Addio a Pasquale Ciriello

 

Addio a Pasquale Ciriello

Si è spento nella mattina del 30 luglio, per un male incurabile, Pasquale Ciriello, sessantaquattro anni, a lungo ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato presso il nostro Ateneo, dove è stato Pro-rettore dal 1994 al 2001 e successivamente Rettore per due mandati fino al 2008. Ciriello è stato poi deputato della XVI Legislatura (2008-2013) nelle file del Pd, membro della Commissione Giustizia e fondatore di Futura, la scuola di formazione del Pd in Campania. Chi gli è stato più vicino negli anni conserva un personale ricordo ma tutti, docenti o personale tecnico-amministrativo, concordano nel ricordare Ciriello come uomo di grande umanità e di alto profilo istituzionale, che ha affrontato molte sfide importanti in un periodo già molto difficile per l’università italiana.

Per il Rettore Lida Viganoni, che è stata Pro-Rettore vicario durante il rettorato di Ciriello, «la sua scomparsa è un grave lutto per l’Ateneo. Ho avuto il privilegio di affiancare Ciriello come prorettore nei sette anni del suo rettorato, anni molto complessi per la vita dell’università che Ciriello ha affrontato con grande determinazione e alto spirito istituzionale. Era un uomo di raffinata intelligenza e cultura, dai modi pacati, mai sopra le righe, ma anche saldo e determinato nelle sue posizioni. Mi colpiva la sua ironia; aveva la battuta sempre pronta e riusciva a sdrammatizzare anche le situazioni molto complesse, a vedere e a far vedere le cose nella giusta luce. Uomo di poche parole, ma su quelle che diceva bisogna ben riflettere, non erano mai dette a caso. Ha sopportato la malattia che lo ha colpito con grande serenità ed equilibrio, tratti fondamentali del suo carattere. Mi ha legato a lui un rapporto di stima e di amicizia molto solido, gli devo tanto perché da lui ho imparato molto. Il nostro è stato un rapporto professionale che nel tempo è diventato anche un rapporto di grande amicizia. Amava parlare della sua famiglia, della sua adorata moglie e delle sue figlie, e amava parlare anche del suo cane. Non potrò che rimpiangerlo e ricordarlo portandolo nel mio cuore per sempre».

Augusto Guarino, anch’egli Pro-Rettore con Ciriello, è commosso. «Se io perdo un grande amico, una intelligenza con la quale ogni confronto ti permetteva di arricchirti, l’istituzione perde un suo grande servitore. È con il suo Rettorato che l’Istituto universitario Orientale è diventato Università degli studi di Napoli, ed è sempre con il suo Rettorato che si è risolta un’annosa questione riguardante la sede di via Marina». Tra i ricordi personali di Guarino c’è il suo costante stupore ogni volta che parlava di libri con Ciriello: che fosse letteratura spagnola, ungherese, sud americana o polacca o turca, ne sapeva sempre qualcosa di più. «Di Ciriello mi ha sempre colpito anche il carattere, discreto ma affettuoso».

Rosario Sommella, direttore del Dipartimento di «Scienze umane e sociali» dove Ciriello era tornato a insegnare nel 2012 dopo la parentesi parlamentare, è ancora rammaricato che il suo ritorno all’insegnamento sia durato così poco. «Da grande uomo delle istituzioni e da grande esperto del suo campo di insegnamento poteva dare ancora tanto. Era una persona di grande esperienza, ogni suo consiglio era prezioso, conosceva bene i meccanismi del nostro Ateneo e avrebbe potuto fare ancora tanto». Come tratto distintivo del carattere di Ciriello, Sommella ricorda la sottilissima ironia.

Per il professore Domenico Silvestri il ricordo è quello di una persona sempre disponibile, misurata e riservata, con la quale era possibile intraprendere anche imprese lunghe e complesse e nello stesso tempo avere non solo il conforto di una intelligenza acuta e prontissima alle soluzioni possibili ma anche di una effettiva solidarietà umana. «Ho lavorato molto a lungo e bene con lui, nel Senato accademico ma prima ancora quando lui era prorettore del professore Rossi e io ero appena stato Rettore, poi quando sono stato Preside della Facoltà di lingue insieme a lui e alla professoressa Viganoni abbiamo portato avanti un discorso comune teso alla crescita complessiva dell’istituzione, sempre nel rispetto delle esigenze di tutti e mai disponibile a compromessi al ribasso».

Francesco De Sio Lazzari ricorda di aver conosciuto Ciriello quando venne a presentare la sua candidatura al Rettorato, presso il Dipartimento di Filosofia e politica (allora a via dei Fiorentini), «e fui colpito dal modo sobrio e preciso col quale espose le sue intenzioni e il suo programma. Poi, dopo la sua elezione, il rapporto si consolidò e divenne un rapporto non solo di “colleganza”, ma di reale amicizia. Amicizia della quale mi onoro, e che ora lascia – vivo e pulsante – il sentimento dell’assenza, della sua assenza. Tutti coloro che lo hanno conosciuto all’Università converranno nel riconoscerne le doti professionali e umane, l’equilibrio che ha sempre caratterizzato la sua azione, la pazienza e la tenacia che gli hanno consentito di superare tempi difficili per l’Università italiana e anche per il nostro Ateneo». La voce di De Sio Lazzari poi si fa più triste quando ricorda i mesi della malattia. «Anche allora, Pasquale Ciriello ha saputo conservare il suo equilibrio, la sua umanità, e ha sopportato e accettato stoicamente le prove che doveva superare. Direi che il suo modo di passare attraverso l’esperienza del dolore è stato una delle testimonianze più alte (e più toccanti) della sua qualità umana. Lo rimpiango profondamente. E sono certo che molti, moltissimi, oggi ne avvertono la scomparsa come me: con acuto rimpianto».

