Fiorella Botta: laurea in Relazione culturali e sociali nel Mediterraneo, oggi interprete e traduttrice
Fiorella Botta: laurea in Relazione culturali e sociali nel Mediterraneo, oggi interprete e traduttrice
“Alla domanda «preferiresti restare in Italia?» rispondo no: amo il mio Paese, la sua storia, i suoi luoghi, ma non resterei qui, ci sono decisamente troppe cose che non vanno.”
Lei si è laureata il 15 luglio 2009 in Relazione culturali e sociali nel Mediterraneo con una tesi su Oriana Fallaci. Ci descrive il suo percorso universitario?
“Sì, mi sono laureata in una delle giornate più calde dell’anno! Ero serena quel giorno. Si concludeva il mio percorso di studi universitari, il travagliato lavoro di tesi e finalmente vedeva la luce il mio progetto (con radici lontane) di raccontare Oriana Fallaci e il suo conflittuale rapporto con il mondo islamico.
Dunque, la mia decisione di studiare Lingue per la comunicazione internazionale non fu istintiva, ho sempre avuto una passione per le lingue, soprattutto per l’inglese, a due anni avevo già un buon vocabolario anglosassone. Ho sempre viaggiato, e anche vissuto in Inghilterra per brevi periodi, fino all’anno della maturità classica, ma a diciotto anni non sai bene cosa vuoi dalla vita. Decisi di procedere per esclusione eliminando il percorso scientifico e favorendo quello umanistico, tenendo inoltre presente la mia propensione all’apprendimento delle lingue straniere. Era il 2002, mi iscrissi all’Orientale, dove anni prima vi si era laureata mia madre, e i ricordi di quell’anno sono caratterizzati da un’immensa confusione. A causa della riforma universitaria (del 3+2) e delle lingue da me scelte (inglese e spagnolo) trovai difficoltà di organizzazione nell’Ateneo. Seguivamo lo stesso giorno in diverse sedi, e i corsi erano molto affollati. Riuscii a dare solo parte dell’esame di Lingua Inglese e quello di Letteratura Italiana. Alla fine dell’anno, insieme ad alcune colleghe passai al Suor Orsola Benincasa, dove essendo meno numerosi ritenemmo di essere seguite meglio. Fu così che nel 2006 terminai la Triennale al Suor Orsola e di mezzo ci fu un bellissimo e produttivo anno di progetto Erasmus in Spagna.”
E per la specialistica?
“La scelta di dove frequentare la Specialistica fu invece più semplice. Avevo in mente di farla in Spagna, presso la stessa Università in cui avevo studiato per l’Erasmus (Universidad de Almerìa), ma a causa dei tempi burocratici per l’omologazione del mio titolo di laurea triennale, decisamente lunghi, decisi di continuare a studiare a Napoli e questa volta non ebbi dubbi: sarei tornata all’Orientale! L’offerta formativa del Corso di laurea in Relazioni culturali e sociali nel Mediterraneo era ottima, ogni singola materia di quel piano di studi mi affascinava tanto da terminare ben diciannove esami in meno di due anni accademici. Rispetto al Corso di laurea triennale, i programmi di esame erano più vari: si spaziava dalle Lingue al Diritto Internazionale. Ciò ha ampliato i miei interessi e le mie curiosità rendendomi partecipe e informata di nuove tematiche quali l’immigrazione, la situazione economica nel Mare Nostrum e la sua storia, la Bioetica, l’Economia dell’Ambiente.”
L'argomento della tesi le fu suggerito o fu una sua scelta personale?
“Per la tesi della specialistica è come se io e il mio relatore ci fossimo scelti a vicenda o come se Oriana Fallaci avesse scelto noi! Tutto nacque in occasione di un mio esame. Fece da teatro la bellissima (e umida) Aula dell’Antica Scuderia. Io proposi una relazione sulla Trilogia di Oriana Fallaci (che poi discussi in sede di esame). Il professore ne fu molto interessato, tanto da ritrovarci in modo naturale al momento della scelta dell’argomento di tesi. Non nego che ci furono momenti difficili: soprattutto parlare di un tema scabroso come il rapporto tra Occidente e Paesi Mediorientali non fu cosa semplice. Io ho le mie idee che mi sono fatta negli anni di studi riguardo questo argomento, ero e sono trasportata da una passione per la scrittura della Fallaci come giornalista e non, sicché il professore dovette fungere da ‘moderatore’ dei miei pensieri. Oggi però, se guardo in modo più critico alle cose, è anche merito suo se Oriana Fallaci e l’Islam (questo il titolo dell’elaborato finale) risultò un lavoro accurato e anche apprezzato.
Le ricerche spaziarono da testi dello storico Bernard Lewis – passando per quelli della studiosa egiziana che coniò il termine ‘Eurabia’, Bat Ye’or – alla Trilogia di Oriana Fallaci. Il tema centrale del mio lavoro fu il rapporto conflittuale tra il mondo occidentale e quello mediorientale, soprattutto dopo gli eventi dell’11 settembre 2001. Si trattava di studiare il perché di conflitti, lontanissimi nel tempo, tra Islam e Cristianesimo, capirne le radici storiche e dunque analizzarne le conseguenze attuali. L’ultimo capitolo della tesi fu dedicato a La Rabbia e l’Orgoglio, La Forza della Ragione e Oriana Fallaci intervista se stessa: l’Apocalisse. In questa sezione si analizzavano i temi trattati dallo ‘scrittore’ (così lei amava essere definita). Senza alcun dubbio, questa fase fu la più bella ma anche la più difficile da stendere. Dovetti ridimensionare l’estremo e contestatissimo giudizio della Fallaci riguardo la religione musulmana, i suoi seguaci e gli avvenimenti storici passati e presenti. Dovetti mettere un po’ da parte il mio entusiasmo per la sua penna e usarne io una più critica e riflessiva, pur mantenendo il mio pensiero riguardo alcuni aspetti della cosiddetta ‘islamizzazione dell’Occidente’ e così via.”
