Andrea Leta: laurea all'Orientale, lavoro in Andalusia
Andrea Leta: laurea all'Orientale, lavoro in Andalusia
La laurea all'Orientale è stato un ottimo biglietto da visita, e non solo in campo nazionale. A Marbella ho fondato una mia Compagnia
Dottor Leta, lei è nato a Ragusa, in Sicilia. Come mai si è iscritto all'Orientale? Come ne conosceva l'esistenza?
"Mi sono iscritto all’Orientale perché cercavo un Ateneo che avesse in sé il rispetto per il diverso, un Ateneo che mi permettesse di studiare e approfondire le altre culture e di potermi esprimere al meglio. Ho scelto L’Orientale, perché ne conoscevo la fama e perché mi incuriosiva la mia reazione agli usi e i costumi di Napoli, città che non amo ma che rispetto. Sì, sono nato a Ragusa, città del profondo Sud, ed essendo siciliano, il mio background è un puzzle di culture, data la storia che ha caratterizzato la mia Sicilia. Forse anche per questa ragione ho scelto L’Orientale."
Che cosa ricorda della sua esperienza universitaria nel nostro Ateneo? Che cosa valuta, in modo particolare, come positivo?
"Ho bei ricordi: i miei colleghi di corso, i professori con i quali sono cresciuto e maturato, le passeggiate da un palazzo a un altro per seguire le lezioni, gli esami con alcuni episodi simpatici e la mensa, dove se non arrivavi tra le 12 e le l3, significava, inequivocabilmente, che eri destinato a consumare in piedi. Non ho ricordi negativi. Sinceramente sono stati 5 anni 'ricchi' e soddisfacenti."
Ha notato differenze rispetto alla stile dell’Università di Roma, alla quale – se non sbaglio – si era iscritto in un primo momento?
"Ricorda bene. Mi iscrissi alla Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza. Certamente fu un errore, e per due semplici ragioni: evidentemente non ero ancora 'maturo' per gli studi universitari, dato che ero ancora impegnato agonisticamente con la pallacanestro; e soprattutto – altro problema – alla Sapienza sei un semplice numero. Ricordo che dovevi prendere appuntamento una decina di giorni prima, per essere ricevuto dai professori, che molto spesso erano sottosegretari o vice ministri, e quindi molto impegnati… Ben diverso il clima a L’Orientale."
A quale Corso di laurea si è immatricolato, e poi laureato, all’Orientale?
"Al Corso di laurea in Lingue culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo, un corso che era, in quel momento, un’autentica novità. Il Corso aveva tre indirizzi, e tra questi scelsi il socio-economico-istituzionale, che offriva la possibilità di unire alla buona formazione linguistica anche un’adeguata preparazione sulle realtà statali e sull’economia del bacino del Mediterraneo. In quanto alle lingue da studiare, scelsi l’arabo e lo spagnolo. Mi sono laureato nel 2006."
Su quale tema ha fatto la tesi?Con quale professore? L'argomento le fu suggerito o fu una sua scelta personale?
"Penso che la tesi di laurea sia il grande dilemma dei laureandi. Se non hai le idee chiare, rischi di perderti, anche perché arrivi alla fine del tuo viaggio accademico e vuoi dare il meglio di te e, invece, a volte ci si perde. Io non volevo assolutamente fare pessime figure, dato che come relatore avevo la professoressa Lida Viganoni. Mi ricordo che dopo l’ultimo esame, avevo già in mente tre possibili argomenti di tesi, ma poi grazie alle valutazioni e ai consigli della professoressa Eugenia Ferragina, optammo per una tesi sullo sviluppo economico della Libia, e sull’apporto dato dal petrolio, che è la sua risorsa principale. In questo momento, direi che è un argomento di assoluta attualità! Trascorsi un mese tra Tripoli e Benghasi per le mie ricerche, mese in cui pensai, sinceramente, di essermi fermato nel tempo. Ma questa è un’altra storia."
Ritiene che l'Orientale abbia contribuito a darle un senso di apertura al mondo, alle culture, alla ricchezza della nostra umanità?
"Sicuramente ha rafforzato questa mia vocazione, che credo sia innata in me. Ho sempre avuto curiosità per il mondo e per ciò che ci circonda. Credo di essere una persona senza confini, e l’atmosfera dell’Ateneo ha positivamente rafforzato questa mia disponibilità, che in fondo ritengo… una dote."
