Il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo dopo la primavera araba

 

Il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo dopo la primavera araba

La carovana della liberazione a Tunisi

A due anni dai tumulti della primavera araba l'Università degli studi di Napoli L'Orientale ha organizzato una conferenza con Maurizio Massari, inviato speciale del Ministro degli Esteri per i Paesi del Mediterraneo e le primavere arabe

 

L'Orientale 03 dicembre 2012 - Nell'aula Matteo Ripa di Palazzo Giusso si è svolta una conferenza con il Plenipotenziario nominato dalla Farnesina per discutere del ruolo dell'Italia in Medio Oriente a due anni dalla primavera araba, organizzata nell'ambito del Corso di laurea magistrale in "Relazioni e Istituzioni dell'Asia e dell'Africa", con la collaborazione del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali e del Dipartimento Asia Africa Mediterraneo. Ad accogliere il Ministro i saluti della professoressa Maria Cristina Ercolessi e del prorettore Giuseppe Cataldi, il quale ha sottolineato il ruolo che la ormai ex Facoltà di Scienze politiche ha svolto nella formazione critica dei suoi studenti, grazie anche a numerose iniziative come quella di oggi.

Massari, laureato all'Orientale, ha parlato di primavere arabe, date le differenze che hanno caratterizzato le varie rivolte, riflesso delle specificità politiche, economiche, culturali e sociali dei vari paesi coinvolti, soffermandosi su alcuni casi particolari: Tunisia, Libia, Siria ed Egitto.

Se la genesi e lo sviluppo delle rivolte hanno assunto caratteri diversi, lo stesso si può dire dei processi di transizione democratica che presentano prospettive più rosee quando vi è una popolazione contenuta, omogenea, alfabetizzata, come nel caso della Tunisia, che comunque si trova ad affrontare seri problemi come ad esempio gli scontri di natura socio economica tra la popolazione e il governo e gli attacchi della minoranza salafita. Di particolare rilevanza per gli equilibri della regione è la situazione siriana, dove ancora si aspetta la caduta del regime. Quali che siano le differenze, ci sono delle sfide comuni che questi stati devono affrontare; la restaurazione di una buona governance per combattere la mancanza di rappresentatività, la corruzione, le ingiustizie sociali; la gestione del rapporto tra religione e stato e l'inclusività, cioè come attirare nel processo di transizione tutte le componenti sociali: le minoranze così come gli esponenti dei vecchi regimi.

Per quanto riguarda l'Italia, essa ha un interesse strategico prioritario in questa area, non solo per i flussi migratori e per i pericoli rappresentati dal proliferare delle armi e del terrorismo, ma anche per il rifornimento energetico e per l'occupazione. Ed è anche per questi motivi che l'Italia è molto impegnata nella zona, aderendo ai programmi di partenariato proposti dall'Unione Europea che vengono intensificati proporzionalmente allo sviluppo democratico di queste zone. L'Italia gode di un capitale importante di soft power in quest'area, ha continuato Massari, ma perché sia possibile tradurlo in hard power, in influenza politica, c'è bisogno di un'attenzione costante della classe politica, del coordinamento degli sforzi dei vari attori e di maggiori fondi, che sono in costante declino da anni.

L'intervento è stato seguito da un animato dibattito durante il quale Massari ha risposto a domande di studenti e professori presenti che hanno spaziato dal ruolo dell'Italia nel garantire i diritti umani al cambiamento nelle priorità della politica estera italiana causato dalla primavera araba, fino alla questione israelo-palestinese.


 

Luisa Mucci - Direttore: Alberto Manco

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