È partita la rassegna cinematografica “Riflessi di Asia”: intervista a Giacomella Orofino
È partita la rassegna cinematografica “Riflessi di Asia”: intervista a Giacomella Orofino
“L’Orientale è l'unica università italiana dove si studiano lingue come il tibetano, il sanscrito...”
Professoressa Orofino, ci parla di “Riflessi di Asia”, la rassegna cinematografica promossa dal Dottorato in Asia Orientale e Meridionale in collaborazione con il Centro Studi sul Buddhismo?
La rassegna è partita il 6 marzo al cinema Modernissimo di Napoli ed è organizzata da una nostra assegnista di ricerca, Mara Matta. È una rassegna aperta a tutti gli studenti dell’Orientale, gratuita su esibizione del libretto, e chiaramente aperta a tutti coloro che sono interessati a partecipare. Speriamo che ci sia un po’ di rilievo a Napoli per questi film, molto interessanti soprattutto per il taglio che noi abbiamo dato alla rassegna, quello delle identità asiatiche: avremo infatti film giapponesi, coreani, cinesi e ci sarà anche un film tibetano inedito.
Cosa si vuole richiamare con il titolo “Riflessi di Asia”?
Il fatto che con la rassegna, legata a un ciclo di conferenze, vogliamo parlare delle identità, un tema importantissimo in questo momento dal punto di vista degli studi e anche molto attuale.
Qual è il filone tematico della rassegna e quali ne sono gli obiettivi?
L’analisi geopolitica o anche quella di tipo conoscitivo delle varie etnie dell’Asia in questo momento è uno dei nostri temi di ricerca e di studio. Ad ogni modo si tratta di temi che riguardano da vicino la nostra società contemporanea in cui continuamente si assiste all’emergere di conflitti etnici. Secondo me in questo momento è molto importante trattare l’argomento.
Come si intersecano le tematiche del Dottorato in Asia Orientale e Meridionale da lei presieduto con quelle invece proposte dal Centro Studi sul Buddhismo?
Noi abbiamo sempre lavorato insieme, il Dottorato e il Centro: molto spesso le conferenze del Dottorato sono in realtà poi fatte in collaborazione con il Centro perché i temi li riguardano entrambi. Penso per esempio alle tematiche legate alla questione dell’identità religiosa. Poi tra l’altro le conferenze che ci sono in programma saranno incrementate da altre conferenze di tipo storico-religioso e quindi molto legate ai temi che interessano il Centro Studi sul Buddhismo. Contestualmente, abbiamo notato che la costruzione teorica è qualcosa su cui dobbiamo lavorare di più per formare meglio i nostri studenti.
Come è nato il Centro e che tipo di riscontro ha avuto in particolare da parte dei più giovani?
Noi abbiamo fondato il Centro Studi sul Buddhismo ormai dieci anni fa perché all’Orientale ci sono tante competenze eccellenti sul Buddhismo: docenti e filosofi che poi purtroppo sono andati via o alcuni sono proprio scomparsi erano tra i più importanti sulla scena italiana. Penso ad esempio a Maurizio Taddei, che ha studiato moltissimo l’arte greco-buddhista, a Nino forte, grande studioso di Buddhismo cinese, a Gianni Verardi, anch’egli grande studioso di Buddhismo. Il Centro comunque resta qualcosa di unico nel panorama italiano: vorrei ricordare che l’Orientale è l’unica università italiana dove si studiano lingue come il tibetano, il sanscrito. Gli studenti quindi partecipano moltissimo: ad esempio la mia classe di Civiltà e religioni indotibetane è molto affollata.
Quali sono le attività promosse dal Centro?
Organizziamo molte conferenze e seminari, tra l’altro siamo collegati con la SOAS School of Oriental and African Studies dell’Università di Londra e con l’Università di Vienna. In base alle conferenze abbiamo poi molte pubblicazioni: due anni fa, per esempio, abbiamo organizzato un convegno su “Buddhismo e psicanalisi” e abbiamo poi pubblicato gli Atti in “Buddhismo e letteratura Occidentale”. Adesso stiamo cominciando a pensare al tema “Buddhismo ed ecologia”. Insomma cerchiamo di promuovere questo ambito di ricerca! Abbiamo tra l’altro delle pubblicazioni anche di livello internazionale, per esempio di “Buddhist Asia” abbiamo il primo e il secondo volume e adesso stiamo per pubblicare il terzo volume. Insomma cerchiamo nel nostro piccolo di continuare la tradizione del Centro.
Crede che la conoscenza di culture così lontane sia oggi adeguata o comunque sufficientemente sollecitata?
Io penso che Napoli sia una città notevole da questo punto di vista: è molto aperta, è una città sicuramente multietnica. L’Orientale poi da sempre dà delle risposte davvero molto importanti e serie in questo senso.
Francesca De Rosa - Direttore: Alberto Manco
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