L’azione rivoluzionaria della parola poetica nelle culture mediterranee
L’azione rivoluzionaria della parola poetica nelle culture mediterranee
“Il poeta è un ribelle, l’eroe solitario, un individuo senza seguaci. Non provoca le rivoluzioni, ma le prepara” (Oriana Fallaci)
16 novembre 2011 – Fascinazione: era questa la sensazione che ancora aleggiava nell’aula al termine del quinto incontro del Laboratorio "L'Altro: ospite o nemico? Testimonianze dal Mediterraneo in lotta", costruito tassello dopo tassello dal Centro di Studi sulle Culture del Mediterraneo, di cui la professoressa Maria Donzelli è Presidente. Rita Felerico, poetessa e collaboratrice alla cattedra di Storia della Filosofia, oltre che counselor filosofico, è riuscita a mantenere alta l’attenzione degli studenti, con una presentazione che si è rivelata suggestiva sia per il tema trattato – l’azione rivoluzionaria della parola poetica nelle culture del mediterraneo – sia per gli input dei supporti audio e video lanciati in incalzante successione. Una carrellata delle più grandi personalità poetiche di ogni epoca e di tutte le sponde del Mare nostrum, si è susseguita, incorniciata dai loro versi, con un ritmo che non lasciava tregua: all’improvviso e inconsapevolmente ci si è ritrovati sotto l’assedio di poeti-eroi dell’Occidente come Dante, Neruda, Montale, Amelia Rosselli, Saffo, Leopardi e Danilo Dolci; e quand’è sembrato di poter riprendere fiato e allontanarsi da quel mondo, si è finiti invece con l’essere trascinati nel mondo che ha fatto dello strumento poetico la sua arte dominante. Il mondo che la Poesia, umanizzata, sembrerebbe aver scelto come propria patria… quello arabo. Ci si è ritrovati a vagare in mezzo al deserto preislamico assieme ai nomadi, che non avevano altro a cui poter affidare la propria memoria collettiva e che non avrebbero mai cercato altro modo per esprimere i propri sentimenti, come Urwa che nella seconda metà del sesto secolo ingiungeva “non vivere se non da uomo libero: ti sazierai di vita o morirai”. La loro eco si è sparsa fra la sabbie e le dune ed ha attraversato i secoli, fino ad oggi. L’ha ascoltata il siriano Adonis che si definisce un poeta impegnato nel campo della responsabilità umana, più che politicamente, e che è stato ed è tuttora voce d’opposizione al regime. E con lui Bennìs, per il quale la poesia non ammette frontiere chiuse e non obbedisce agli interessi: il Mediterraneo è la sua casa aperta, senza muri né porte. E ancora l’egiziana Nawar al-Sadawi, che piazza Tahrir piena di rabbia e dignità l’ha sognata per un’intera vita, passata per buona parte in carcere, e per la quale “niente è più pericoloso della verità in un mondo che mente”. E Tahar Ben Jelloun che ha visto gli strascichi della primavera araba arrivare fino in Cina; una Cina che ha paura. Ed anche l’Europa dovrebbe averne un po’, perché la rivoluzione è come un fiore che nasce ed espande il suo profumo. Un fiore che ha tanti altri petali. Quello della musica, ad esempio, con il linguaggio hip hop senza peli sulla lingua di El General (pseudonimo di Ben Hamour) e di Deb. O quello del Darg Team che ha dedicato una canzone al nostro Vittorio Arrigoni. Ma ci sono anche i quadri: Faoz Maaouia ha dipinto tele forti e dai colori esplodenti, che sembrano quasi essere stati scelti dal destino; lo stesso che “dovrà fare strada al popolo, se un giorno vorrà vivere”, per parafrasare un po’ i versi di Abu’l Qasim Al-Shabbi ripresi dalla popolazione tunisina durante i giorni dei gelsomini. Quel giorno pare arrivato eccome. Non c’è poesia senza rivoluzione e non c’è rivoluzione senza poesia, specchio del farsi e disfarsi della società. La rivolta di piazza non sarebbe sufficiente, senza un processo di rivoltamento della propria visione del mondo; di un cambiamento di mentalità, che non sia però sradicato dalla propria storia. In ogni poesia esiste il “midollo del leone” di Alfredo Raichi, nutrimento per una morale vigorosa. “Il poeta è un ribelle, l’eroe solitario, un individuo senza seguaci. Non provoca le rivoluzioni, ma le prepara”, ha scritto Oriana Fallaci. “Il Poeta è indispensabile”, ha detto Rita Felerico, che ha deciso di concludere la sua lezione con l’appello di Roberto Benigni “Innamoratevi!”, ricordando che per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto.
Annamaria Bianco
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Non farti cadere le braccia - Edoardo Bennato