Anton Rubinšteijn e “Il Demone” di Lermontov
Anton Rubinšteijn e “Il Demone” di Lermontov
Il Demone: da Lermontov a Rubinšteijn, dalla letteratura alla musica, alla scoperta dell'Opera russa
Anton Grigorevič Rubinšteijn è stato uno dei più abili pianisti del XIX secolo. Per molti fu superiore addirittura a Liszt, il Paganini del pianoforte. Nato nel 1829, sin da bambino venne introdotto allo studio della musica dalla madre, musicista anch'essa. Studiò con il maestro che fu di Beethoven, e si rivelò un vero enfant prodige del pianoforte, dando inizio a una carriera da concertista che lo portò a girare l'Europa. Conobbe Chopin e Liszt, con il quale ebbe un rapporto contrastato, fatto di invidie, rotture e riappacifazioni. Rubinšteijn non fu solo concertista ma anche compositore con all'attivo numerose opere, sacre, profane e liriche. Tutte, però, sono state dimenticate. Eccetto una, l'opera lirica ispirata a Il Demone di Lermontov. Ed è appunto de Il Demone nella riduzione di Rubinšteijn, che ha parlato il musicologo Walter Zidaric, direttore del Dipartimento di Italianistica dell'Università di Nantes. L'incontro è stato organizzato dalla professoressa Michaela Böhmig, docente di Lingua e letteratura russa. Con l'ausilio del libretto dell'opera e di esempi musicali tratti da una registrazione de Il Demone, Zidaric ha guidato gli studenti presenti alla scoperta di questo pezzo misconosciuto della tradizione operistica russa. Non inserita nei programmi più rappresentati dell'Opera lirica, fu riscoperta solo in anni recenti dal un teatro moscovita che da vent'anni continua a metterla in scena. Dopo aver contestualizzato l'opera e presentato il compositore, Zidaric ha illustrato l'importanza della riduzione de Il Demone di Rubinšteijn per la formazione di una scuola russa di musica. In effetti, viene rappresentata per la prima volta nel 1875, dopo essere stato rifiutata dalla censura dello Zar. Le date in questo caso sono importanti, perché sono anni, questi, durante i quali alcuni musicisti russi discutono sulla direzione da dare alla musica, che – per il pubblico russo – era quella europea. In Russia, dal tempo di Pietro I, tutto quello che era straniero assurgeva a modello da imitare. Gli aristocratici vivevano e agivano come degli europei: chi ha letto Guerra e Pace di Tolstoj sa che ampie parti del romanzo sono scritte in francese, lingua franca dell'aristocrazia dell'impero sovietico. Tutto quello che era folklorico, popolare, in definitiva russo, veniva sentito come volgare. Questo fenomeno riguardava tutta la vita quotidiana, non da ultimo la musica. Di fronte a questa situazione, alcuni compositori, che poi presero il nome di Gruppo dei 5, avevano iniziato ad ispirarsi alla musica e al folklore nazionali: un'opera come Boris Godunov di Musorgskij è un perfetto esempio di questa nuova corrente culturale. Rubinšteijn era, per formazione e temperamento, estraneo a questo tipo di necessità culturali ma, nonostante ciò, sentì anch'egli il bisogno di dare alla Russia una tradizione musicale propria. A questo scopo agì in due direzioni: da un lato favorì la pedagogia della musica, fondando il conservatorio di San Pietroburgo (1862), dall'altro cercò di creare delle opere che permettessero ai musicisti russi di dimostrare la maturità artistica e tecnica raggiunta. Questo è il contesto nel quale nasce l'opera ispirata a Il Demone: la scelta di agire nell'Opera lirica non è casuale dato che all'epoca, l'opera egemone era quella italiana e Verdi era il compositore preferito dello Zar. I cantanti russi che avessero voluto cantare l'opera avrebbero dovuto farlo in italiano. Rubinšteijn, consapevole di ciò, dopo aver visto le qualità dei cantanti suoi connazionali, decise di fare in modo che essi potessero avere un'opera nella quale mostrare appieno le proprie capacità. È appunto per questo che si confronta con il poema di Lermontov, sottoponendolo ad una riduzione assieme al librettista Pavel A. Viskovatov, che di Lermontov era il biografo. Il poema originale, ridotto all'osso, è profondamente ristrutturato nel suo quadro ideologico. Laddove ne Il Demone era presente una certa simpatia per il protagonista, figura demoniaca preferita dai romantici, l'opera lirica viene dotata di un lieto fine cristiano-mistico in cui, accanto alla condanna del demone, reo di aver corrotto l'unica forma possibile di amore tra un uomo e una donna, quello carnale sancito dal matrimonio, vi è l'elevazione della protagonista, eroina tragica russa. Come si vede siamo in una cornice ideologica del tutto in linea con la morale vigente, e non sarebbe stato possibile il contrario, dato che l'opera doveva oltrepassare le maglie della censura. Ma nell'adattamento musicale de Il Demone si possono apprezzare anche le doti compositive di Rubinšteijn. Come ha mostrato Zidarevic, l'opera presenta anche un'abile scrittura della partitura: Rubinšteijn è riuscito a mettere in musica l'ambiguità di fondo del demone, combattuto tra la sua natura malvagia e la volontà di amare, facendo ricorso a diversi espedienti della grammatica musicale e usando abilmente la coloritura orchestrale.
Zidaric ha permesso con questo incontro di scoprire un compositore e un'opera sconosciuti al grande pubblico. Dal canto nostro speriamo nella possibilità che quest'opera esca dai confini della Federazione Russa per essere rappresentata a Napoli – o in qualunque altra città italiana – visto l'interesse che Zidaric ha fatto sorgere negli ascoltatori della sua lezione.
Salvatore Chiarenza