Conflitti: guerre o pace?

 

Conflitti: guerre o pace?

Napoli, 28 maggio 2010 – Le prospettive ci sono tutte, le popolazioni civili anche, e che si tratti o meno di rassicuranti processi di pace, nell’aula T2 dell'Orientale è di opinione internazionale che si parla

Napoli, 28 maggio 2010 – Si è concluso oggi il seminario sul cinema mediterraneo tenutosi all’Orientale (sede di via Marina) e iniziato lo scorso lunedì 24 maggio. Viene battezzato a dovere il laboratorio, considerati gli intenti plurifocali, che infatti sceglie per l’inaugurazione La Battaglia di Algeri – film del ’66 di Gillo Pontecorvo. In programma per la II edizione la proiezione di estratti da Avoir 20 ans dans les Aurès, L’ennemi intime, I ragazzi di Arna, e ancora i lungometraggi Il leone del deserto, Paradise now e Valzer con Bashir con dibattito conclusivo.

Visioni eccezionali tra queste, considerato che per alcune oggi bisogna ancora pagare-per-veder(le). In tutte comunque – ma in diverso modo – vittime e combattenti esaltano figure giovani e nude intrappolate in una specie di sogno onirico dove i ricordi si sovrappongono con lucida ed infame ironia a scene d’immaginazione conseguenza di amnesie dissociative. Libano, Algeria, Libia: guerre di ieri, allucinazioni di oggi. La docu-animazione di Valzer con Bashir è il processo attraverso cui il regista – Ari Folman, ex-combattente – tenta di ricostruire la memoria del massacro di Sabra e Shatila (Libano, 1982) sfidando a muso duro quel fenomeno d’oblio collettivo che dimentica per sopravvivere.


Generi cinematografici diversi obbediscono tutti ad un unico obiettivo risolto nel decantare della guerra morte, sessualità e virile perversione di bambini diventati uomini. Idealizzati, angeli vendicatori, parlano di loro stessi e parlano dei padri. Sono le pedine di una ciclicità che torna sempre: non hanno un esercito da combattere di fronte a loro né una casa da difendere ma piuttosto l’idea di una politica di difesa. In una società che si nutre di miti ed icone, il distacco dà voce all’oppressone, visto ora come un invasore spaesato, impaurito, a volte distratto da una fantomatica onnipotenza fatta di piombo ed elmetti.Le prospettive ci sono tutte, le popolazioni civili anche; e che si tratti o meno di rassicuranti processi di pace, nell’aula T2 è di opinione internazionale che si parla. Parafrasando Pontecorvo, la manifestazione di massa ha dalla sua la possibilità di poter cambiare l’opinione pubblica del nemico. Il fatto che ogni nazione detenga idee diverse di uno stesso evento o ancora oggi faccia passare per vilipendi alle forze armate veri e proprio manifesti di denuncia di verità infine svelate, è singolare ma a suo modo – quello critico – stimolante. Valzer con Bashir (2008, stesso periodo in cui Israele attaccava Gaza) ha forse rinnovato il dibattito sul massacro o creato altre discussioni sulla politica militaristica israeliana? Che non ci sia censura è presto che spiegato. In questo gioco a rimpiattino tra responsabilità taciute, rafforzare l’indicibile col silenzio delle immagini, fare come se non fosse mai accaduto non è un bel modo di rivisitare la storia e quello che c’è dietro, fosse anche aldilà della via politica necessaria. Per adesso, basterebbe chiedersi: c’è forse un altro modo di combattere?

Claudia Cacace

© RIPRODUZIONE RISERVATA