L’Altro: ospite o nemico?

 

L’Altro: ospite o nemico?

Parte, nella sede di Palazzo Giusso, il Ciclo di seminari a cura di Maria Donzelli

Napoli, L’Orientale, 25 ottobre 2011. La professoressa Maria Donzelli, docente di Storia della filosofia e Teoria della comunicazione interculturale presso il nostro Ateneo, introduce il primo incontro del Ciclo “L’Altro: ospite o nemico?”, già tenuto lo scorso anno su iniziativa del Centro di Studi sulle Culture del Mediterraneo e ora ripresentato alla luce degli eventi che, dal gennaio del 2010, hanno caratterizzato lo scoppio della “Primavera araba”.

La professoressa spiega come, a seguito dell’ottimo esito del Ciclo precedente, l’intento di riproporlo collimi con la precisa intenzione di ascoltare le testimonianze di studiosi e colleghi che, vivendo in prima persona il clima complesso dei Paesi nordafricani teatro dei recenti conflitti politici, rendono perfettamente la difficoltà di realizzare l’incontro con l’Altro e di avviarsi verso un difficile sentiero democratico. Eppure – spiega la Donzelli – l’interculturalità è da cercare nelle proprie stesse radici, nella propria identità prima ancora che nell’Altro: nessuna cultura è unica, ma intrinsecamente ibrida e crogiolo di mescolanze e differenze. Presenta, così, il primo relatore del Ciclo di incontri, Sameh El-Tantawy , dottorando egiziano in cotutela tra L’Orientale e l’Università Helwan del Cairo, quasi al termine del suo percorso di ricerca inter-linguistico e inter-culturale.

Direttamente coinvolto nelle vicende che hanno scosso l’Egitto nell’ultimo periodo, il dottor El-Tantawy spiega innanzitutto le difficoltà del suo Paese durante l’oltre trentennale regime di Mubarak: corruzione politica e culturale, incolmabile abisso tra ceti abbienti e classi povere, conseguente mancanza di una classe media, discriminazioni di genere perpetrate contro le donne, stretto controllo non solo all’interno dei confini egiziani, ma anche all’estero, dove il regime dittatoriale estendeva il suo controllo dispotico. La rivoluzione – spiega Sameh – è stata il frutto di un fermento lungo e crescente, di un’indignazione scoppiata in rivolta in un Paese in cui un professore universitario non guadagnava più di mille pound, il corrispettivo di centocinquanta euro. Ma il problema è anche e soprattutto il post-Mubarak, come ricostruire un Paese all’insegna di una democrazia mai conosciuta e mai vissuta, come combattere gli elementi residuali di un regime che, dopo decenni, non si esaurisce in un attimo con la sola rivoluzione. A questo proposito, il dottor El-Tantawy ricorda come uno dei disagi più gravi nell’attualità del suo Paese risieda proprio nella difficoltà di conciliare le istanze liberali di alcuni partiti politici con quelle conservatrici dei Musulmani: una percentuale elevata, quella islamica, che non può di certo essere esclusa dalle logiche governative ma piuttosto inclusa purché si disponga nell’ottica di un’illuminata apertura.

È ottimistica la visione del dottor El-Tantawy, il che è estremamente significativo, specie nel suo affidarsi al potere della parola poetica e letteraria: scrittori quali Ala Al Aswani (autore de La rivoluzione egiziana e Il Palazzo), poeti come il professor Hassan Teleb (anch’egli tra i prossimi relatori del Ciclo), musicisti e cantanti rap, hanno giocato e continueranno a giocare un ruolo determinante nell’esprimere la voce della rivoluzione e dell’anelito alla libertà. Questa è la chiave, tradurre in parole, nel coraggio di parlare senza paura – e le forme artistiche sono canali di comunicazioni particolarmente persuasivi – la repressione e il sacrificio delle identità finora perpetrato; ma nulla ha senso se non alla luce di una volontaria e consapevole apertura all’alterità: solo se l’Altro, all’interno come all’esterno dei propri confini, diventa ospite anziché nemico, possono nascere i presupposti per instaurare una relazione che tragga il meglio dalla convivenza delle pluralità e delle differenze. Così conclude Sameh con ottimismo e speranza: “Per me l’Italia è sempre stata un sogno: mi auguro che tra non molto l’Egitto sarà lo stesso per gli Italiani.”

Luisa Lupoli

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