacional de cine de La Habana, e Carlos Martí Brenes, intellettuale e poeta cubano, all'Orientale

Qual è oggi l’obiettivo principale del cinema cubano?

Francisco López Álvarez: “L’obiettivo più importante secondo me è quello di riuscire a mantenere un'industria cinematografica audace e con un certo margine di sperimentazione, che si interroghi costantemente sulla realtà del paese e che possa contribuire a formare un pubblico. Questa è stata l'idea che ha animato tutto il cinema cubano a partire dal 1959 e che è rimasta intatta per tutti questi anni. Oggigiorno ci sono molte istituzioni che fanno cinema, non c’è solo l'Instituto Cubano de Arte e Industria Cinematográfico (ICAIC) ma ci sono anche molte produzioni indipendenti e per la televisione. Si stanno girando molti telefilm e si stipulano costantemente accordi di coproduzione con paesi europei e latinoamericani. Il luogo dove storicamente viene dato spazio a tutta questa produzione è il Festival de Cine de La Habana, che ogni anno attrae sempre più registi non solo dell'America Latina ma del mondo intero. Anche se la produzione è diminuita molto negli ultimi vent’anni, la Escuela Internacional de cine sta contribuendo alla formazione di nuovi cineasti per il mondo intero. È una scuola non solo per l'America Latina, ma anche per l’Europa, l’Australia, l'Afghanistan, il Pakistan, e tutti i paesi del mondo.”

In che situazione si trova la produzione cinematografica cubana oggi?

Francisco López Álvarez: “La produzione cinematografica cubana, rispetto agli anni Novanta, è diminuita considerevolmente. Il cinema è un'arte molto cara. È stato possibile produrre una buona quantità di opere negli anni Sessanta, Settanta e incluso negli anni Ottanta, quando c'erano ancora i presupposti sufficienti. Nel Novanta ci fu una crisi totale e l’ICAIC fu costretto a diminuire drasticamente la produzione. Si salvò solo un determinato tipo di cinema, basato su tematiche identitarie e culturalmente valido. Al principio del XXI secolo la produzione è rimasta molto bassa, non solo quella dell’ICAIC ma anche quella indipendente. Oggi si sta cercando di fare cinema in digitale, che è molto più economico, ad esempio Miel para Oshún di Humberto Solás è stato il primo film cubano girato interamente in digitale. Attualmente il vero problema, che poi è un problema di sempre, è il meccanismo di distribuzione: sono davvero pochi i film che riescono ad entrare nel circuito di distribuzione internazionale, interamente dominato dalle società nordamericane. I film in pratica rimangono a Cuba, vanno in Europa se sono coproduzioni e al massimo in America Latina. Solo alcuni entrano alla Miramax, come Fresa y Chocolate, o in altre case di distribuzione nordamericane e raggiungono il mondo intero. L’unica porta rimasta ancora aperta per il cinema cubano è quella dei festival.”

Quali sono le prospettive per i giovani cubani che vogliono fare cinema?

Francisco López Álvarez: “Ci sono molte prospettive per chi vuole fare cinema, distribuirlo però è un altro problema. Alla Escuela Internacional de cine, gli studenti che si diplomano in cortometraggio o in lungometraggio in alcuni casi riescono a raggiungere il circuito internazionale. Ultimamente mi è piaciuto molto un cortometraggio intitolato The Illusion, di Susana Barriga, un lavoro molto bello sul rapporto tra padre e figlia. Questo cortometraggio ha avuto grande esito internazionale e sta venendo distribuito molto bene.”

La Escuela Internacional de cine de la Habana è un punto di riferimento importante per quanti vogliono fare cinema. Come sono strutturati i programmi? Com’è organizzata la didattica? Cosa viene offerto agli studenti?

Francisco López Álvarez: “Ci sono diverse cattedre, il primo anno è detto di polivalencia, ossia è comune a tutti gli studenti. In questo primo anno si sviluppano le capacità nel campo della fotografia e del montaggio, si fanno cortometraggi di pochi minuti, piccoli documentari, e si imparano ad utilizzare gli strumenti del cinema. A partire dal secondo anno, ci si può specializzare in: sceneggiatura, regia, produzione, montaggio, fotografia, suono, documentario e musica. Tutti gli aspetti del cinema. Le lezioni sono tenute sia dai docenti della Escuela che da professori di università estere, invitati spesso a svolgere dei laboratori su determinati aspetti del cinema. È un programma molto arduo e complesso, ma è proprio quello che gli studenti esigono. Se vedi una mappa dei percorsi, dei laboratori e delle lezioni che si tengono alla Escuela, ti accorgerai che è un vero labirinto di orari e di attività che gli studenti realizzano. A volte escono dalla scuola per andare a fare riprese nel centro de La Habana, nelle montagne orientali e nei paesi dell'entroterra. Il percorso di studi è di tre anni per tutte le specializzazioni.”

