"Cavolate" Orientali
"Cavolate" Orientali
Fino al 4 maggio di scena a Galleria Toledo la performance degli studenti di cinese dell'Orientale: ingresso libero
Napoli, Galleria Toledo, 3 maggio - Pechino come Napoli, e il vicolo di Huaihua come uno qualsiasi dei vicoletti intorno a Forcella: tutto sotto gli occhi di tutti, di tutti tutto si sa e si dice e quello che non si sa lo si inventa, e se si tace un pettegolezzo è solo ai turisti un po' perché "non sono del vicolo che sono venuti a fare?", un po' perché, ignari delle dinamiche del posto, portino in esse un po' di scompiglio e facciano sbocciare altri fiori del cavolo, ovvero, a rigor di logica, cavolate.
Il titolo della pièce messa in scena dagli studenti di cinese della professoressa M. Cristina Pisciotta, Via del Cavolo, è un'efficace traduzione di quello che in ideogrammi cinesi vale "fiore di sophora", Huaihua, omofono di "parolacce, parole volgari": un gioco di parole, insomma, visto che l'autore, Guo Shixing, mette la lingua al centro della sua sperimentazione teatrale.
E la lingua cinese si mescola nella recitazione al dialetto napoletano e pugliese: inedito code switching dagli effetti rocamboleschi. E pazienza se, come dice Barbabianca alla nuora paralizzata a letto, "a volte mi sembra che parli francese" rompendo con autoironia il quarto muro.
Fin qui le cineserie. Il resto è Napoli. Anche se sarà vero, come recitano gli attori che "tutto il mondo è paese". Il resto è Napoli, comunque. L'odore di fritto che sale (davvero!), gli schiamazzi dei bambini e degli adulti , l'inciucio perenne e alienato, la morbosità irrispettosa di pettegolezzi figli di una povertà spirituale impossibile da ammettere, dicerie maligne che non s'arrestano davanti al letto di una paralitica e pesano sulle spalle d'una vedova. Una prigione soffocante, dunque, ma da cui, come insegna il personaggio del Misterioso, si può scappare. A prezzo, però, di essere presi per matti.
Concetta Carotenuto