Franco Crevatin: "La linguistica è una galassia..."
Franco Crevatin: "La linguistica è una galassia..."
Direi che in Italia abbiamo una eccellente tradizione di studi linguistici e, quindi, non abbiamo bisogno di crescere per confrontarci con i colleghi stranieri: siamo stati all'altezza
Professor Crevatin, che cos'è la linguistica?
"Questa è una domanda che richiede una risposta di due giorni! Se devo riassumere, a me pare che sia non soltanto lo studio delle lingue reali e naturali degli esseri umani, la loro storia, ma anche ciò che gli uomini dicono e quindi la cultura che si tramanda tramite lo strumento che è la lingua."
Che cosa consiglierebbe ad un giovanissimo linguista?
"Di non dimenticare mai che, aldilà di come uno parla, cioè della lingua che usa, sta dicendo delle cose. Quindi di non distinguere mai – per così dire – tra quello che è lo strumento lingua e quella che è la cultura che ha attivato quella lingua e che si riflette nella lingua stessa. Non bisogna dimenticarlo mai. Nessun giovane linguista, secondo me, deve pensare che sia soltanto la lingua il suo ambito, perché c'è tanto di più, davvero tanto di più."
Che spazio ha la linguistica nella sua università?
"Direi che ha lo spazio che le è stato riconosciuto in termini di onestà intellettuale, e quindi ha uno spazio ragionevole. Né troppo, né troppo poco."
Che spazio ha la linguistica in Italia?
"Dipende. Secondo me ha uno spazio ragionevole nel senso che le viene riconosciuta una certa importanza anche se, qualche volta, i linguisti ritengono di essere fin troppo importanti mentre invece sarebbe opportuno confrontarsi con gli altri colleghi e non rimanere confinati in una linguistica che finisce qualche volta per essere chiusa, senza né porte né finestre."
Che applicazione potrebbe trovare la linguistica e che cosa non si fa per favorirne la migliore conoscenza possibile?
"Non sono capace di immaginare un mestiere di linguista che non sia all'università, questo è il primo punto. Quindi, la linguistica coopera alla formazione intellettuale di un individuo, ma che abbia una ricaduta concreta, professionale – come a dire lui è ingegnere, l'altro è chimico, lui è linguista – questo no. Credo che contribuisca, e davvero tanto, all'arricchimento di una persona, rende una persona intellettualmente più completa."
Che cosa è cambiato nello studio della linguistica da quando lei ha cominciato a fare ricerca?
"È cambiato molto, nel bene e nel male. Nel bene perché molti problemi sono visti in maniera nuova. È ovvio, ogni epoca ridiscute le stesse cose e, per così dire, le arricchisce; quindi un miglioramento c'è stato, e molto grosso. Tuttavia direi che in generale, oggi, le discipline umanistiche stanno subendo un periodo di eclissi, vengono tenute abbastanza sotto tono per quello che è l'interesse generale."
A suo avviso, la linguistica andrebbe insegnata nelle scuole superiori?
"Sì, una cosa del genere potrebbe essere fatta, ma non come una disciplina che porta via un anno intero piuttosto come attivazione di una sensibilità. Questo sì, dovrebbe essere fatto.
Altrimenti anche chi domani non proseguirà con un insegnamento di linguistica all'università rischia di avere idee curiose come quella di memoria tradizionale secondo cui, per i linguisti, le vocali non contano niente, le consonanti poco."
Trova adeguato al quadro internazionale il livello di studio della linguistica in Italia?
"Direi che in Italia abbiamo una eccellente tradizione di studi linguistici e, quindi, non abbiamo bisogno di crescere per confrontarci con i colleghi stranieri: siamo stati all'altezza."
In quale contesto internazionale lo studio della linguistica è particolarmente vivace?
"La linguistica è una galassia, c'è dentro di tutto... ed ognuno crede di stare al centro di questa galassia. A questa domanda non saprei dare una risposta, potrei darne una che è valida soltanto per me e allora forse non ne vale la pena."