Il ricordo di Paolo Frascani parte da lontano: «ho conosciuto Pasquale molti anni fa quando scelse, giovanissimo ordinario, la facoltà di Scienze Politiche dell’Orientale, come punto di partenza del suo percorso accademico. Non avrebbe cambiato idea. Formatosi nella facoltà di Giurisprudenza della Federico II, non ambiva a ritornare alla casa madre, secondo una pratica molto diffusa a quei tempi, ma si mise in gioco per far nascere e sviluppare un polo di scienze sociali, adeguato alle esigenze di un Ateneo che stava rinnovando la sua connotazione. Da allora ci siamo frequentati nella doppia veste di responsabili di cariche accademiche, (molto onerose le sue), e di colleghi-amici legati da una comune visione del lavoro accademico, fatta di concretezza e di “ servizio” . Vicini, nonostante gli anni che ci separavano, per affinità umane e culturali. Pasquale è stato un giurista raffinato, ma consapevole della necessità di declinare le forme del diritto in armonia con i contesti e i tempi della storia. Lucido e competente nell’interpretazione dell’evoluzione degli ordinamenti giuridici europei ha contribuito ai lavori della Commissione Giustizia come parlamentare eletto alla Camera nel distretto di Napoli. Era un lettore sensibile e curioso che si apriva ai campi più disparati: dalla politica, alla storia, alla sociologia, ma anche un ‘intellettuale riservato e acuto che non si sottraeva ai compiti che il suo ruolo di docente, di rettore, di parlamentare, di volta in volta gli poneva. Erano queste spinte a muoverlo, in sordina, verso le mete che la vita accademica e la politica gli hanno fatto intravedere e che ha saputo raggiungere con impegno e determinazione. Un percorso che si è arricchito e consolidato, per quanto riguarda i nostri rapporti personali, da una più ravvicinata e intensa frequentazione. In alcune fasi del suo prestigioso iter accademico e politico ci siamo trovati a collaborare senza mai smettere di scherzare, commentare, interpretare quello che si svolgeva intorno a noi. La sua verve ironica aveva la meglio, tra noi, attraverso parole, giudizi, rapide notazioni capaci di scogliere lo stato delle cose nell’Ateneo, in Città, nel paese. Il pensiero che la mia uscita dai ruoli accademici fosse compensata dalla sua permanenza nel Dipartimento mi ha accompagnato fino a quando abbiamo potuto scambiare impressioni e pensieri. Oggi, col rimpianto, rimane lo struggente ricordo delle nostre ultime chiacchierate e la consapevolezza di una perdita irrimediabile. Per l’Ateneo e per la Città».  

Il professore Alessandro Triulzi, pur avendo appreso la notizia mentre era all’estero, ci ha tenuto a far giungere il suo messaggio: «Pasquale Ciriello è stato un importante, ironico e affettuoso collega con cui molti di noi hanno condiviso sorti e responsabilità in Facoltà, in Senato, e in molteplici altre occasioni di studio e di dibattito nella vita dell'Ateneo. Non è possibile pensare alla lunga, e a volte tesa, condivisione delle vicende interne ed esterne all'Orientale negli ultimi trent'anni senza ricordare l'impegno distaccato ma convinto e tenace di colleghi quale Pasquale Ciriello che hanno contribuito alla crescita umana e scientifica del nostro Ateneo. Di ciò gli siamo tutti grati».

Poche ma sentite parole quelle di Andrea Pisani Massamormile: «Ricordo e ricorderò con rimpianto Pasquale Ciriello, l’Uomo, l’Amico, il Docente, il Rettore. Ricorderò l’affetto di chi è severo con se stesso prima che con gli altri, la semplicità di chi è colto, la spontaneità di chi è intelligente. Buon viaggio indimenticabile Pasquale».  

Anche tra il personale tecnico-amministrativo sono in molti a ricordare Ciriello con affetto.

Per Umberto Cinque era «un professore riservato, attento e di poche parole, moderatamente spiritoso e a volte ironico, dai gesti eleganti e discreti, con un tono di voce pacato e rassicurante. Un riferimento sicuro ed affidabile che sarà sempre nella mia mente e nel mio cuore».

Erminia Attanasio, che è stata la segretaria di Ciriello durante il suo rettorato, lo ricorda come un uomo «di grande ironia e umanità, sempre disponibile all’ascolto. Ho lavorato a stretto contatto con lui per venti anni e non posso non conservarne un ricordo affettuoso».

Lina Frontino, che negli anni Ottanta lavorava nella biblioteca dell’allora Dipartimento di Scienze sociali, dove Ciriello insegnava, è ancora scossa ma quando le si chiede un suo personale ricordo sottolinea subito che «il professore Ciriello era una persona squisita ironica, intelligente, di grande umanità come ce ne sono poche, disponibile, sempre pronta a tenderti una mano. A chi non lo conosceva poteva sembrare di aspetto burbero ma non lo era affatto».

Ugo Cundari

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