Alberto Bernabè e l’Orfismo

 

Alberto Bernabè e l’Orfismo

Laminetta Orfica

Alberto Bernabè, filologo spagnolo e docente presso l’Università Complutense di Madrid, ha tenuto una lezione sul Tiaso degli eletti. L’Ade orfico come utopia

Aula delle Mura Greche, 29 marzo 2011. Alberto Bernabè, filologo spagnolo e docente presso l’Università Complutense di Madrid, ha tenuto una lezione sul Tiaso degli eletti. L’Ade orfico come utopia. Massimo esperto mondiale sulla religione misterica degli orfici, Bernabè ha delineato, attraverso una puntuale citazione di fonti antiche, i tratti caratteristici dell’orfismo.

La religione orfica affonda le sue radici nella Grecia del VI secolo a. C., presentando una visione dell’aldilà completamente nuova rispetto alla religione tradizionale. Gli orfici sono una élite di iniziati che ricevono da Orfeo le istruzioni per ottenere dei privilegi nella vita dopo la morte. Bernabè ha utilizzato più volte la categoria concettuale di utopia, precisando tuttavia che l’utopia, in generale, si presenta sempre come un esercizio di immaginazione che prospetta un’idea di comunità che non è situata in nessun luogo. L’utopia orfica, invece, si offre come altra realtà a cui gli iniziati possono accedere dopo la morte. Non si tratta di un mondo irreale, ma di un mondo così reale da essere considerato l’unico vero: ciò che c’è dopo la morte è la vera vita, mentre la vita è considerata morte. A questa vera vita hanno accesso soltanto coloro che seguono le regole orfiche, conseguendo così una liberazione assoluta da qualsiasi dipendenza. Tutto ciò significa, come recita una fonte, che l’iniziato è libero dal castigo (il che significa, quindi, che la moltitudine dei non iniziati è destinata a una condanna).
Uno degli aspetti su cui Bernabè si è soffermato riguarda il fatto che si allude sempre al destino di un gruppo che ha partecipato agli stessi riti. Non c’è felicità nell’aldilà se non in funzione di un gruppo di iniziati, che è tale a partire dalla purezza che li caratterizza: sono tutti un’unica cosa perché tutti sono puri.

Alla fine della lezione si è aperta un’ampia discussione in cui sono intervenuti le proff. Giuliana Scalera (Storia delle religioni), Amneris Roselli, Preside della Facoltà di Lettere, e Marisa Tortorelli (della Federico II). Anche gli studenti, stimolati da un argomento poco conosciuto, hanno posto a Bernabè una serie di domande soprattutto sul senso in cui gli orfici intendevano l’anima. Bernabè ha spiegato che essa aveva un’apparenza corporea: infatti secondo le credenze orfiche, quando si andava nell’aldilà si aveva bisogno dei piedi per camminare e degli occhi per leggere le istruzioni scritte sulle laminette.

Aniello FIoccola

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