Elena Tavani: Hanna Arendt, tra verità, menzogna e 'verità di fatto'

 

Elena Tavani: Hanna Arendt, tra verità, menzogna e 'verità di fatto'

Francobollo dedicato alla pensatrice tedesca

Elena Tavani ha tenuto lunedì 30 aprile la penultima lezione del ciclo di seminari su “Menzogna e Politica” curato dalla professoressa Rossella Bonito Oliva

L'incontrò è stato dedicato a “Verità, menzogna e 'verità di fatto' nel pensiero di Hannah Arendt”. Elena Tavani insegna Estetica all'Orientale, ha recentemente curato la pubblicazione del volume Parole ed estetica dei Nuovi Media edito da Carocci e, nel 2010, ha pubblicato un volume su Hannah Arendt dal titolo Hannah Arendt e lo spettacolo del mondo. Estetica e Politica per la Manifestolibri.

Nella lezione è stato centrale proprio il legame fra Estetica e Politica in Hannah Arendt. Ripercorrendo le tappe fondamentali del pensiero della filosofa tedesca, la Tavani ha mostrato come il rapporto fra apparire ed essere, fra doxa ed aletheia sia un nodo di primaria importanza nella costituzione del politico per Hannah Arendt. Un tema questo che era stato affrontato da diversa prospettiva anche da Didier Contadini nell'incontro del 28 marzo.

Per Elena Tavani è nella riflessione estetica di Hannah Arendt dedicata ai temi dell’immaginazione, dell’apparire e del carattere “rappresentativo” dell’opinione, che si trova un nucleo centrale del suo pensiero politico. La questione è la possibilità o meno di stabilire una nozione di verità comune. Il modo di manifestarsi dell'essere politico per Hannah Arendt risente del sostanziale carattere parziale e prospettico (dunque anche menzognero) del rapporto umano con il reale. Non esiste un rapporto standard dell'uomo con il mondo: esso è sempre frutto di un punto di vista che produce una specifica porzione di verità. Da ciò deriva il fatto che la verità in sé, assoluta, indiscutibile, se esiste, non è comunque il genere di verità applicabile alla dimensione del politico, che richiede invece di orientarsi e prendere posizione a partire da una pluralità di prospettive. Questo significa che in ambito politico è possibile giungere a un giudizio comune e condiviso solo nella consapevolezza che la verità del mondo, di ciò che la Arendt chiama “gli affari umani”, assume un carattere prismatico. D'altro canto essere un soggetto politico vuol dire prendere posizione, manifestare un'opinione. Questa però compare sempre sulla scena pubblica: affinché un’ azione o un discorso siano qualificabili come politici, è necessario stabilire una relazione con degli spettatori, cioè con una dimensione dell'apparire. Altrimenti è condannata a non esistere.

Molto spesso tuttavia si ricorre consapevolmente alla menzogna. Costruire delle immagini parziali dell’accaduto permette di vincere l’irriducibilità del reale: inventare una storia o presentarla da una certa angolatura permette, così ci sembra, di far quadrare i conti. Lo sanno bene gli scrittori, ma lo sanno ancora meglio i politici che, per Hannah Arendt, sono in qualche modo “autorizzati”, entro certi limiti, a mentire. Un'antropologia e una teoria politica sofistiche in Hannah Arendt? Niente affatto, perché, come è stato evidenziato, a suo giudizio occorre tener conto dell’imporsi del reale, delle “verità di fatto”, di fronte al quale non c'è menzogna che tenga, né pretesa di sostituirsi ai fatti. Pur nel carattere prismatico della verità, vi è un limite oltre il quale non si può andare se non a costo di cadere nel falso storico. Per Elena Tavani un importante monito da parte della filosofa tedesca, ancora estremamente attuale, contro ogni tendenza al negazionismo (compreso quello sull'Olocausto), che tenti di confutare anche le macro evidenze della storia, nascondendole dietro precisi interessi e volontà di manipolare le verità di fatto.

Con questo seminario Elena Tavani ha aggiunto un altro tassello alla ricostruzione dei rapporti fra menzogna e politica, arricchendolo con la riflessione di una delle pensatrici più importanti del Novecento.
 

Salvatore Chiarenza

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