Clarín a confronto con Cervantes e Galdós

 

Clarín a confronto con Cervantes e Galdós

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La professoressa Maria Rosaria Alfani della “Federico II” parla del suo libro Il ritorno di Don Chisciotte

Napoli, L’Orientale, 10 maggio 2010. Presso la sede di Palazzo Mediterraneo la professoressa Encarnación Sánchez García, docente di Letteratura spagnola all’Università degli Studi di Napoli "L’Orientale", modera la conferenza tenuta dalla collega dell'Università Federico II Maria Rosaria Alfani. Quest’ultima, autrice del fortunato libro Il ritorno di Don Chisciotte: Clarín e il romanzo (Roma, Donzelli, 2000), dopo alcuni cenni sui suoi esordi come studiosa di poesia ispanoamericana, racconta come si sia avvicinata alla figura di Clarín critico prima di scoprire in lui un grande romanziere della seconda metà dell'800.

Ed è proprio questa prerogativa che la professoressa Alfani analizza nel suo saggio, proponendo un interessante paragone con Cervantes e Galdós, padre del romanzo naturalista spagnolo, prima del quale nessuno aveva retto il confronto con l’eminente autore del Chisciotte. Come quest’ultimo aveva giocato col romanzo cavalleresco per ironizzare amaramente sulla figura del protagonista rovinato dalle sue letture, allo stesso modo Clarín si serve del romanzo d’appendice per presentare il suo personaggio, Ana Ozores, una Madame Bovary strappata al suo ambiente piccolo-borghese e trasferita in una biblioteca colta e tendente al mistico, su uno sfondo piccolo-nobiliare. Il romanzo d’adulterio in questione, La Regenta, permette all’autore di ibridare due tipologie di novela da lui stesso teorizzate, facendo della sua storia un país con retratos, la descrizione di una comunità (quella provinciale del paese di Vetusta) alternata alla narrazione di una biografia personale.
La docente riprende inoltre un asserto hegeliano, quello secondo cui la storia nazionale si incarna in dei tipi, per sottolineare come il quadrilatero – e non triangolo – dei personaggi coinvolti nell’intreccio rappresenti quattro miti degradati della tradizione spagnola: Ana è un Chisciotte al femminile, Álvaro Mesía una degenerazione del don Juan Tenorio romantico, il sacerdote innamorato Don Fermín De Pas un personaggio tipicamente ispanico, già presente in Tormento di Galdós. L’opera, scritta di getto da un Clarín trentenne e in cui nessun nome è lasciato al caso, è la narrazione di "corpi" che si ribellano alla propria maschera sociale e alle convenzioni, intrappolati in una vita inautentica e patologica, una sorta di chisciottismo come malattia. La Alfani nota, poi, come La Regenta sia "un libro scritto con i libri", in cui i personaggi e gli intrecci richiamano più ad altri testi che non all’osservazione diretta dei fatti (l’isteria di Ana, ad esempio, è assolutamente improntata alle Estasi di Santa Teresa). Nonostante il grande valore intrinseco del Clarín scrittore, però, la gloria fu solo postuma e i suoi romanzi non ebbero mai l’esito sperato, essendo l’autore troppo proiettato in avanti rispetto ai suoi tempi, che non potevano che bollarlo come "scabroso". Il successo non arrivò nemmeno quando, ispirato da Fortunata y Jacinta di Galdós, Clarín si dedicò alla stesura di Su único hijo, in cui il determinismo naturalistico trova una via d’uscita per il protagonista Bonifacio in una paternità redentrice, sebbene non biologica.
Qui, scandagliando a fondo un "territorio dell’interiorità" che apre la strada al '900, l’autore crea un "romanzo dell’ascolto", sempre di stampo krausista e con l’obiettivo primario di formare la classe borghese, come era stato – del resto – il capolavoro cervantino.

Luisa Lupoli

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