Concluso a Palazzo du Mesnil il seminario “L’altro, ospite o nemico?"
Concluso a Palazzo du Mesnil il seminario “L’altro, ospite o nemico?"
Report della giornata conclusiva del seminario “L’altro, ospite o nemico? Testimonianze dal Mediterraneo in lotta”
18 dicembre 2011 – Si è concluso con una conferenza al Palazzo du Mesnil il Seminario “L’altro, ospite o nemico? Testimonianze dal Mediterraneo in lotta”, gestito per tutta la sua durata dal Centro di Studi sulle Culture del Mediterraneo del nostro Ateneo. A patrocinare l’evento, che ha avuto luogo il 15 dicembre, anche l’associazione Peripli – Culture e Società Euromediterranee e la Tenuta Cavalier Pepe. Il tutto ha avuto inizio alle 9 con i saluti delle Autorità Accademiche e l’ufficiale apertura dei lavori, avviati dalla professoressa Maria Donzelli, perno dell’organizzazione. Subito hanno preso la parola i giornalisti, rievocando le loro esperienze sul campo, raramente semplici e spesso drammatiche per chi ha avuto una carriera da corrispondente di guerra: Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera, l’inviato Vittorio Dell’Uva, Lucia Goracci del Tg3 e Zouhir Louassini di RAInews24. Ognuno ha offerto le proprie testimonianze e dato il proprio apporto a quello che si è trasformato gradualmente in un discorso generale sul ruolo del giornalista e l’essenza stessa dell’informazione - cosa diversa dalla notizia in senso stretto: prova ne sia il fatto che gli approfondimenti ci raggiungono molto raramente; specie per quanto riguarda il settore internazionale, cui si interessa solo il 10-15% dei lettori dei quotidiani, con la drammatica conseguenza dello scattare delle manipolazioni: l’informazione è un’arma in più in occasione dei conflitti; è tristemente vero. La storia lo insegna. E quella di oggi insegna quanto sia sempre più difficile trovare veridicità e credibilità nella massa incontrollabile di materiale offerto dalla rete internet, nella quale non c’è possibilità tecnica di selezione ed il problema dell’utente sembra quasi quello di difendersi. A sfruttar bene questo nuovo mezzo di comunicazione, ciononostante, sono stati i ragazzi della redazione di Yalla Italia, il blog delle nuove generazioni, per il quale ha parlato Akram Idries, classe 1983, madre egiziana e padre sudanese. La piattaforma online dà spazio a “ragazze e ragazzi, studenti e lavoratori, laici o praticanti... giovani che offrono il proprio punto di vista su una realtà complessa, senza rassicuranti schemi stereotipati, provocazioni violente e fini a se stesse, assurdità e generalizzazioni che regalano gloria immediata…”, ha detto Idries. Un po’ una voce fuori dal coro nel calderone dei media europei che, nel trattare delle cosiddette primavere arabe, non si sono dimostrati esattamente all’altezza, in base ai dati portati da Antonio Nizzoli, in rappresentanza dell’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca e di analisi della comunicazione fondato nel 1994: Francia e Germania hanno dimostrato l’attenzione maggiore, con una percentuale del 18%, subito seguite dall’Inghilterra col 17%, mentre l’Italia si è collocata allo stesso livello della Spagna, con il 12%. Il 41% delle informazioni diffuse ha riguardato la Libia, il 19% l’Egitto ed il 15% la Tunisia. Tutti si sono focalizzati principalmente sull’intervento militare contro Gheddafi e quasi nessuno ha preso in considerazione i rapporti con l’Occidente e l’eventuale ruolo dell’UE o qualsivoglia prospettiva per il futuro, mentre l’attenzione sui migranti in fuga in Italia è stata percepita come una vera e propria emergenza; un esodo biblico; un’invasione. Turchia, Francia, USA, Cina, Gran Bretagna, Germania, Russia e Giappone, i Paesi che hanno reagito in maniera più costruttiva. I lavori della COPEAM e l’esperienza delle riviste online di BabelMed e DevelopMed, presentati rispettivamente da Elena Chiaberge e Stefanella Campana, sono state invece frutto di proficue iniziative indipendenti. Per il professor Amedeo Di Maio, che ha presieduto l’ultima sessione dei lavori, è stato il capitalismo a bloccare la comunicazione nel Mare Nostrum, ma ora, con la sua crisi, ci si affaccia ad una fase di apertura - soprattutto economica - che non può non tener conto del nuovo ruolo del Sud. La nuova generazione, priva delle stratificazioni di elementi storici e ideologici di quella precedente e libera dalle asimmetrie delle relazioni gerarchiche che il colonialismo aveva generato, si configura dunque come veicolo privilegiato della comunicazione; una comunicazione che pare essere finalmente di nuovo possibile. Lavorare insieme e non abbandonare il confronto: l’unico binomio su cui poter puntare per provare non a rivoluzionare il sistema, ma ad innescare almeno una contaminazione. “Ci basta solo sognare”, ha cantato Hamza Namira per piazza Tahrir ed è con lo stesso invito che si è conclusa la Conferenza al Rettorato, tra la commozione generale e una speranza per il futuro non ancora perduta.
Annamaria Bianco