Camilla Miglio: la traduzione, chiave di lettura della contemporaneità

 

Camilla Miglio: la traduzione, chiave di lettura della contemporaneità

Un colloquio con la professoressa Miglio ci permette di entrare nel vivo del tema della Summer School Homelands in Translation, che si sta svolgendo in questi giorni nella sede procidana dell’Orientale

Il 13 settembre, giornata d’apertura del convegno, ha visto gli interventi di due docenti dell’Orientale, Michele Bernardini e Camilla Miglio che hanno dato vita a questa tappa, inserita nel più ampio progetto EST-Europa Spazio di Traduzione. Nel suo intervento il Rettore Lida Viganoni, geografa prima di ogni altra cosa, ha associato la questione delle realtà geografiche a quella delle unità nazionali; la professoressa Amneris Roselli, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, è intervenuta approfondendo il ruolo di mediazione del latino medievale, come lingua che si nutriva della compresenza delle altre, giungendo all’immagine dello studioso di lingue antiche circondato dalle altre discipline di cui è interprete e traduttore, nel senso etimologico del termine. Questi contributi hanno stabilito le coordinate della discussione che si snoderà in questi giorni grazie all’incontro di personalità accademiche di levatura internazionale. “Si è riflettuto sul concetto di patria, contrapposto a quello di patrie,” ci ha raccontato la professoressa Miglio “dato che attualmente anche l’idea di patria è soggetta ad una continua traduzione, in senso di spostamento, dislocamento dall’unitarietà che storicamente si associa alla homeland. Nel mondo moderno è molto difficile imbattersi in una comunità che condivida territorio, lingua e cultura come un blocco compatto. Anche l’appartenenza ad una patria o ad una varietà linguistica risulta essere, quindi, un pensiero tutt’altro che monolitico.” Traduzione come sfasamento. Un processo che diventa metafora di quella fluidità e di quel senso di non-finito che riguarda non solo il testo tradotto, ma anche persone, oggetti e merci, che vengono espiantati dalla loro posizione originaria e ricollocati in un diverso sistema culturale. Le identità e le patrie smettono di essere identiche a se stesse nel momento in cui si riallacciano le une alle altre. “Lo spostamento verso l’altro è un tema fondante della nostra cultura” continua la professoressa Camilla Miglio “e ne abbiamo la controprova se pensiamo alle polarità di Oriente e Occidente, del proprio e dell’altrui, che ricorrono come spinte sotterranee in tutte le questioni attuali, arrivando ad invadere il piano politico. Restando in Italia, penso allo scontro fra leghisti e meridionali, oppure tra i cosiddetti Italiani e la comunità rom, che vogliamo assolutamente cacciare dal suolo della nostra patria”. Questo movimento verso l’altro, pertanto, può significare talvolta chiusura e rifiuto: un altro tratto fondamentale della nostra società, di cui la traduzione, per il suo carattere di mediazione, può essere chiave di lettura e interprete. Un altro spunto di riflessione della conferenza ha riguardato l’origine dell’idea di patria, convenendo riguardo alla sua ambiguità e complessità. Data la frammentazione e il carattere composito della quasi totalità delle unità nazionali attuali (la professoressa Miglio portava l’esempio della cultura yiddish, risultante della mescolanza di elementi ebraici, tedeschi e slavi), non si può definire il concetto di patria come innato e originario, né come pura sovrastruttura a posteriori, dati i legami profondi che intercorrono fra l’interiorità dell’individuo e il bagaglio culturale di ciascuno. “Si tratta di una complessa costruzione antropologica, su cui spero potranno venir fuori interessanti considerazioni nei prossimi giorni”, aggiunge la professoressa. Nella giornata del 14, la discussione si sposta sui cases tedesco e italiano: approfittando della presenza di Fabrizio Lomonaco e Riccardo De Biase si è partiti dalla homeland nella filosofia tedesca per poi universalizzarne il concetto, aprendosi anche al cinema e alla letteratura, mentre Johanna Borek e Michael Rössner (entrambi Italianisti austriaci, ndr) hanno analizzato i macrotesti di Luigi Pirandello e Vincenzo Consolo da un punto di vista post-coloniale, guardando a quella siciliana come ad una homeland colonizzata dall’italiana dominante. Si procederà nei prossimi giorni con l’approfondimento di altre patrie, senza mai discostarsi dal doppio binario dell’analisi linguistica delle parole che dicono l’identità, l’appartenenza, la patria o anche l’alterità e le loro traduzioni o corrispettivi nelle altre lingue. Parole spesso non sovrapponibili le une alle altre, perché la Patria non equivale alla Heimat ed entrambe sono diverse dalla Patrie, anche solo rimanendo fra culture contigue (italiana, tedesca e francese) e relativamente simili. “All’opposto, si potrebbe discutere di una possibile Patria Islamica, che, se mai esiste, non si fonda né sulla lingua né sulla nazionalità” osserva Camilla Miglio. Oltre alle tappe di convegni nelle sedi degli altri atenei promotori, all’interno del progetto EST altri eventi saranno dedicati a stimolare la riflessione sul tema della traduzione. Il momento culminante della Biennale e Festival della Traduzione promosso dall’Orientale si terrà a Napoli dal 22 al 29 novembre. La conclusione della professoressa Miglio, che parteciperà anche in questa occasione, suona come una promessa: “Ci proponiamo di coinvolgere tutta la Città per riflettere sul ruolo del traduttore nella società e per affermare la traduzione, non solo letteraria, come processo artistico e concezione di vita: il mondo universitario dovrebbe soprattutto farsi portavoce del senso culturale e della funzione sociale della traduzione”.

Mariavittoria Petrella

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