Filippo Tommaso Marinetti e la sfida internazionale del futurismo italiano
Filippo Tommaso Marinetti e la sfida internazionale del futurismo italiano
Anna Cerbo mette a confronto gli scritti creativi del futurismo italiano in due lezioni dottorali
«In aeroplano, seduto sul cilindro della benzina, scaldato il ventre dalla testa dell'aviatore, io sentii l'inanità ridicola della vecchia sintassi ereditata da Omero. Bisogno furioso di liberare le parole, traendole fuori dalla prigione del periodo latino!». In queste parole, tratte dal Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912), è condensato il futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. Lo stile roboante, l’esaltazione delle macchine, la lotta contro il passatismo sono altrettanti rimedi per rinnovare il mondo dell’arte per chiudere i conti con la letteratura romantico-decadente, da cui Marinetti proveniva. Dal primo manifesto futurista del 1909 fino al Manifesto tecnico della letteratura futurista è stato un susseguirsi di proclami e di grida altisonanti di tal fatta. Di questi manifesti e degli scritti letterari di Marinetti e dei suoi compagni incendiari («Olà, grandi poeti incendiarii, fratelli miei futuristi!» inizia Uccidiamo il chiaro di Luna) ha parlato la professoressa Anna Cerbo durante la prima delle due lezioni dedicate al futurismo e intitolate “La ‘sfida’ del futurismo italiano: manifesti e scritti creativi a confronto”. Attraverso la lettura e il commento dei manifesti e il confronto di questi con gli scritti degli autori futuristi, Anna Cerbo ha messo in evidenza i tratti tipici di questa avanguardia. Distruzione della sintassi, parole in libertà, immaginazione senza fili sono le parole d’ordine del movimento lanciato da Marinetti nel 1909. Una sfida lanciata volontariamente sulla scena internazionale, dato che il manifesto di fondazione del futurismo fu pubblicato in francese su Le Figaro, all’epoca il maggiore quotidiano francese. Una mossa riuscita, poiché Parigi nel 1909 era ancora la capitale del XIX secolo descritta da Benjamin e tutto quello che vi accadeva aveva una risonanza internazionale. Difatti il primo manifesto lanciò una discussione a livello internazionale sui principi del futurismo.
Come ha fatto notare la professoressa Cerbo, Marinetti rispettò punto per punto il suo programma di rinnovamento delle patrie lettere. Opere come Zang Tumb Tumb (1914), non assomigliano a niente che si fosse visto prima nella letteratura italiana, e proiettano direttamente il futurismo nel panorama della avanguardie europee d’avant guerre. Abolizione della sintassi, dell’avverbio e dell’aggettivo, accostamenti per analogia, onomatopee, uso creativo dei caratteri tipografici (in questo consistono le parole in libertà) definiscono un’esperienza di lettura plurisensoriale. Ecco come Marinetti rappresenta una scena di guerra in Battaglia Peso + Odore: «Mezzogiorno 3/4 flauti gemiti solleone tumbtumb allarme Gargaresch schiantarsi crepitazione marcia Tintinnìo zaini fucili zoccoli chiodi cannoni criniere ruote cassoni ebrei frittelle pani-all’olio cantilene bottegucce zaffate lustreggìo cispa puzzo cannella».
Il futurismo letterario, come ha mostrato Anna Cerbo non fu rappresentato dal solo Marinetti. Un altro autore, di diverso temperamento fu Aldo Palazzeschi. Fautore di una poetica del riso, poeta e romanziere, Palazzeschi, di cui la professoressa Cerbo ha letto alcuni brani, realizza il lato vitale e sovversivo del futurismo, tenendosi a distanza dagli aspetti più roboanti dello stile marinettiano. In opere come il romanzo Il codice di Perelà o la raccolta di poesie L’incendiario, dietro a una poetica del riso, si nasconde una concezione tragica della vita dove il riso è un Controdolore, un mezzo per superare il dolore dell’esistenza.
Una lezione dunque, quella di Anna Cerbo, che definisce uno dei momenti più creativi della letteratura italiana del Novecento, nei suoi aspetti meno conosciuti.
Salvatore Chiarenza
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