Incontro con Jalel El Gharbi: un poeta mediterraneo a Palazzo Du Mesnil

 

Incontro con Jalel El Gharbi: un poeta mediterraneo a Palazzo Du Mesnil

Un momento dell'evento

Il poeta e traduttore tunisino parla dei pericoli per la transizione democratica in Tunisia

Con la testa girata guarda il mare, Jalel El Gharbi. Guarda fuori dai finestroni della sala conferenze di Palazzo Du Mesnil, intorno alle 11, mentre la luce meridiana illumina il Golfo. Gloria del disteso Mezzogiorno direbbe Montale. Guarda fuori pensando a cosa dire della sua Tunisia. El Gharbi, critico, traduttore, docente di letteratura francese ma soprattutto poeta e militante tunisino ha parlato del suo paese durante un incontro-lezione tenuto ieri, 12 marzo 2012, nella sede di via Chiatamone e dedicato a La révolution tunisienne et la littérature. L’incontro, in lingua francese, è stato organizzato dalla professoressa Maria Cerullo con la partecipazione del professore Roberto Tottoli, con Rosalba Guerini e Mario Petrone a moderare il dibattito.
El Gharbi che insegna all’Università “La Manouba” di Tunisi è fra l’altro autore di un blog in francese e arabo che tiene costantemente aggiornato. La letteratura tunisina, tema dell’incontro è stato un punto di partenza per parlare della storia recente del proprio paese. Per trarre un bilancio politico di quanto fatto e per analizzare un possibile futuro. Come si sa dalla Tunisia è partita nel dicembre del 2010 la Primavera Araba ed è in questo paese che si sono avute le prime elezioni libere del mondo arabo post rivoluzionario.
La situazione però è lungi dall’essere pacificata. Dal racconto di El Gharbi emerge un quadro diverso da quello che conosciamo dai mezzi di informazione. Si scopre così che gli episodi di protesta proseguivano da diverso tempo e che si era creato in Tunisia un clima di opposizione al regime grazie al fiorire negli ultimi dieci anni di una letteratura carceraria. È in queste memorie, redatte da oppositori del regime e incarcerati sotto il governo precedente a quello di Ben Alì che si crea una cultura di opposizione al regime attuale, culminante con le proteste di Sidi Bouzid che portarono alla caduta del dittatore il 14 gennaio 2011.
Con questi eventi si è manifesta nel popolo tunisino la voglia di non rimanere più in silenzio: testimonianza ne sono le migliaia di scritte che hanno cominciato a comparire in strada ma anche il fiorire dei blog.
Il professore ha tenuto a sottolineare la spontaneità di questa rivolta, che non sarebbe stata pilotata da nessuna forza esterna e sarebbe fiorita dall’interno dopo un lungo periodo di incubazione, difendendosi così dalle accuse che sono state mosse da più parti al movimento tunisino.
Tuttavia se tanto è stato fatto, il percorso non è per nulla concluso. Se da un lato infatti si cerca di costruire una società più equa dall’altro tale percorso è insidiato dall’emergere di forze non democratiche e oscurantiste che impediscono tale processo di rinnovamento. In particolare El Gharbi ha evocato la minaccia salafita, portatrice di una lettura purista dell’Islam che egli stesso ha definito “ignorante”. Il critico, impregnato di un umanismo laico tutto francese, ha denunciato la situazione di intollerabile chiusura verso la libera espressione e ha ricordato le difficoltà incontrate ogni giorno nell’insegnamento. Difficoltà causate dall’opposizione di questa setta religiosa, che comincia a farsi sempre più spazio nel paese. La Tunisia non è un terreno fertile alle interpretazioni ultraortodosse dell’Islam. Prove storiche alla mano, El Gharbi ha sottolineato come la tradizione esegetica del Corano che ha dato origine al salafismo è estranea a quella Tunisina, più libera e basata sull’interpretazione dello spirito della scrittura piuttosto che della sua lettera.
Tuttavia la minaccia principale deriva dal fatto che i salafiti godono di un grande potere mediatico grazie al supporto economico della monarchia saudita. Tale potere è sfociato in atti di aperta violenza e in minacce di morte allo stesso El Gharbi e ad altri suoi colleghi impegnati da anni nella costruzione di un futuro democratico in Tunisia. Il cammino per la costruzione di una società più equa è ancora lungo, e il pericolo paventato da Jalel El Gharbi è il controllo politico della componente più oscurantista dell’Islam.
L’incontro però è stato un modo per riavvicinare le due sponde del Mediterraneo, e per portare la viva testimonianza di un poeta e militante da un paese in grande fermento sociale come è oggi la Tunisia.
È con incontri come questo che l’Università compie il suo scopo che, come ha detto il professore Petrone, è quello di “essere un luogo di incrocio per gli scambi fra i popoli del Mediterraneo”, ma anche quello di aprire i giovani alla conoscenza dell’altro.

Salvatore Chiarenza

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