La crisi missilistica di Cuba: ne parliamo con Piero Gleijeses

 

La crisi missilistica di Cuba: ne parliamo con Piero Gleijeses

Pietro Gleijeses

Intervista con Piero Gleijeses, docente di Politica estera americana alla Johns Hopkins University

Professor Gleijeses, lei è uno storico della politica estera americana. Quale è la sua opinione riguardo all'atteggiamento di J.F. Kennedy durante la crisi dei missili di Cuba?

Per me Kennedy è il responsabile della crisi dei missili perchè la sua politica scatenata e violenta è stata non l'unica causa ma un motivo principale del perché i missili siano stati messi a Cuba.

Secondo lei J.F. Kennedy fu influenzato nella gestione della crisi dal suo team di collaboratori? E in che maniera?

Fino ad un certo punto. A dire la verità Kennedy maneggiò abbastanza bene la crisi, prendeva le decisioni in maniera autonoma.

Ci furono interferenze da parte del congresso americano?

No, non ebbe nessun valore importante.

Secondo lei l'atteggiamento “intimidatorio” di Nikita Khrushchev, nel momento in cui puntava i missili sull'America, mirava esclusivamente ad espandere il potere politico dell' URSS sull'Europa?

Credo che Khrushchev non avesse niente a che fare con l'Europa. Gli stessi analisti del governo americano riconobbero che la sua decisione era stata adottata per proteggere Cuba poiché, come hanno detto McNamara e molti altri funzionari, era normale (per chiunque vedesse l'atteggiamento Americano nel '62 e il pazzesco dibattito interno negli Stati Uniti) aspettarsi un'invasione Americana di Cuba. Fu quindi una misura difensiva completamente e totalmente giustificata.

Lei è stato premiato con la Medaglia dell'Amicizia nel 2003 all'iniziativa dell'Istituto Cubano dell'Amicizia con i Popoli. Ci può parlare di questo progetto?

Ho vinto un premio grazie al mio libro Conflitting Missions, Havana Washington and Africa, 1959-1976.

Il libro riguarda il coinvolgimento di Cuba nella decolonizzazione dell'Africa. Ci può brevemente esporre per quale motivo Cuba ha avuto un ruolo importante in Angola?

Kissinger ce lo spiega benissimo. In un suo libro di memorie ha scritto che in quel periodo, nel '65, Cuba mandò dei soldati in Angola come proxy, come agenti dell'Unione Sovietica. L'evidenza era talmente forte che ha dovuto riconoscere che al contrario furono i cubani che presero l'iniziativa e misero l'Unione Sovietica davanti al fatto compiuto. Kissinger si pose un interrogativo: “Perchè Fidel Castro, detto in termini di real politic, andò contro l'interesse del governo cubano?”. La sua risposta fu che Fidel Castro era un leader rivoluzionario, il più genuino che esistesse nel mondo in quel momento e il mio pensiero coincide con quello di Kissinger.

Che senso ha oggi, a distanza di 50 anni, la giornata attuale?

Quello di cui trattiamo fu un momento molto critico della guerra fredda, quindi mi sembra che sia stata un'ottima iniziativa quella di organizzare un convegno su questo tema: è molto importante che la gente si ricordi del passato.

Secondo la sua opinione, quali sono le conseguenze di questo evento sulla politica internazionale?

È difficile dirlo. Prendiamo in considerazione la politica internazionale nella relazione fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Prima di tutto c'è stata una leggera distensione fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica dopo questa tremenda crisi. D'altro canto magari l'aggressività e il senso del potere degli Stati Uniti è aumentato a causa della crisi dei missili. Potremmo argomentare dicendo che magari senza quest'ultima sarebbe stato probabilmente più difficile immettersi in altri problemi, come il Vietnam per esempio.

Interviste realizzate da Rossella Natale - Direttore: Alberto Manco

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