Diego Leanza: uno “spietato” rocker made in Naples

 

Diego Leanza: uno “spietato” rocker made in Naples

Diego Laenza

Il suo rapporto con la chitarra? “Molto stretto, personale… in una parola: intimo”

Diego Leanza in tre parole.

“Chitarrista, musicista, artista. La mia passione per la chitarra nacque quanto avevo 11 anni. Si trattò di una vera e propria necessità che è poi continuata nel tempo con lo sviluppo di ciò che la musica mi trasmetteva di volta in volta. In seguito mi sono messo in gioco con i miei pensieri, con la mia musica e tutte le mie produzioni.”

Diego Leanza I è il titolo del suo primo cd. Cosa l’ha spinta a scegliere questo titolo?

“Sicuramente il numero romano funge da auspicio, ma anche da preludio, ad eventuali futuri lavori. La vera ragione però, sta nel fatto che io ho sempre molto amato i Led Zeppelin. Questo gruppo mi ha particolarmente segnato e intitolare il mio primo album nel modo che ha spesso contraddistinto i titoli dei loro cd vuole esserne una prova ulteriore.”

Qual è il messaggio di questo suo primo lavoro da solista?

“Questo lavoro è una riflessione con me stesso, un dialogo tra il mio passato e il mio presente, una sorta di viaggio a ritrovo nel mio vissuto. Tutti i testi sono nati fuori dallo studio, magari davanti ad un bicchiere di vino insieme ai miei co-autori.”

Qual è la traccia a cui si sente più legato?

Lo spietato. Il titolo è forse ingannevole perché nel sentirlo si tende ad avere l’immagine di una persona cattiva invece si tratta di un individuo che ha fatto innumerevoli esperienze di vita, ha vissuto dolori, delusioni… cose che inevitabilmente ti cambiano, a volte positivamente altre meno. Se mi guardo indietro nel tempo, ho una visione totalmente diversa di me stesso. Cambio continuamente, a volte divento più duro, a volte il contrario. Spietato, in questo senso, è più rivolto verso me stesso dato che sono molto critico con me stesso, cerco sempre di migliorare.”

Cosa racconta il singolo Madre tu cosa ne sai?

“Questo brano racconta delle differenze generazionali, sottolinea quelli che sono gli aspetti superficiali della vita dettati dai nuovi e sempre più falsi modelli –guida della società.
Proprio questa specie di modelli sempre più spesso ci fa perdere di vista quelle che sono le cose che potrebbero renderci veramente felici a differenza del futile che invece viene ritenuto come utile dai più.”

Ci racconti il suo percorso professionale, le collaborazioni e le esperienze più significative.

“Ho iniziato a suonare la chitarra a 11 anni e subito mi sono lanciato verso tanti generi musicali pur non abbandonando mai il rock che mi ha visto crescere dal punto di vista musicale. Ho fatto cose di vario genere dal pop alla new vawe alla musica elettronica. In ogni caso essendo un curioso ed amante della musica a 360° ho voluto sperimentare qualunque cosa. In questo modo ho avuto modo di suonare in tante band, collaborare con tanti artisti italiani e stranieri dai quali ho potuto imparare. Qualche anno fa ho avuto l’occasione di registrare un disco con Cindy Blackman, batterista, fra gli altri, di Lenny Kravitz e Carlos Santana. Quella fu una magnifica esperienza perché lei ha suonato con mezzo mondo e il fatto che si sia complimentata con me per il mio lavoro, le mie idee ed il mio contributo per il suo disco, mi lasciò incredulo. Spesso ho suonato per artisti che non mi hanno dato molto sia musicalmente sia personalmente, non sempre si ha la fortuna di lavorare con chi si desidera, tuttavia questo aspetto negativo dell’essere un musicista nomade presenta comunque un lato fortemente formativo che mi ha aiutato a crescere.”

Definisca in un aggettivo il suo rapporto con la chitarra.

“Si tratta di un rapporto da sempre molto stretto, personale… in una parola: intimo.”

Cosa e chi ispira la sua musica?

“Io amo il rock e comunque tutta la musica dagli anni Cinquanta ai Settanta. Da buon chitarrista amo Jimi Hendrix ma anche i Beatles sono una delle mie grandi passioni.”

Ci raccontati il live più emozionante e quello più deludente.

“Qualche mese fa mi è capitato di suonare ad un live dove c’erano molti ragazzi incuriositi e aperti alla nuova musica contrariamente a quanto spesso accade. In genere quando si propone la propria musica, soprattutto a Napoli, molti tendono a porsi in balìa del preconcetto, invece in quell’occasione c’era proprio la curiosità di capire cosa stesse accadendo sul palco e questa per me è stata una bella esperienza. Quella più negativa l’ho vissuta sempre qualche tempo fa ed è stata in un locale dove era praticamente impossibile suonare, le persone continuavano a dirci di abbassare il volume, il batterista doveva quasi accarezzare la batteria per non essere rimproverato ed è stato quindi molto imbarazzante.”