Durante il suo percorso di studi universitari ha compiuto anche altre esperienze significative? Vuole accennarle? È stata spesso all’estero per meglio imparare le lingue? L’Orientale le è stato d’aiuto per tali periodi di studio all’estero?
“Sì, mi sono recata all’estero molte volte. Il giorno in cui ho deciso di studiare lingue ero consapevole che mi sarei spostata molto. Sono una sostenitrice della teoria che le lingue straniere si imparino sul posto, vivendo il luogo, confrontandosi con la sua cultura e immergendosi totalmente nel background di una nazione. Durante il mio anno di Erasmus ho vissuto la vita spagnola al massimo, ho studiato in spagnolo e in inglese, ho stretto amicizia con persone di tutti i Paesi, e ciò mi ha fatto sentire ‘cittadina del mondo’. L’Orientale mi ha dato le basi, mi ha aperto ancora di più gli orizzonti. Andare all’estero frequentemente mi ha dato anche l’opportunità di migliorare l’inglese e lo spagnolo, di impadronirmi delle sfumature, delle espressioni idiomatiche di queste due lingue, cose che non puoi acquisire tra i banchi di scuola.”
Che cosa ricorda della sua esperienza universitaria nel nostro Ateneo? Che cosa valuta, in modo particolare, come positivo?
“Ho un meraviglioso ricordo di tutto il mio percorso della Specialistica all’Orientale. L’atmosfera delle lezioni, dei seminari, l’amicizia e solidarietà tra colleghi (mai avvertito competizione tra di noi) e la stima reciproca con i docenti hanno reso più che piacevole il biennio. Ogni giorno era bello recarsi in Facoltà. Se potessi tornare indietro parteciperei in modo ancora più assiduo alla attività universitarie, ma vorrei che il sistema italiano di studio si evolvesse. Lo considero arcaico. Dovremmo adeguarci a quello europeo, fare più test scritti, esercitazioni mirate e non testi da memorizzare (e da dimenticare appena dato l’esame), allenarsi a presentazioni pubbliche come convegni, cose che potrebbero servirci una volta inseriti nel mondo del lavoro.”
Ha conservato rapporti con docenti e laureati dell'Ateneo?
“Con più di un docente sono tutt’oggi in contatto. In primis il mio relatore di tesi, che mi segue ‘virtualmente’ in tutti i miei spostamenti all’estero e si interessa delle mie peripezie per la ricerca di un lavoro. Ci aggiorniamo reciprocamente su fatti di cronaca estera o comunque su tematiche che ci interessano.
Durante le ricerche per la tesi, sono stata affidata anche alle cure di una docente di eccellenza, la professoressa Laura Donadio, grazie alla quale ebbi l’occasione unica di intervistare uno dei più importanti esperti di Islam: Padre Samir Khalil Samir, grande conoscitore del Medioriente, e che è stato in corrispondenza con Oriana Fallaci.
Un altro docente di cui ho uno splendido ricordo è Claudio Marta. Sento il dovere di rendere onore a questa persona che ha lasciato tanto al nostro Ateneo. La sua cordialità, la sua eccellente preparazione hanno riempito di positività chiunque abbia incrociato il suo cammino e io mi ritengo fortunata di averlo conosciuto prima che ci lasciasse. Inoltre vi è la professoressa Maria Giovanna Fusco con cui ho sostenuto il mio esame di Lingua Inglese V: anche con lei sono ancora in contatto.”
Qual è il suo lavoro oggi? Se fosse possibile, andrebbe a lavorare all’estero o preferisce comunque restare in Italia?
“Oggi mi trovo in Italia ma solo momentaneamente. Sono di rientro da un breve periodo in Inghilterra e pronta a partire per gli Stati Uniti d’America. Se avessi potuto scegliere sarei rimasta in Europa: tengo alle nostre radici, mi piace come si vive in Paesi come l’Inghilterra, la Danimarca, la Spagna, la Francia. Ragioni personali mi porteranno però oltre Oceano e va bene così. In America cercherò di continuare a fare il mio lavoro, ovvero l’interprete e la traduttrice. C’è una comunità messicana vastissima, e quindi mi occuperò di interpretariato e traduzione presso ospedali e tribunali (a breve sosterrò l’esame per l’iscrizione all’albo per Periti ed Esperti) ma mi piacerebbe molto lavorare in un centro per l’immigrazione. Alla domanda «preferiresti restare in Italia?» rispondo no: amo il mio Paese, la sua storia, i suoi luoghi, ma non resterei qui, ci sono decisamente troppe cose che non vanno. Quando vivo all’estero mi sento viva, avere a che fare con persone diverse da te è stimolante, alla fine di ogni giornata sai che hai imparato sempre e comunque qualcosa di nuovo. Non ho grandi pretese rispetto alla carriera. Mi piacerebbe frequentare un Master e specializzarmi in un campo di traduzione specifico o diventare mediatore culturale. Tutto sommato il mio desiderio è solo poter vivere in un Paese civile, dove si rispettino le regole, dove diverse culture convivano pacificamente e in armonia, un Paese stimolante culturalmente e in cui possa svolgere un lavoro che mi permetta di parlare le lingue che conosco. Dopo tutti i periodi, brevi o meno, all’estero, mi sono persuasa che la mia dimensione non sia qui. Magari un giorno tornerò, mai dire mai…”
Francesco Messapi