Quale università in Italia brilla particolarmente per gli studi in campo linguistico?
"Direi che ci sono buoni linguisti un po' dappertutto e non credo che ci sia necessità di creare delle graduatorie. Quasi dappertutto – quasi – si incontrano persone capaci, dipende moltissimo dall'àmbito che uno vuole seguire: se uno vuole seguire certi ambiti va a Napoli, per altri va a Roma, e così via; non tutto è presente dovunque.
In realtà nel nostro paese c'è una antica tradizione di linguistica legata alla filologia e quindi a una notevole coerenza di rapporto tra linguistica e testi, e non soltanto antichi ma anche moderni, vari, contemporanei; in questo siamo veramente bravi."
Un linguista per il quale di cui ha avuto o ha particolare considerazione?
"Sono moltissimi! Incominciamo: Vittore Pisani, Marcello Durante, Walter Belardi, Giovan Battista Pellegrini, Manlio Cortelazzo, Alberto Zamboni, Aldo Prosdocimi... ce ne sono e ce ne sono stati di eccellenti, veri e propri maestri. La lista è lunghissima."
Quale delle cose che ha scritto la rende particolarmente orgoglioso?
"Come sempre, e come tutti i genitori, amo l'ultimo nato e quindi in questo momento sono particolarmente affezionato all'edizione da poco realizzata su un nobile veneziano del Settecento il quale si sentiva linguista e vocabolarista e ha scritto un tomo di millecinquecento pagine in veneziano; adesso mi sento molto contento per questo."
Quali sono le domande più frequenti che i suoi studenti le rivolgono?
"La più frequente è perché mai mi sono occupato e mi sto occupando di lingue africane. Perché evidentemente le persone, i giovani che ancora non sono stati formati, ritengono che esistano lingue civili e lingue primitive mentre invece naturalmente esistono soltanto lingue."
Come vede il futuro dell'università pubblica in Italia?
"Oggi come oggi a rischio, molto a rischio. Attualmente gli investimenti che lo Stato sta facendo per l'università sono praticamente inesistenti. Il nostro Stato non investe nella ricerca scientifica, anzi, sta tagliando i fondi. Se ci sono università che si comportano male, sarebbe più giusto tagliare i fondi a loro e lasciare che sopravvivono le università che sono per bene!
Oggi nelle università italiane, largamente, è difficilissimo comprare anche un libro, una rivista, abbonarsi ad una rivista. Si tagliano le riviste, non ci si abbona più come una volta. La situazione è veramente greve."
Che cosa sta leggendo e cosa sta scrivendo in questo periodo?
"Sto leggendo una cosa non particolarmente entusiasmante, ma molto bella – la storia economica dell'Egitto antico – e sto scrivendo un lungo saggio sull'etimologia dell'Egiziano antico che mi sta impegnando moltissimo. Da questo lavoro, infatti, dovrebbe uscire anche un libro dedicato alla scrittura dell'Egitto antico vista non semplicemente per quello che era il suo funzionamento ma in tutti i suoi aspetti sociali: chi scriveva, quale era il tasso di analfabetismo, quale la destinazione, e così via."
Riscriverebbe tutto ciò che ha scritto?
"Al novantotto percento sì, lo riscriverei così com'è. Ma naturalmente c'è qualcosa che preferirei riscrivere in maniera molto diversa."
Cosa le piacerebbe scrivere in futuro?
"In un futuro vicino, spero tra sei mesi circa, vorrei scrivere un saggio molto, molto provocatorio. Fuori dalla comunione dei santi. Perché credo che abbiamo il dovere di uscire dall'ortodossia. L'ortodossia è sempre pericolosa."
Un auspicio di Franco Crevatin per l'università italiana.
"Che sopravviva."
Intervista raccolta da Azzurra Mancini
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Audio intervista - Ibadi Theology. Rereading Sources and Scholarly Works