Etnografia del Tarantismo pugliese

 

Etnografia del Tarantismo pugliese

Copertina del libro di Ernesto De Martino

Il libro Etnografia del Tarantismo pugliese a cura di Amalia Signorelli e Valerio Panza è stato presentato all'Orientale

Palazzo Giusso, scenario di presentazione del volume Etnografia del Tarantismo pugliese a cura di Amalia Signorelli e Valerio Panza. A coordinare il seminario il professore Pietro Angelini, docente di Antropologia culturale all’Orientale che – dopo aver ringraziato l’Ateneo per l’attenzione riservata ad iniziative come quella che li ha visti oggi riuniti – ha sintetizzato il lavoro necessario per realizzare un libro tanto atteso come quello curato da Signorelli e Panza. Sciamanesimo, tarantismo, magia, simbolismo, riferimenti al Mondo classico, isteria artica (anche detta Sindrome di Morketid) e riflessioni etnografiche: sono questi gli elementi chiave attorno ai quali si è concentrato il lungo discorso che ha tenuto impegnati i relatori presenti, ovvero antropologi e storici. Il volume, come più volte è stato ripetuto, rappresenta l’indicizzazione del materiale di una spedizione in Salento che l’etnologo Ernesto De Martino effettuò con la sua équipe nel 1959, spedizione a cui la curatrice del volume prese parte.
Ernesto De Martino conduce una ricerca etnografica per studiare il tarantismo, antico rito contadino caratterizzato dal simbolismo della taranta – il ragno che morde e avvelena – e dalla potenza estatica e terapeutica della musica e della danza. Con un'impostazione inedita rispetto a quella di tanta letteratura meridionalista di stampo folkloristico, De Martino dimostra come le pratiche rituali abbiano la funzione di scongiurare le ansie di un'esistenza segnata dalla povertà e dall'emarginazione. Ricerca pubblicata all'epoca, tra l’altro, in quel classico imprescindibile che resta La terra del Rimorso, in cui De Martino analizza mirabilmente il fenomeno delle tarantolate dal punto di vista storico, culturale e religioso.

Quello che ha mostrato di avere a cuore Amalia Signorelli in questo nuovo volume, attraverso la propria testimonianza oculare, è il rigore che impone all’antropologo di guardarsi da suggestioni empatiche di qualsiasi genere: ben altro, dunque, che mettersi “nei panni di”. Il suo richiamo è alla ricerca sul campo e alla restituzione di quest'ultima alla dimensione testuale; in poche parole, allo sforzo di andare dal campo al testo. Grande attenzione, quindi, alle testimonianze riflessive, all’esplorazione del processo di costruzione, alla ricerca etnografica che – come afferma in ultimo l’antropologo Pizza, laureatosi all’Orientale negli anni Ottanta – è la scienza più vicina alla vita. Una disciplina che chiama altre discipline, l’interdisciplinarietà che si presenta quando c’è un problema e solo chi ha l'autorevolezza di gestirlo sa fornirne i dati per la realizzazione di un testo – come questo sul tarantismo – che sembra essere costruito come un treno, vagone dopo vagone.

Nunziata Napolitano

© RIPRODUZIONE RISERVATA