Il mondo arabo-islamico e alcuni degli eventi dell'Orientale ad esso dedicati: intervista ad Agostino Cilardo

 

Il mondo arabo-islamico e alcuni degli eventi dell'Orientale ad esso dedicati: intervista ad Agostino Cilardo

Manoscritto andaluso, Sura 15: Al-Hijr (XII secolo)

La nuova Costituzionale egiziana? “Va letta nella sua globalità: non tutto è negativo ma ci sono elementi critici, sottolineati un po' da tutti e dall'opposizione soprattutto”

Nel mese di marzo, nella sede per l'Alta Formazione di Procida, si è svolto il Workshop “Metodologie e fonti nello studio delle discipline arabo-islamiche”. Quali sono state le tematiche e quali gli obiettivi di questo evento?

Le tematiche sono state quelle trattate dai singoli docenti nelle proprie ricerche e da ciascun dottorando nella propria tesi. In effetti, quello che si è voluto fare è stato mettere a confronto le metodologie usate dai docenti nelle ricerche che già hanno fatto e le metodologie usate dai dottorandi nelle attività che stanno svolgendo. Il tema della metodologia non è secondario quando si scrive una tesi, un lavoro, o si fa una ricerca, perché è importante sapere quali fonti vengono utilizzate e come si usano tali fonti. Sostanzialmente, i docenti che hanno partecipato hanno messo in risalto le fonti che hanno utilizzato nelle proprie attività: quali fonti e come sono state utilizzate nel quadro di riferimento della ricerca svolta. La stessa cosa è stata fatta dai singoli dottorandi. Quindi è stato un incontro molto fruttuoso. Innanzitutto perché c'è stata un'esposizione molto ampia delle attività che abbiamo svolto e, poi, grazie al dibattito finale durante il quale abbiamo posto delle questioni, obiezioni, chiesto chiarimenti, un elemento utile perché quando si scrive una tesi, specialmente se si è alle prime armi, è importante conoscere cosa è stato fatto da chi sta più avanti e ha pubblicato libri, articoli, ecc. In sintesi, è stato un incontro molto fruttuoso, apprezzato sia da noi sia dai dottorandi, e i temi sono stati vari e articolati.

Il suo intervento trattava di Ermeneutica delle fonti in diritto islamico. Può parlarcene brevemente?

Il quadro delle fonti che ho utilizzato l'ho creato, diciamo, da me, perché quando ho incominciato a fare ricerca, qualche decennio fa, questa disciplina – il Diritto islamico – era insegnata all'Orientale ma non aveva, come dire, uno studioso che si dedicasse esplicitamente alla disciplina. Le fonti librarie che avevamo erano molto scarse, per cui ho dovuto crearmi una biblioteca di diritto islamico e ho girato in parecchi paesi, all'estero, per trovare questo materiale. Vivo di fotocopie – e ho vissuto delle copie delle fonti che mi interessavano e che utilizzavo per le mie ricerche – quindi ho presentato un quadro delle fonti riguardanti tutte le scuole giuridiche, che sono ben nove, in ordine cronologico, e le fonti che riguardano la tradizione profetica, Ahadith, e le fonti che riguardano i commentari coranici. Quindi un quadro molto ampio di ciò che ho utilizzato e che utilizzo tuttora: un quadro molto generale e molto ampio delle fonti classiche che si devono adoperare in una ricerca sul diritto islamico. La seconda parte ha riguardato l'uso delle fonti, ovvero l'ermeneutica, e ho portato come esempio una ricerca che sarà pubblicata quest'anno in Inghilterra: l'analisi di alcuni termini coranici e il modo in cui sono stati trattati, analizzati e spiegati in queste varie opere. Ho messo in risalto che, in effetti, il senso linguistico di questi termini è molto chiaro – ed evidente ad un linguista che conosce l'arabo e sa benissimo cosa significano – e ho spiegato come i giuristi invece hanno adattato il senso di questi termini ai fini della dimostrazione di teorie, di dottrine giuridiche. Quindi ho sottolineato il passaggio dal testo coranico a quello che hanno fatto i giuristi su di esso e tutta l'elaborazione che c'è stata: tutto il passaggio che c'è stato dal Corano alle scuole giuridiche sulla base delle fonti che utilizzo normalmente. Volevo anche far vedere un lavoro fatto molto decenni fa, ma non ne ho avuto il tempo. Si tratta dell'analisi di un'opera giuridica ritenuta molto antica e che in realtà – questo il mio piccolo contributo – ho dimostrato essere un'opera spuria, non autentica. Volevo indicare l'approccio avuto da vari studiosi occidentali rispetto a quest'opera e le conclusioni che ne hanno tratto, compreso ciò che ho fatto io personalmente, ma come ho detto non ne ho avuto il tempo. Questo il quadro di riferimento della mia esposizione: un quadro complesso, nel quale bisogna orientarsi tra molte opere, ma sicuramente, dato che sono riuscito a farlo io, tutti possono farlo.

