Centro di Igiene Teatrale: la rivalsa degli studenti
Centro di Igiene Teatrale: la rivalsa degli studenti
“I tagli ai fondi destinati allo spettacolo sono indegni se pensiamo alla potenza di questo mezzo di comunicazione e aggregazione”
Non c'è teatrante che a Napoli non conosca Teatro Spazio Libero, lo storico spazio aperto nel 1974 da Vittorio Lucariello: è stato primo focolaio della carriera di numerosi artisti con nomi oggi altisonanti ma che un tempo furono sconosciuti ai più. Spazio Libero ospita da tre anni un gruppo di ventenni o giù di lì che non bada all'onere del compito ma che sembra piuttosto prendersi gioco delle regole in vista di un unico scopo: divertirsi e divertire. Cosa non facile.
Si tratta del Centro di Igiene Teatrale, una compagnia che conta la presenza di circa quaranta componenti fra studenti ed ex la cui provenienza, nella maggior parte dei casi, è legata all'Orientale. Molti di loro sono alle prime armi ma nonostante ciò si muovono con sicurezza sul palco e non lasciano trasparire l'ansia che a pochi minuti dall'inizio dello spettacolo li aveva paralizzati o, per contro, li aveva costretti ad un frenetico viavai di corpi e copioni. È il caso, ad esempio, di Federica che ha giusto il tempo di dirci una parola su un'esperienza che consiglia a tutti. Poi sparisce dietro le quinte a ripetere la parte. O anche di Gianpiero, che ha scoperto questa passione studiando storia del teatro, e di Francesco che – ci confessa – riesce così ad appagare la sua sete di protagonismo.
Altri invece sono piuttosto rodati e lo si nota anche dalla disinvoltura con cui rilasciano le proprie dichiarazioni: “per il mio personaggio – dice Barbara – ho preso spunto da un'amica: ho cercato di riprodurre il suo essere un po' frivola, un po' vamp e alla fine mi sono divertita. In fondo è questo ciò che conta”. “Il teatro – irrompe Paola – è una possibilità per superare la propria timidezza oltre ad essere un’enorme soddisfazione per noi egocentrici”. Ma non solo; c’è anche chi vuole fare di questa passione il proprio mestiere: Alberto, ad esempio, recita da otto anni e da grande vuole fare proprio l’attore. “È una delle poche cose che mi riescono veramente bene – afferma il giovane artista - adoro il rapporto con il pubblico, essere padrone della scena e per questo andrò a studiare in un’accademia di recitazione a Roma”.
Alla guida della troupe c'è Antonio Lepre, venticinquenne regista e sceneggiatore che si diletta nel riadattamento di capolavori della tradizione teatrale partenopea come nella stesura di testi inediti concepiti per la scena: “il pubblico, soprattutto quello napoletano, deve poter ridere per venire a vedere uno spettacolo”, ha ripetuto più volte Lepre, per il quale però “il fatto di ridere e far ridere non significa non poter trattare tematiche importanti, magari esasperate fino alla ridicolaggine, ma pur sempre di indubbia consistenza.” Il rammarico di questo drammaturgo in erba, che si autodefinisce “un arrabbiato”, è però legato alla scarsissima considerazione di cui gode il teatro in generale: “siamo futuri precari, ancor più se considerati attori, oltre che studenti. I tagli ai fondi destinati allo spettacolo sono indegni se pensiamo alla potenza di questo mezzo di comunicazione e aggregazione”.
Far parte di questa compagnia è un'emozione palpabile e autentica. Chi attraversa simili esperienze capisce bene cosa significhi che il teatro sia un'esperienza che si fa dal vivo: la cosa riguarda sì gli spettatori, ma anche gli attori, e si tratta di una scarica che dura dal primo incontro all'ultima scena di ogni serata. Fare teatro è un modo di essere e può essere per la vita: lo si capisce in un solo momento, ed è fatta. Del resto a vedere i ragazzi del Centro di Igiene Teatrale – o meglio: a vederli in un contesto come questo di Spazio Libero – lo si capisce bene: ogni momento vale come gioco e piacere ma anche come scambio di rappresentazioni culturali e di relazioni difficili da realizzare nei più consueti circoli teatrali delle produzioni irreggimentate. Una freschezza che gli si augura di conservare sempre.
A vedere in scena questi giovani attori non si può fare d'altronde a meno di constatare la distanza abissale tra talune forme di rappresentazione plastificata della vita, tipicamente da certa prima serata televisiva e quella che, si può senz'altro dire, è una rappresentazione artistica autenticamente umana e umanizzante. Dunque, con un valore intrinseco senz'altro ragguardevole.
Francesca De Rosa