La questione dello stato palestinese in un Medio Oriente cambiato, attraverso le voci di Moshe Ma’oz e Khalil Shikaki
La questione dello stato palestinese in un Medio Oriente cambiato, attraverso le voci di Moshe Ma’oz e Khalil Shikaki
“The Issue of the palestinian State in a Changing Middle East”: seminario organizzato presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali in collaborazione con “Master in educazione alla Pace” dell’Università degli Studi Roma Tre
L'11 ottobre 2012, nella cornice dell'Aula Magna “Matteo Ripa” di Palazzo Giusso, si è svolto il seminario “The Issue of the palestinian State in a Changing Middle East”. L’incontro si è aperto con i saluti di Luigi Mascilli Migliorini, che ha ricordato il collega Fabio Maniscalco, docente dell’Orientale scomparso nel 2008 dopo aver condotto numerose attività in Medio Oriente negli anni Novanta, come la costruzione di una biblioteca specializzata nel settore dei beni culturali per la Facoltà di Archeologia della Al-Quds University di Ramallah. Il convegno è stato quindi introdotto da Fabio Bettanin del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Orientale e Paolo Wulzer, per l'occasione rappresentante dell’Università degli Studi Roma Tre, con la quale è stato possibile realizzare questo meeting sulla controversa questione dello Stato palestinese. All'evento sono stati presenti numerosi studenti che hanno partecipato attivamente al dibattito, svolto in seguito agli interventi di Moshe Ma’oz e di Khalil Shikaki. La discussione è cominciata con le parole di Moshe Ma'oz, professore emerito del Dipartimento di Studi Islamici e del Medio Oriente alla Hebrew University of Jerusalem, rinomato per la propria competenza nelle questioni arabe e mediorentali. Ma'oz lavora anche con i ricercatori arabi e israeliani per esaminare le tendenze politiche, economiche e ideologiche della regione mediorientale, e i suoi lavori scientifici si concentrano difatti sulla politica di quest'area. Muovendo dall’incessante conflitto tra palestinesi e israeliani, Ma’oz ha evidenziato la centralità dell’Egitto nelle questioni del Medio Oriente, soprattutto per gli effetti della Primavera Araba, e le relazioni con gli Stati Uniti, strettamente connesse alla creazione dello Stato palestinese in congiunzione alle prossime elezioni americane giocate tra i due candidati Obama e Romney. La scelta del candidato alla poltrona americana, spiega Ma’oz, influirà sulla possibilità di trovare una soluzione e potrà produrre dei cambiamenti negli equilibri internazionali. Gli Stati Uniti hanno stabilito buoni rapporti con la Tunisia e con l'Egitto di Morsi, e proprio l'Egitto sta cercando di bilanciarsi tra gli americani e gli altri, ma c’è da dire che questo Stato dipende molto dagli USA: basti pensare che gli egiziani ottengono, oltre alle armi per l’esercito, ben due miliardi di dollari l'anno da parte degli Stati Uniti. Nel mondo arabo manca ancora una base importante in materia di sicurezza e stabilità. Le stesse istanze valgono per Israele, che ha il buon senso di continuare a rinnovare il processo di pace con i palestinesi: infatti, prima i regimi erano bloccati nella tendenza delle masse nei confronti della questione palestinese, mentre adesso rispettano le masse e l’opinione pubblica a questo riguardo. Inoltre, non è vero che i palestinesi non vogliono la pace, ma è il governo israeliano a mettere più insediamenti e più restrizioni. Per questo, il professor Ma’oz afferma che solo gli Stati Uniti – naturalmente se Obama è rieletto –, l’Unione Europea, il nuovo governo in Egitto e in Turchia (anche se ci sono altri problemi con la Turchia), dovrebbero convincere e indurre Israele alla pace, o isolarlo dal resto del mondo. D’accordo con Ma’oz, Khalil Shikaki, direttore del Centro palestinese per la ricerca politica e Survey con sede a Ramallah, considera gli atteggiamenti e le opinioni politiche dei palestinesi, che riflettono le complessità e le sfumature della politica palestinese, la situazione economica e demografica, e le credenze riguardanti la prospettiva di uno Stato, negoziato con Israele. Risulta fondamentale per i palestinesi acquisire la legittimazione in quanto configurazione dell’identità di un popolo, sia a livello regionale che in un’ottica globale. Anche per Shikaki gli Stati Uniti giocano un ruolo importante: Obama non vanta molti successi sulla questione palestinese, poiché i suoi buoni propositi sulle relazioni con l'Iran e la Palestina sono rimasti nel cassetto. Un secondo mandato di Obama, però, potrebbe dare al presidente americano quel coraggio che gli è mancato finora. Al contrario, un’eventuale vittoria repubblicana riporterà alla “politica busheriana” e, pertanto, l’America potrebbe avere un approccio timido, o palesemente contrario, alla nascita di uno stato palestinese.
Annacarla Tredici - Direttore: Alberto Manco