Platone par lui-même… a cura di Massimo A. Bonfantini

 

Platone par lui-même… a cura di Massimo A. Bonfantini

Il professore Massimo Bonfantini

Una lezione di filosofia a cura del Dottorato di Ricerca in Filosofia e politica tenuta da Massimo A. Bonfantini su Platone. Partendo dalla VII lettera delle XXIII epistole del filosofo greco, si analizzano la critica della scrittura platoniana e gli autori che ne hanno ripreso lo stile e la tecnica

Nella sede di Palazzo Giusso, il 16 ottobre Massimo Bonfantini – filosofo, scrittore e indimenticato professore di Semiotica presso l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” – ha tenuto una lezione dal titolo: “Platone par lui-même. Dialogicamente discusso”. L’incontro è stato presentato da Arturo Martone, che ha introdotto subito la questione della VII lettera di Platone, quella che tra le XIII epistole ha maggiormente destato interesse negli studiosi, sia per i suoi contenuti filosofici, sia perché è l’unica che si possa plausibilmente attribuire al filosofo greco. Scritto dopo la morte di Dione, questo testo rappresenta un’importantissima fonte d’informazioni sulla vita e sullo stile filosofico di Platone. Scorrendo il testo della lettera si nota una lunga digressione che verte sulla giovanile passione di Platone  per la politica, che lo porta ad anatomizzare le cause del suo interesse per la filosofia e le motivazioni che lo spinsero a viaggiare. Particolare attenzione è data al ricordo delle fasi che caratterizzarono l’insuccesso dei tentativi di instaurare nella città “megalogreca”, e quindi con il suo scontrarsi tra realtà e utopia. Oltre a ciò, Platone dedica anche alcune pagine ad una critica della scrittura, che possono essere messe in relazione con il mito del dio Theuth nel Fedro. Presa la parola, Bonfantini approfondisce il problema dell'autenticità degli scritti di Platone, il quale ha avuto la stessa abilità dei grandi uomini di teatro, come ad esempio George Bernard Shaw, di saper rendere nella scrittura “il parlato più che vero, reale”. La voce dell’autore compare poco, Platone si mimetizza nella rappresentazione della sua “grande narrazione”: una tecnica che sarà ripresa e sviluppata anche dallo scrittore russo Dostoevskij. L’indagine del realismo testuale rivela che possiamo attribuire proprio a Platone la nascita della letteratura filosofica: prima di lui, infatti, il ricorso alla scrittura da parte dei sapienti era rimasto per lo più eccezionale, spesso limitato a un testo, dai contorni per noi problematici, in cui l’autore riassumeva la sua concezione complessiva della realtà. A Platone dobbiamo la prima articolata produzione di dialoghi filosofici, di finzioni letterarie nelle quali un protagonista – di solito Socrate – si confronta su temi morali, politici, scientifici, con interlocutori in qualche modo coinvolti, come competenti o presunti tali, nella storia culturale ateniese del V secolo. Tuttavia, se è vero che con Platone nasce la letteratura filosofica, è vero altresì che con lo stesso filosofo abbiamo, all’atto di nascita di tale tradizione, una chiara presa di posizione contro i rischi impliciti nella scrittura, filosofica soprattutto. Il discorso prosegue sul pensiero filosofico di Nicola Abbagnano, che fonda una sorta di “nuova filosofia” proprio partendo dallo studio di Platone: secondo Abbagnano, l'“essere è relazionismo” e si afferma in un “panteismo dinamico”. Il discorso si riallaccia a Platone come primo filosofo esistenzialista – in particolar modo, quello platoniano è esistenzialismo della scelta –, nell’accezione "ontologica" del termine che si rifà a Heidegger, Jaspers e Sartre, secondo cui “le possibilità esistenziali sono soltanto impossibilità di essere l'essere e, tuttavia, manifestano in qualche misura l'essere stesso”. Pertanto, si riflette sull’interpretazione della Repubblica da parte di Diderot e sulle parole di Pascal, secondo cui “vale più la caccia che la preda”, applicate all’idea che Platone aveva dell’essere, e quindi dell’uomo. Il filosofo greco, difatti, ha cercato di condurre l’umanità verso un processo di Bildung, ma nello stato di natura, come scrisse Rousseau, l’uomo è solo un “buon selvaggio” che non ha natura se non l’istinto di desiderare e, pertanto, imitare. In ogni caso, la storia della filosofia non è una formazione di un unico corpo di verità: sta a noi discernere, studiando i vari autori. Il filosofo è un po’ come compagno di ricerca, di un’indagine che si enuclea: Platone docet.

Annacarla Tredici - Direttore: Alberto Manco

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