Identità in dialogo. All'Orientale un convegno del CIRB

 

Identità in dialogo. All'Orientale un convegno del CIRB

Il convegno nasce come iniziativa del Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica campano e si riallaccia a una riflessione portata avanti in continuità con il lavoro avviato da Vanna Gessa, scomparsa lo scorso anno

Il programma del convegno è ricco e presenta una rosa di nomi diversificata. Parlare d’identità significa insistere sulle differenze che la globalizzazione non ha cancellato, ma ha portato sulla scena con la conseguenza di una spersonalizzazione crescente. “Un paradosso definito con categorie allarmanti come identità liquide, vite di scarto, solo per citare uno dei sociologi più famosi come Baumann. Si è arrivati addirittura a portare al centro della riflessione il tema della vita, sottolineando come la progressiva riduzione degli individui alla 'nuda vita' determinata nella post-modernità, comporti il rischio di un’inversione delle stesse leggi della sopravvivenza umana”, spiega al nostro Web Magazine la professoressa Rossella Bonito Oliva, ordinario di Filosofia morale.

Che aggiunge: “Siamo animali non solo più pericolosi, ma anche, e questo è il dato nuovo, meno capaci di difendere le condizioni per una buona vita. Una volta che è stato dissolto il senso del comune con un progressivo allontanamento reciproco, possiamo dirci uguali solo nelle potenzialità di consumatori, in un orizzonte in cui la forbice tra ricchezza e povertà, paesi produttori e paesi derubati delle loro risorse interne si allarga sempre di più”.

Ma è davvero possibile abbandonare la questione dell’identità come antiquata, dire che la condizione umana scivola progressivamente verso la catastrofe antropologica proprio nel momento in cui ogni cosa sembra a portata di mano e ognuno sembra messo in condizione di accedere alla ricchezza e alla scena pubblica? Risolvere il problema mette in campo ancora una volta un termine economico: quale è il prezzo di questa nuova condizione, quali sono i margini di scambio e di reciprocità?

Il convegno intende rispondere a domande come queste, facendo dialogare prospettive diverse – giuridica, filosofica, antropologica, filosofica, geografca – nella consapevolezza che il problema non si risolve soltanto accostando voci differenti, ma creando focus di osservazione diversificati vista la distanza tra lo spazio pubblico, la scena e quanto da essa viene emarginato.

“Nella radicale trasformazione moderna della distinzione tra pubblico e privato, non ne ha guadagnato il fattore comune, ma quello privato con il dilagare dell’egoismo, dell’indifferenza rafforzati dalla resistenza alle ragioni dell’Altro visto come minaccia”, continua R. Bonito Oliva, che ricorda la formula di un convegno aperto anche ai ricercatori più giovani sin dalla rosa dei nomi dei relatori. “La questione dell’identità si affronta in questo convegno nella ricerca di tracce e di metodologie capaci di far emergere quanto rimane quasi occultato, latente nell’universo dell’omologazione. La cura, l’accoglienza, le migrazioni, la cittadinanza sono i focus di discussione affidati in particolare a studiosi, ma soprattutto a giovani ricercatori per fare in modo che alle competenze si affianchino ricerche in corso e curiosità attive per dare spazio a voci e non a teorie talvolta astratte e ideologiche. Questo stile di lavoro vuole mettere fuori gioco anche uno sterile confronto di modelli - interculturale, multiculturale - per riportare in primo piano la questione che potrebbe dirsi chiusa soltanto se si potessero azzerare tutte le voci del mondo”.

Differenze di culture disegnano differenze di dialogo e non solo problemi di comunicazione, se solo si assume il fatto che la religione, le usanze, la lingua stessa non sono 'luoghi' ma momenti in cui le identità si costruiscono nello spazio comune. La perdita del comune comporta sempre un rischio per l’identità come la spersonalizzazione riduce lo spazio pubblico a un’arena di conflitto. È nel solco di questi interrogativi che si muove il convegno.

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