Di recente, inoltre, nell'ambito del Dottorato di ricerca Vicino oriente e Maghreb. Specificità culturali e relazioni interculturali è stata organizzata una Giornata di Studio Internazionale: I Moriscos e gli studi islamici. Quali i risultati di questo incontro?

Da quando sono responsabile del Dottorato, dal 1 novembre 2012, ho cercato di dare impulso alle attività culturali e formative dei dottorandi perché sono a tutti gli effetti “studenti” e devono seguire dei corsi e avere una formazione. La Giornata sui moriscos è stata molto utile perché ha messo in risalto che esiste, nell'ambito degli studi islamici, un settore in effetti molto poco studiato che riguarda una serie di fonti che sono in Spagna: trattati scritti nella lingua locale perché i musulmani, in qualche modo, non dovevano esporsi altrimenti sarebbero stati perseguitati. In effetti, gli interventi della Giornata hanno evidenziato la presenza e l'importanza di queste fonti e il perché abbiamo queste opere sono scritte in questa lingua e non in arabo perché, appunto, i musulmani all'epoca non godevano di molta libertà, diciamo, religiosa. Quindi, un piccolo settore occidentale è stato portato alla luce e, come ho già detto, è poco studiato. In Italia, specialmente, non ci sono ricerche al riguardo, è un settore coltivato in Spagna, ma limitatamente, da qualche studioso, ed è una linea di ricerca che andrebbe esplorata, magari da qualche dottorando in futuro.

Circa tre anni fa il Web Magazine d'Ateneo l'ha intervistata in quanto Preside della ormai ex-Facoltà di Studi Arabo-Islamici e del Mediterraneo, e si parlò anche dei rapporti tra Occidente e mondo islamico. Ma ciò avveniva prima della “Rivoluzione dei Gelsomini”. Cosa pensa, oggi, del panorama politico-sociale mediorientale?

La mia lettura è la seguente. Questi movimenti sono iniziati con la volontà di cambiare regimi autoritari e poco democratici. C'è stato un anelito verso la libertà, i principi di uguaglianza, democrazia piena, libertà di religione e di stampa, diciamo sul modello occidentale. Questa volontà è stata presa, fagocitata, dai movimenti religiosi i quali hanno avuto il sopravvento: si è votato ed hanno ottenuto la maggioranza dei voti. Ciò che mi è sembrato mancare è stata la leadership dei movimenti in senso libertario, per cui l'apparato religioso ha avuto buon gioco a prendere in mano la situazione.
In Egitto abbiamo una nuova Costituzione che presenteremo in questo incontro di lunedì [8 aprile 2013, NdR] ma oggi ci sono problemi anche in Libia, o in Turchia, perché i governi fondamentalisti vogliono considerare la Shari'ah – il diritto islamico – come la fonte unica della legislazione del paese. Se fosse così, praticamente, quelle riforme che pur ci sono state nei decenni passati rischiano di essere cancellate. Adesso l'opposizione, ovviamente, spinge affinché questo non avvenga, però c'è in tutto il mondo islamico, in generale, un ritorno alle origini che comporta naturalmente, dal punto di vista occidentale, la non osservanza dei valori fondamentali dell'uguaglianza, della libertà, della democrazia. Il mondo islamico è a un bivio, sostanzialmente bisogna vedere da che parte si dirigerà, però posso constatare un'altra cosa: in effetti, non c'è mai stata una linea unica evolutiva e c'è stato un progresso e un ritorno al passato, e oggi siamo in un momento simile, di ritorno al passato. Sono fiducioso e non penso che sarà sempre così: i giovani non vogliono più questi modelli, ormai c'è Internet, ci sono i mezzi di comunicazione accessibili a tutti, e tante cose devono essere superate: i giovani, secondo me, non accetteranno ancora a lungo questa situazione e sono fiducioso, per un progresso caratterizzato da una maggiore apertura verso le libertà individuali e le libertà politiche.

Lunedì 8 aprile si terrà un dibattito sulla “primavera araba” e sulle recenti riforme del sistema costituzionale egiziano. Qualche anticipazione?

