Fare informazione ambientale
Fare informazione ambientale
Tra pochi giorni seconda tappa del Progetto OASI su Comunicazione, Etica, Ambiente. Abbiamo chiesto al giornalista Raffaele Lupoli che cos'è l’informazione ambientale
Quando e con quale intento è nata la rivista di cui è redattore, La Nuova Ecologia?
“Il mensile La Nuova Ecologia è la rivista storica dell’ambientalismo italiano. L’esigenza di far nascere una rivista che si occupasse di ambiente derivava da un nuovo filone di riflessione che aveva bisogno di trovare una sua rappresentazione nella società. Nel 1968 nacque, infatti, il Club di Roma che conquistò l'attenzione dell'opinione pubblica con il Rapporto sui limiti dello sviluppo, meglio noto come Rapporto Meadows, pubblicato nel 1972. Da lì sono nati l’ambientalismo italiano e, oltre trent’anni fa, la sua rivista, passata poi tra le mani di vari editori, tra cui anche i Benetton. Da quindici anni circa Legambiente ha rilevato la proprietà della testata e il mensile è frutto del lavoro di una cooperativa di giornalisti, di cui sono socio. Dal 2002 La Nuova Ecologia ha fondato anche un giornale on line, www.lanuovaecologia.it, di cui sono direttore responsabile, e che segue la cronaca quotidiana in campo ambientale. Anni addietro sono nati anche due periodici tematici, Rifiuti Oggi e QualEnergia, e Jey, una rivista ambientalista dedicata ai ragazzi.”
Trattandosi di un medium senza fini di lucro, qual è il meccanismo di distribuzione che lo caratterizza?
“Il mensile è distribuito innanzitutto ai soci di Legambiente, ma ha un canale distributivo nelle librerie. La diffusione in edicola, in effetti, ha costi troppo elevati per una realtà tutto sommato di nicchia come la nostra.”
Quali sono le tematiche affrontate a livello nazionale e/o internazionale?
“Le tematiche affrontate sono diverse e, ovviamente, in continua evoluzione. Se fino a cinque anni fa erano centrali le denunce dei casi di inquinamento e delle vertenze contro gli scempi ambientali e le ecomafie (in Italia e all’estero), oggi la priorità sono i cambiamenti climatici e la costruzione di un immaginario fondato sulla green economy. Poi ci sono gli Ogm, le questioni energetiche, la battaglia contro il nucleare, ma più in generale sulla nostra rivista c’è il racconto di un Pianeta in cui gli equilibri naturali sono in serio pericolo mentre alcune lobby continuano ad anteporre il loro interesse per il profitto all’interesse generale per un ambiente salubre.”
Potrebbe citare qualche settore o rubrica di particolare rilievo nel descrivere il senso stesso del giornale?
“Pur se tematico, il nostro giornale è per certi versi considerabile come generalista, grazie alla trasversalità e centralità che la questione ambientale ormai merita. Tra le sezioni c’è il primo piano, che restituisce gli eventi recenti mettendo a confronto le posizioni in campo. Poi c’è l‘inchiesta: un approfondimento su un caso di cronaca ambientale che aiuta il lettore a saperne di più sulle malefatte che si continuano a perpetrare nel nostro Paese. Ma c’è anche la sezione Vivere meglio che descrive in positivo gli stili di vita ecosostenibili, le nuove tendenze e l’innovazione amica dell’ambiente.”
La Nuova Ecologia viene distribuito mensilmente in abbonamento agli associati o anche attraverso le librerie. C’è una qualche forma di pubblicità per invogliare il lettore ad approcciarvisi?
“La nostra migliore pubblicità è il passaparola. In questo ci aiuta molto la centralità che le tematiche ambientali stanno assumendo e la sempre maggiore consapevolezza dei consumatori, che diventano progressivamente consumattori. La gente ormai vuole sapere cosa mangia e cosa compra, se quello che compra mette in pericolo la salute di chi lo usa, di chi lo produce o degli ecosistemi.”
Ritiene che, nel tempo da lei finora trascorso in questo settore professionale, ci sia stato un riscontro positivo dal punto di vista e del numero di lettori e degli effetti esercitati dall’informazione fornita?
“L’informazione ambientale ha una peculiarità che consente a chi la fa di instaurare un rapporto privilegiato con il lettore: è certamente informazione di denuncia ma è anche, e in alcuni casi soprattutto, informazione di proposta. Chi si occupa di ambiente deve dire al lettore quali sono le cose che non vanno ma anche proporgli l’alternativa sostenibile. Questo rende noi giornalisti un po’ consiglieri.”
I temi trattati da lei e i suoi colleghi non sempre riflettono uno scenario felice e prosperoso. Quali sono le difficoltà da lei incontrate nell’ambito del giornalismo ambientale?
“I rischi sono gli stessi che corre qualunque giornalista che lavori sul campo: intimidazioni, avvertimenti mafiosi, tentativi di pressione delle lobby.”
Ci sono iniziative promosse e/o prospettate che si accompagnino alla rivista e alle sue finalità?
“In realtà ogni numero della rivista propone una o più campagne (ultime in ordine di tempo quelle sullo stop ai sacchetti di plastica o la raccolta di firme a sostegno dell’energia pulita). Come dicevo, il nostro è un giornalismo attivista, e – come si dice in questi casi – affianca la protesta e la proposta.”
Al di là del compito non facile assegnato a questo settore dell’informazione, lei appare fortemente motivato. Può riassumere il senso di tale motivazione?
“La motivazione dipende da una convinzione che sempre più trova adepti: l’ambientalismo è l’unica ideologia nata nel Novecento che ancora mostra di avere un suo valore e di reggere alle forti scosse causate dalla globalizzazione e dalla crisi economica. I fatti recenti, dai disastri ambientali agli effetti della crisi globale, confermano la necessità di un’inversione di rotta nel modello di società e nel modello comportamentale che ognuno di noi adotta: sostituire alla logica del profitto per uno quella della sobrietà che soddisfa tutti, alla dittatura del consumismo la democrazia del riuso, della condivisione e del riciclo. Insomma, informare sull’ambiente e impegnarsi a tutelarlo sono gli anelli di una stessa catena che dal sapere passa al far sapere, che si trasforma in saper fare e infine fare. Pensiero e azione, diceva qualcuno che ha contribuito a fare l’Italia.”
Luisa Lupoli
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