La letteratura cubana vanta nomi illustri quali Alejo Carpentier, José Lezama Lima, Nicolás Guillén e molti altri. Che influenza hanno avuto questi grandi intellettuali sul cinema cubano?

Carlos Martí Brenes: “Hanno avuto una grande influenza. Questi intellettuali sono i paradigmi della cultura cubana, della sua ricerca identitaria, della sua criollidad, del mondo realmaravilloso e barocco. Il cinema ha sempre cercato di dialogare con questa letteratura, a volte di incorporarla. Si tratta di una relazione molto complessa, dove non sempre il cinema riesce ad essere fedele, ma ci sono autori che hanno svolto egregiamente questo lavoro come Humberto Solás o Enrique Pineda Barnet con La bella del Alhambra, basata su un'opera di Miguel Barnet intitolata Canción de Rachel.

Quali sono oggi i rapporti tra cinema e letteratura a Cuba?

Carlos Martí Brenes: “C'è una relazione molto stretta. Molti scrittori e molti cineasti collaborano nelle produzioni del cinema indipendente. Molte sceneggiature infatti provengono dalla letteratura dei giovani, anche se la maggior parte delle opere portate sullo schermo continuano ad essere di autori importanti. Oggi ad esempio si sta lavorando sulla trasposizione cinematografica dell’ultima opera di Leonardo Padura Fuentes: El hombre que amaba a los perros. Credo che il cinema cubano non possa fare a meno dal testo narrativo.”
Francisco López Álvarez: “Quello che ha detto Carlos è molto importante, nei festival si attendono con ansia le opere dei giovani autori perché si sa che rappresentano il futuro del cinema cubano.”

I cineasti cubani che dopo il trionfo castrista del 1959 gettarono le basi per un nuovo cinema nazionale, si ispirarono alla grande stagione neorealista italiana. Qual è il rapporto con il cinema italiano e in particolare con il neorealismo?

Francisco López Álvarez: “Io credo che un rapporto molto stretto ci sia stato per i primi sei-sette anni dalla fondazione dell’ICAIC. Tra i membri fondatori dell’ Instituto Cubano de Arte e Industria Cinematográfico c'erano due studenti della Scuola Sperimentale di Cinema di Roma: Julio García Espinosa e Tomás Gutiérrez Alea. I due, tra il ‘52 e il ‘53, tennero diversi dibattiti a Cuba sul neorealismo italiano e sulla prospettiva di un cinema povero, fatto con minori risorse rispetto a quello di Hollywood. Si proposero anche di girare un documentario assieme, che poi venne sequestrato dalla polizia nel ‘58, intitolato El Mégano, sulla vita dei carbonai. Quando venne fondato l’ICAIC, io stesso insieme ad altri uomini di cinema stabilii una relazione molto stretta con il neorealismo. A Cuba vennero pubblicati numerosi libri su Cesare Zavattini, che fu il mentore intellettuale di quel gruppo. Ci fu una relazione molto stretta anche con i fondatori dell'avanguardia italiana come Fellini, Visconti e Rossellini. A partire dal ‘67 circa, l'estetica neorealista venne superata e il cinema cubano creò una sua propria estetica: l’incrocio tra documentario, fiction e notiziario. Il notiziario divenne molto più audace e intellettuale, il documentario cominciò ad essere fatto in maniera differente da quello nordamericano o europeo, e la fiction si nutrì di queste due tecniche d’avanguardia. Il risultato, può essere visto in film come Memorias del Subdesarrollo.”

Cosa pensa del cinema italiano contemporaneo? Qual è l’immagine dell’Italia all’estero dal punto di vista di chi si occupa di cinema?