Ho analizzato la nuova Costituzione e come si è arrivati a questa Costituzione, con la comparazione tra questo testo e il precedente, del 1971, con le riforme fatte in alcuni anni successivi. In realtà ho notato che se si legge il testo ultimo della Costituzione c'è tutta una serie di garanzie individuali molto marcate. Però, nello stesso tempo, bisogna dire che alcuni articoli ribadiscono che comunque le norme devono essere conformi alla Shari'ah. E, in effetti, è un'apertura nel senso che i principi fondamentali enunciati nel preambolo – gli undici principi che dicono che il regime politico è di tipo democratico, che lo stato è uno stato di diritto, che la Costituzione dichiara la libertà come un diritto, ecc. – sono principi più che condivisibili, però altri principi, poi, in qualche modo, intaccano queste premesse.
I punti fondamentali, critici – sottolineati non solo da me ma da chi ha letto questi testi – riguardano l'uguaglianza dei diritti. La rivoluzione che hanno fatto doveva portare all'uguaglianza dei diritti uomo-donna e di quelli per musulmani e non musulmani. Questo doveva essere l'esito. E invece quale è stato? La donna continua ad essere trattata come moglie – una moglie che può anche lavorare, e ha dei diritti suoi, diversi rispetto a quelli dell'uomo – e per quanto riguarda la fonte del diritto, essa è unica, ed è la Shari'ah, e quindi si dovrebbe il diritto islamico.
Per ciò che riguarda la libertà religiosa, in effetti questa Costituzione la garantisce per musulmani e per cristiani ed ebrei, e non prevede altre confessioni: per i musulmani c'è libertà piena, per cristiani ed ebrei invece c'è il vecchio sistema dello Statuto personale; un “vecchio sistema” perché questo è un classico del mondo islamico, da sempre: chi non è musulmano ha uno Statuto personale ed è qui richiamato esplicitamente. Ebrei e cristiani avranno una loro legge di Statuto personale – e le autorità religiose che regolamentano l'attività religiosa – e hanno limitata libertà di culto: non possono fare propaganda, ecc. Quindi è rimasta questa limitazione, questa divisione tra musulmani e non musulmani, con l'aggravante che nel presente testo sono presenti solo cristiani ed ebrei, e non altre confessioni.
Da una parte questa Costituzione non mi sembra molto arretrata. Ci sono questi elementi di disuguaglianza che emergono in modo evidente e c'è un altro elemento che qui compare e non c'era nella precedente Costituzione. L'Università di al-Azhar, o Moschea di al-Azhar, ha un ruolo costituzionale che prima non aveva e che è richiamato nell'Articolo 4. E questo perché, essendo un centro sunnita di livello mondiale, in qualche modo è garante della “islamicità” della legislazione: l'articolo infatti dice che, quando si tratta di applicare le norme, nelle questioni relative alla Shari'ah, l'Università deve essere consultata. Questi sono i limiti. Vedo un'apertura su alcuni valori, un riferimento all'Islam molto marcato, e ciò che politicamente, secondo me, è più rilevante, è il ruolo del Presidente della Repubblica che praticamente ha potere di Governo che è fondamentale. Il Governo sostanzialmente segue e deve applicare le direttive del Presidente della Repubblica e non solo: l'Articolo 141 dice che sono solo del Presidente i poteri relativi alla difesa, alla sicurezza nazionale e alla politica estera, un monopolio in questi tre campi che come si capisce sono fondamentali. Penso, quindi, che le opposizioni abbiano sollevato obiezioni sia per la mancata applicazione dei principi di uguaglianza e di libertà religiosa, sia anche politicamente per questo potere del Presidente della Repubblica che a me sembra eccessivo, esorbitante. Insomma, va letta nella sua globalità la Costituzione: non tutto è negativo ma ci sono elementi critici, sottolineati un po' da tutti e dall'opposizione soprattutto.

Un'ultima domanda. Il suo legame con l'Ateneo?

Il mio legame con l'Orientale? Io sono integrato all'Orientale! Sono nato all'Orientale e sono rimasto sempre all'Orientale: praticamente lo sento come mio. Sono arrivato come studente nel 1970, mi sono laureato nell'ottobre del 1974 e in seguito ho incominciato ad insegnare arabo – quelle che allora si chiamavano esercitazioni – e sono stato assistente incaricato, ricercatore, associato e poi ordinario: la mia vita è stata tutta qui. Ecco. Mi sento parte assoluta dell'Orientale. Una cosa che ho sempre sentito, in realtà.

Azzurra Mancini - Direttore: Alberto Manco

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