Ripensare le Digital Humanities: se ne parla con Federica Frabetti
Ripensare le Digital Humanities: se ne parla con Federica Frabetti
Il 6 dicembre il CAD, in collaborazione con il Dottorato in Studi Culturali e Postcoloniali del Mondo Anglofono, ha ospitato Federica Frabetti della Oxford Brookes University.
"Ripensare le Digital Humanities nell’università globale” è il titolo dell’intervento proposto da Federica Frabetti, esperta di Media Theory, Cultural Studies, New Media e Gender Studies. Ad aprire l’incontro, Serena Guarracino, docente all’Orientale nonché membro del comitato scientifico e organizzativo del Centro, che ha introdotto l’ospite nel quadro della tematica proposta per la giornata. Con alle spalle un formazione da classicista e una lunga esperienza come programmatrice di software, Frabetti ha proposto una puntuale analisi delle Digital Humanities innanzitutto soffermandosi sui cambiamenti che negli ultimi anni hanno interessato l’università: in equilibrio tra una forte internazionalizzazione che coinvolge docenti e studenti e una gestione che è invece assolutamente nazionale, ciò che caratterizza maggiormente l’università di oggi è il progressivo processo di privatizzazione. Si tratta quindi di immaginare l’università – senza andare troppo in là con la fantasia – come un vero e proprio ente commerciale, identificando dunque il sapere come un mero prodotto da quantificare. Ma come si inseriscono le Humanities, che per loro stessa natura dovrebbero sottrarsi a questo tipo di discorso, in questo contesto? Attraverso la tecnologia, che notoriamente svolge un ruolo fondamentale in tutto ciò che concerne la commercializzazione, e quindi tramite l’applicazione di metodologie proprie dell’informatica in quelle analisi prodotte nell’ambito delle discipline umanistiche. A partire dalle riflessioni proposte dal filosofo francese Bernard Stiegler l’esperta si è interrogata su cosa la tecnologia può offrire alle Humanities e viceversa su cosa le Humanities possono offrire al digitale, suscitando un acceso dibattito tra le studentesse intervenute: Frabetti “ripensa” dunque alle Digital Humanities a partire dalle loro relazioni, non per forza definibili, da mantenere aperte al fine di permettere un dialogo continuo tra le due discipline, riconsiderando la tecnologia come un elemento da sempre costitutivo dell’essere umano. Se la tecnologia dunque influenza il nostro modo di pensare, il nostro modo di essere, va accettata dalle Humanities nella misura in cui viene messa in discussione: il digitale non può essere inteso come l’ancora di salvezza delle discipline umanistiche anche se, e forse proprio per questo, è alla base di quel processo di commercializzazione che sempre più sta interessando la conoscenza.
Francesca De Rosa - Direttore: Alberto Manco
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