Francisco López Álvarez: “Di quello contemporaneo non ho visto molto perché mentre l'acquisto di film negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta avveniva andando in Italia e comprando tutto il meglio del cinema di quel tempo, adesso i film vengono distribuiti da Miramax, Columbia e Paramount, tutte case di produzione da cui Cuba non può comprare. Praticamente, salvando i nomi più classici degli ultimi vent'anni come Bertolucci o Bellocchio, non si vede più cinema italiano, abbiamo perso questa fonte tanto nutriente per la nostra cinematografia. Quella italiana è stata l'avanguardia da me preferita, molto più di quella francese. La cosa che ci salva è la Semana de la Cultura Italiana, dove vengono proiettati alcuni film contemporanei e invitati registi e scrittori del momento. L’evento si svolge nel cinema Rampa, che è uno dei migliori cinema de La Habana, ed è l’unica possibilità che abbiamo di vedere qualcosa di quanto si sta facendo in Italia oggi. A parte questo, non arriva più niente. L'immagine del cinema italiano che abbiamo oggi a Cuba è quella degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Le generazioni più giovani che non vanno alla Cinemateca continuano a vedere i film di quegli anni e non sanno quello che sta succedendo nel cinema italiano oggi, e molto meno nella letteratura. A causa dei diritti d'autore e della firma della convenzione di Ginevra da parte di Cuba, è diventata molto difficile la traduzione e la vendita dei diritti degli autori contemporanei stranieri. In pratica è possibile pubblicare solo gli autori che cedono i diritti. Se dovessimo pagare i diritti degli autori, i diritti degli editori e i diritti di traduzione andremo in rovina.”

Che traccia credete che abbia lasciato il cinema cubano nel panorama internazionale? Com’è stato accolto nel corso degli anni?

Francisco López Álvarez: “Io credo che il cinema cubano, in particolare negli anni Sessanta, abbia lasciato un segno indelebile nel panorama internazionale. Questo segno era rappresentato da un nuovo linguaggio cinematografico, un linguaggio che univa il documentario alla fiction.”
Carlos Martí Brenes: “Il cinema cubano si è posto come obiettivo, sin dalle sue origini, la ricerca dell'identità nazionale all'interno di un discorso anticolonialista. Questa cinematografia, si è unita ai movimenti del nuovo cinema latinoamericano diffusisi negli anni Sessanta. Indipendentemente dalla distribuzione, il cinema cubano esiste come movimento cinematografico conosciuto e di grande influenza mondiale, non è un cinema qualunque.”
Francisco López Álvarez: “In quegli anni inoltre, Cuba fu la cassa di risonanza di tutto il cinema latino-americano. I grandi registi come Solanas, Rocha, Birri, Littín e molti altri, negli anni Sessanta andavano a La Habana per ricevere consigli e opinioni sui propri film. In quegli anni, nacque il festival di Viña del Mar, era il ‘67 o ‘68, e poi il festival de La Habana a partire dal ‘78.”
Carlos Martí Brenes: “Trionfare a Cuba significava trionfare in tutto il mondo.”

Qual è l'influenza che il passato rivoluzionario esercita sulle nuove generazioni di scrittori cubani? Crede che il cinema cubano, in quanto a tematiche trattate, subisca ancora l’influenza della rivoluzione del ‘59?

Carlos Martí Brenes: “La rivoluzione è stato un tema ricorrente nel cinema cubano. Tutto ciò che cerca di entrare in contatto con la realtà cubana si va inevitabilmente a scontrare con la rivoluzione. Bisogna in una maniera o nell'altra identificarvisi, ma per farlo esistono forme diverse: c’è la forma epica, quella drammatica, quella contraddittoria che include un tipo di discorso non retorico, obliquo, meno chiaro per il grande pubblico ma che si interroga sui fatti della rivoluzione e della vita quotidiana. I giovani, se identifichiamo la rivoluzione con le tematiche della realtà quotidiana urbana e non con la grande epica, sono completamente all'interno di essa, interrogandola costantemente e facendo discorsi forse più criptici di un tempo ma altrettanto produttivi.”

Esiste un modo di fare cinema specificamente cubano? La Escuela Internacional de cine determina una scuola?