Dire che si è laureato all’Orientale le è stato d’aiuto nelle sue esperienze di lavoro?
"Sicuramente è stato un ottimo biglietto da visita, e non solo in campo nazionale. Dato che per motivi di lavoro mi sono spesso recato all’estero, posso confermare che il nostro Ateneo è molto conosciuto."
Haconservato rapporti con alcuni suoi colleghi di studio? Se sì, con chi mantiene ancora aperto un dialogo nonostante la lontananza?
"Sì, mantengo i contatti con molti dei miei colleghi dell’epoca universitaria. Ho la fortuna di vivere in un’epoca che, grazie alle nuove scoperte tecnologiche (mi riferisco ai tanto chiaccherati social network), ci permette di essere più vicini e magari di condividere le nostre passate e presenti esperienze. Esperienze che molte volte ci riportano agli anni universitari, che poi, sono quelli che ricordiamo con maggiore nostalgia."
Vive in Spagna. Come mai? In quale città? È una scelta fatta perché lì ha trovato lavoro o perché ama la cultura spagnola e le tumultuose innovazioni che si sono susseguite in Spagna negli ultimi anni?
"Sì, per lavoro. Vivo in Spagna, precisamente a Marbella (città piuttosto internazionale, in Andalusia). Lo studio di consulenza economica internazionale svizzero, per il quale lavoravo, aveva una filiale proprio a Marbella e un’altra a Tangeri. Da Milano, nel 2008 mi chiesero se avessi avuto voglia di prendere le direzioni delle filiali di Spagna e Marocco. Era un incarico impegnativo ma accettai con entusiasmo, anche perché ero già andato più volte in quelle zone, per seguire i nostri clienti. Conoscevo i luoghi e non mi dispiaceva trasferirmi. Dopo più di un anno, mi si chiese di occuparmi anche della filiale di Miami e quindi ho trascorso un anno in America. Interrotti così i rapporti con lo Studio per cui lavoravo, insieme a mia moglie e mio figlio abbiamo poi deciso di ritornare a Marbella, dove ho fondato una mia propria compagnia. Nonostante si parli molto della crisi spagnola, devo dire che qui, invece, la crisi ha solo toccato alcuni settori."
Qual è il suo lavoro?
"La mia compagnia GyR (Gestion y Rentabilidad) Consulting SL, di cui sono CEO e fondatore, con accordi di partnership siglati con altri studi di consulenza nel mondo (Medio Oriente, Europa, America e Lontano Oriente), si occupa di gestire: fondi di investimento, amministrazioni di compagnie Onshore e Offshore, Trusts, investimenti nel settore immobiliario (Brasile, America, paesi MENA, Europa), investimenti finanziari con Traders (Svizzera e UK).
La compagnia si occupa anche di consulenza per le imprese italiane, e non, che vogliano delocalizzare all’estero. Dal mese di gennaio, inoltre, mi è stata data la direzione delle vendite per una società immobiliare, operante a Marbella e in Marocco, una sfida entusiasmante, che sta portando i suoi risultati. Il mercato immobiliario è un altro settore che mi affascina. Se lo fai con professionalità e rispetto del cliente, raggiungi buoni traguardi."
Se fosse possibile, tornerebbe in Italia?
"Come recitava il titolo di un noto film Mai dire mai (Never Say Never Again,un film del 1983 con Sean Connery) certamente l’Italia è il mio Paese, e ne sono orgoglioso. Lo si capisce meglio quando si è all’estero e ci si trova a lavorare in ambito internazionale. Con una punta di orgoglio, posso certamente affermare che siamo molto professionali rispetto ad altri. Ma quanto al ritornare in Italia, così Le rispondo: ora non ne avverto il desiderio, né credo ci siano le possibilità anche per la situazione che si è venuta a creare nei vari settori lavorativi. Se dovessi aprire una mia compagnia, con i tempi burocratici italiani ci starei almeno un paio di mesi e, ad ogni modo, rischierei di essere solo un numero. Difficile, poi, essere assunto da un’impresa: in Italia, vige ancora la regola del ti pago due lire e mi devi anche ringraziare e persone come me – che parlano diverse lingue e hanno fatto esperienza e anche 'carriera' all’estero – preferiscono formarsi fuori e restarvi, piuttosto che tornare in Italia. Però, come ho sottolineato all’inizio, mai dire mai!"
Francesco Messapi
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