La Parola si fa Immagine: fate largo alla multimedialità
La Parola si fa Immagine: fate largo alla multimedialità
Elena Tavani – docente di Estetica presso l’Università di Napoli L’Orientale – ha curato il libro Parole ed estetica dei nuovi media
La raccolta di saggi, frutto del contributo degli altri autori, segue l’introduzione scritta dalla stessa Tavani, che avvia la questione presentando le tematiche che via via saranno affrontate nei vari saggi, scritti in occasione delle giornate di studio “Le parole nel multimediale”, tenute a Napoli il 4 e 5 maggio 2006.
Quale sarà il destino della Parola in un’epoca in cui l’esperienza dei nuovi media si fa spazio sempre più prepotentemente?
È questa la domanda protagonista dell’intero percorso costruito nel volume.
Una rivoluzione della percezione e della rappresentazione risulta fin troppo evidente: nuove modalità di sentire, di agire e di informare sono sempre più legate al mondo dell’arte. Ma è anche il concetto di arte a non essere più lo stesso: il sistema della arti ha visto l’introduzione di nuove forme come il video arte o la net-art, testimoni dell’intromissione incontrollabile dell’elemento multimediale nella nostra società.
La ricerca di una risonanza estetica sempre più globalizzata sta costringendo l’arte alla rinuncia ad ogni tipo di autonomia ed autenticità: sentiamo e percepiamo ogni cosa all’unisono e questa massificazione sensibile è accompagnata dall’eliminazione del tradizionale conflitto tra Parola e Immagine, tema già affrontato da Aristotele nella sua Poetica.
Oggi sono i media visivi a trionfare, protagonisti dell’avanzante spostamento dal testuale al visuale: ed ecco che la Parola si fa Immagine e il conflitto originario è risolto pare, definitivamente.
Derrick de Kerckhove è l’autore di uno dei saggi proposti. Il critico è impegnato nel tentativo di definire la relazione tra linguaggio e tecnologia, relazione questa, segnata ormai dal passaggio da una cultura all’insegna della scrittura su carta ad una all’insegna dell’elettricità.
Gli studi e le ricerche di Kerckhove hanno dimostrato che l’introduzione dell’elemento elettronico ha provocato notevoli mutamenti nella nostra condotta sociale e personale.
Si è poi passati ad analizzare i tre tipi di linguaggio riscontrati nel corso dei secoli, definiti come lo specchio delle tre fasi dell’evoluzione umana: quello orale, quello scritto e infine quello elettronico.
L’ultima generazione, quella definita “sempre connessa”, è nata con un cellulare tra le mani ed è quella che ormai vede la propria immaginazione risiedere in una sede diversa dalla testa: è un’immaginazione trasferita letteralmente sullo schermo.
Ma è anche la capacità di immaginare ad aver subito una rilevante modifica. Un tempo la lettura era il miglior modo per sollecitare e sviluppare l’immaginazione, oggi il ricorso ai nuovi media produce generazioni pigre, che sempre più cercano una gratificazione immediata e che per ottenerla delegano la multimedialità come immaginante: i media pensano e immaginano per loro, e i libri, colpevoli di una lenta gratificazione, vengono sempre più lasciati a prender polvere.
Stefano Gensini invece dedica il suo saggio al linguaggio pubblicitario. Analizza le varie possibilità linguistiche di pubblicizzare un prodotto individuando tecniche varie e più o meno complesse.
L’utilizzo di metafore e altre figure retoriche accompagnate da una minimale combinazione di simboli è uno dei fenomeni più ricorrenti. Spesso è il grado di collaborazione richiesto al fruitore che fa la differenza: ci sono casi in cui il messaggio può essere recepito solo con una collaborazione approfondita, a testimonianza del fatto che ci troviamo di fronte ad un sempre più progressivo complicarsi del linguaggio pubblicitario.
Anche Gensini infine fa riferimento all’inesorabile sostituirsi della scrittura e della lettura cartacee con quelle elettroniche: è un fenomeno che provoca l’esteriorizzazione della coscienza, elemento precursore di un pensare esteriore contrapposto alla mente intesa come discorso interiore, di cui un semplice libro si fa promotore.
Valerio Caprara − docente di Storia e Critica del Cinema presso l’Università di Napoli L’Orientale – con l’aiuto di Francesco Velonà si è occupato invece, col suo saggio, di tracciare l’evoluzione della figura del critico cinematografico, il cui ruolo è stato allo stesso modo segnato dal nuovo universo mediatico: la crisi dell’editoria giornalistica cartacea ha contribuito all’affermazione della critica sul web come validissima alternativa, anche nel settore cinematografico.
Per concludere, Paolo Rosa si è dedicato al particolare rapporto tra museo e multimedialità. Ed è proprio l’elemento multimediale, evidentemente portatore di un’ elevata capacità di narrazione, che ha provocato il passaggio progressivo dall’idea di museo di collezione all’idea di museo di narrazione.
L’elemento emozionale ne esce vincitore e torna a farsi spazio anche nei musei: lì dove precedentemente ci si preoccupava piuttosto di garantire una certa logica informativa.
Continuando di questo passo smetteremo di dire che andiamo a vedere una mostra per iniziare a dire che andiamo a prenderne parte: sarebbe ora di realizzare un tipo di museo partecipativo, che non si limiti allo scopo educativo ma che punti alla partecipazione, un museo che torni ad essere un luogo vivo e che rappresenti una valida alternativa ai soliti attrattori sociali. Uscire dai centri commerciali per riconoscersi tutti nella comune narrazione di un museo.
Lorena Jessica Alfieri
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