Con chi sogna di collaborare?

“Beh, se si parla di sogni, mi permetto di tornare un po’ bambino e fantasticare con Paul McCartney e Ringo Star. Visto che lo scorso anno Paul ha fatto una tournee con altri musicisti perché non sognare di poter essere uno di loro?”

Qual è la canzone che avrebbe voluto scrivere?

“Ovviamente di canzoni belle ce ne sono tante ma probabilmente Yesterday è una di quelle canzoni dei Beatles che hanno segnato la storia della musica. Credo che la magia che contraddistingue questa canzone non si ripeterà mai più.”

Il suono marcatamente rock vintage del suo disco  è stato definito “marcio” e situato a metà strada tra Napoli e di Londra. Lei è d’accordo con questa visione?

“Sì, in sostanza sì. In realtà il disco risente delle influenze del rock del passato soprattutto rock britannico ma anche artisti americani. Amo i Beatles come i Doors ma mi piacciono anche tanti gruppi contemporanei ed è inevitabile che in questo mio primo lavoro venga fuori, in tutta la sua eterogeneità, il mio background musicale.”

Amore, sesso, crudezza, delusioni, piccole vittorie e grandi sconfitte i temi del suo album. Qual è il background dei suoi testi?

“Si tratta di cose vissute in prima persona o in qualche modo di riflesso. Spesso mi è capitato di guardarmi intorno e prendere spunto sia dalle vicende degli amici che da quelle di persone sconosciute. Io e miei autori abbiamo chiacchierato molto e i testi sono venuti fuori un po’ come delle discussioni tra amici.”

Il brano Marta e la polvere ha visto la partecipazione dello scrittore e fumettista Igort. Ci racconti com’è nata questa collaborazione.

“Igort l’ho conosciuto in occasione della realizzazione di un suo album perché il mio coproduttore artistico, Rosario Castagnola, allora era il suo produttore per quel disco. Quella situazione per me fu del tutto inusuale perché suonai il basso e addirittura qualche percussione ma non la chitarra. Lui è una persona straordinaria, dotata di grande sensibilità e c’è stata subito grande sintonia tra noi. Quando gli feci sentire le cose che stavo facendo lui fu contento di scrivermi dei testi e ci furono tanti scambi di idee. Marta e la polvere, secondo me, ha un testo molto bello, Igort ha un modo di scrivere tipico da fumettista, dalle sue parole tira fuori delle immagini e in questo brano racconta l’inseguimento dei sogni insieme alle rinunce che a volte la vita ti costringe a fare-”

Anche se fare musica è soprattutto una passione, è anche vero che non si vive solo di questo. Quali sono le maggiori difficoltà, se ne ha avute, che ha incontrato nel suo percorso?

“Vivere di musica è complicato perchè spesso questo non viene considerato un lavoro. Ciò lo si può notare già dal fatto che si scarica la musica illegalmente quando invece bisognerebbe capire che dietro un brano c’è il lavoro, il tempo e le energie di tante persone quindi comprare un pezzo su I-tunes a 0.99 centesimi dovrebbe costituire il riconoscimento minimo per tutto l’impegno profuso. In sintesi per vivere di musica collaboro con altri artisti, faccio tournee, scrivo testi per altri cantanti, faccio arrangiamenti, produzioni, quindi... comunque vivo la musica a 360º”.

Cosa consiglia ai giovani amanti della musica che hanno voglia di emergere senza l’appoggio della tv? Quali sono i passi fondamentali da muovere in questo campo per arrivare al pubblico?

“Bisogna prima di tutto avere una propria personalità senza cercare di voler somigliare a qualcuno. È necessario avere una propria personalità artistica. Ognuno di noi ha un punto di forza che non deve essere necessariamente  una voce bellissima. Un esempio per noi in Italia potrebbe essere Vasco Rossi che col suo modo di dire le cose risulta essere unico proprio grazie alla sua dirompente personalità. Se uno vuole fare musica nella propria vita deve quindi cercare la propria dimensione artistica, senza alcun dubbio.”

Cosa ha in mente per il futuro e cosa c’è in serbo per i prossimi mesi.

“Voglio sicuramente suonare tanto. La prossima data importante è il 10 giugno all’Acciaieria sonora, ex Italsider, dove si terrà un concerto anteprima del Neapolis Festival e quella sera suonerò insieme agli Incensurabili, Le strisce e i 24 Grana quindi per me sarà una bella opportunità per suonare davanti ad un bel pubblico numeroso e su un bel palco grande. Poi c’è un altro festival organizzato da Radio Entropia che si terrà a Marigliano l’8 luglio. Intanto sto scrivendo nuove canzoni per il prossimo album, alcune sono solo provini, altre le ho addirittura registrate.”

Raffaella Sbrescia

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