Francisco López Álvarez: “No, la caratteristica principale della Escuela Internacional de cine de la Habana è proprio quella di generare un confronto continuo con le numerose scuole e i differenti modi di fare cinema. Non ho mai trovato nessun tipo di schema che determini una maniera di fare cinema, o una qualsiasi imposizione su come debba essere fatto il cinema. Ho sempre visto invece una grande varietà di stili utilizzati nelle differenti cattedre. Ho lavorato alla Escuela Internacional de cine presso la cattedra di Altos Estudios e quella di Talleres Internacionales e ho sempre trovato nei loro promotori uno spirito molto aperto. La scuola non si isola dal cinema mondiale, tutti i giorni quando non ci sono le lezioni vengono proiettati film provenienti da ogni parte del mondo. Lo spirito che sento negli studenti è quello della diversità, ognuno sceglie l'estetica cinematografica che gli interessa, c'era ad esempio tutto un gruppo che era innamorato di Antonioni, in particolare del film L’Eclissi, una pellicola del ‘62 che a loro diceva ancora molto, un altro gruppo era innamorato di Kiarostami e un altro ancora di Tim Burton. Nella scuola ci sono teorie estetiche totalmente opposte.”
Carlos Marti Brenes: “Io credo che a questo punto si potrebbe dire, alla maniera di un famoso filosofo cubano, todas las escuelas y ninguna escuela y hay la escuela, tutte le scuole e nessuna scuola fanno la scuola. Per capire il cinema cubano, non si può rinchiuderlo in una stanza scura. Il cinema cubano è come un mare aperto, un orizzonte infinito, un coro di voci di gente che parla. Voglio dire che nel cinema, così come nella letteratura, c’è chi ci classifica all’interno del realismo socialista o in altre correnti, queste sono sciocchezze, è un cinema che a partire dal neorealismo italiano è arrivato a trattare qualsiasi argomento. Io credo che il cinema cubano si fondi su tre pilastri: il movimento degli autori; la Escuela Internacional de cine de la Habana che forma gli autori; il Festival de cine de la Habana che cerca nuove opere e nuovi autori.”

Cosa ha determinato la scelta di queste quattro opere in particolare per il ciclo di cinema cubano presentato qui a Napoli?

Carlos Martí Brenes: “Sono state scelte secondo un criterio di diversità tematica e di riflessione sulla realtà cubana, cosa importante per il pubblico italiano. Abbiamo così scelto Clandestinos che narra l’epica della rivoluzione, La bella del Alhambra che è la musica e il teatro cubano più popolare, El retrato de Teresa un film che tratta il fenomeno dell'inserimento della donna in un contesto sociale fortemente maschilista come quello cubano.”
Francisco López Álvarez: “E una commedia come La muerte de un burócrata un'opera di humor nero, per me uno dei capolavori del cinema cubano.”
Carlos Marti Brenes: “Penso sia fondamentale cercare metodi di distribuzione alternativi per il cinema cubano, ad esempio all'interno delle università come ha fatto il dottorato dell'Orientale. Iniziative come questa sono molto importanti perché moltitudini di giovani possono vedere diversi film cubani in tre o quattro giorni.”

Come ricevono i giovani cubani film come Clandestinos?

Francisco López Álvarez: “Si emozionano. Questo è un tipo di cinema che può essere considerato arte, e l’arte sarà sempre ricevuta positivamente. È come quando io vedo Rocco e i suoi fratelli o Morte a Venezia, sono film che mi continuano a emozionare perché sono arte, l’arte non muore. Film come Memorias del Subdesarrollo o La muerte de un burócrata i giovani li continueranno a vedere e rivedere.”

Quali sono state secondo voi le opere più importanti del cinema cubano?

Francisco López Álvarez: “Per me sono state: Memorias del Subdesarrollo, La ultima cena e Suite Habana.”
Carlos Martí Brenes: “Per me Memorias del Subdesarrollo, Lucía di Humberto Solanas, Retrato de Teresa e La muerte de un burócrata.”

Quali sono oggi le tematiche proposte dalle avanguardie?

Francisco López Álvarez: “Principalmente le avanguardie criticano alcuni cliché ideologici risalenti agli anni Sessanta. Il concetto di utopia, ad esempio, è una cosa sottoposta a un forte processo critico oggi. L'utopico è visto in modo più razionale, tangibile, concreto, parte di questo cinema critica certe utopie che vennero elaborate al principio della rivoluzione. Un'altra tematica ricorrente è quella delle minoranze, che poi è quello che si vede in film come Fresa y Chocolate.”

Davide Aliberti

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