Giornate della Scuola Dottorale di Studi Interculturali: ne parla Fabiana Andreani, dottoranda all'ultimo anno di corso

 

Giornate della Scuola Dottorale di Studi Interculturali: ne parla Fabiana Andreani, dottoranda all'ultimo anno di corso

Il 31 maggio e 1 giugno si sono svolte presso Palazzo Du Mesnil le “Giornate della Scuola Dottorale di Studi Interculturali”

Dottoressa Andreani, dica in due parole che cosa state facendo qua.

"Si tratta di una "due giorni" organizzata dalla una delle Scuole Dottorali dell'Orientale, quella in Studi Interculturali che riunisce, sotto la direzione del professor Claudio Vicentini, sette Corsi di Dottorato attivi presso quest’Ateneo che spaziano tra materie come gli Studi Culturali, la Linguistica, l’Archeologia, la Storia del Teatro e l’Antropologia, solo per far alcuni esempi. Come ogni anno, le giornate di studio organizzate nella tarda primavera danno la parola ai dottorandi dei cicli finali, chiamati a illustrare i propri lavori di ricerca e i risultati ottenuti."

Lei ha parlato?

"Sì. Quest’edizione mi vede direttamente impegnata come relatrice in qualità di iscritta al terzo anno del Dottorato di Ricerca in Teoria delle Lingue e del Linguaggio. Meglio non commentarmi da sola, mi calerei nella parte del reporter di me stessa e preferisco evitare. Dico però che trovo utile l'iniziativa. Ci si mette in gioco e ci si assume una responsabilità. Naturalmente la responsabilità è anche di chi segue lo specifico dottorando!"

Che lezione ha tratto da questa esperienza?

"Diverse. In ogni caso vorrei dire che un difetto nel quale rischia d’incorrere chi si avventura nella ricerca accademica, soprattutto se alle prime armi, è quello di approfondire a livelli eccessivi quel minuscolo tratto della materia corrispondente al suo tema di ricerca per perdere di vista tutto il resto e sentirsi come spaesato al momento di fare qualche collegamento interdisciplinare. Così anche per me: concentrata sullo studio dei verbi deittici di moto italiani e giapponesi, gli "usi e costumi" di verbi come 'andare' e 'venire' per intenderci, ero sempre più attratta dai cavilli formali delle lingue, per stare per perdere il senso generale della mia tesi. Grazie a queste giornate di studio, sono stata positivamente costretta a riportare lo zoom scientifico a una scala più ampia, fare il punto della situazione del mio lavoro di ricerca ed esporlo in una maniera che potesse essere chiara e comprensibile senza essere troppo semplicistica a un pubblico, sì estremamente preparato, ma non sempre specialista in materia."

Il bilancio è sicuramente positivo, dunque.

"Tutti i relatori hanno svolto egregiamente il loro compito, sia quelli che mi hanno preceduto sia quelli che mi hanno seguito. Per me è stato un arricchimento. Ho seguito con interesse vivo le vicende dell’antico porto di Neapolis attraverso le tesi di Elda Scoppetta e Carla Bagnulo (Dottorato In Archeologia - Rapporti Tra Oriente Ed Occidente) sui materiali ceramici rinvenuti dagli scavi per la Metropolitana e, da non campana, ho potuto capire di più sulle intuizioni della popolazione attorno al concetto di "rifiuto" con l’analisi antropologica condotta da Carlotta Caputo (Dottorato in Scienze Antropologiche ed Analisi Dei Mutamenti Culturali) sull’emergenza spazzatura nel paese vesuviano di Terzigno. Ho apprezzato molto gli spunti di riflessione datemi da Dario Migliardi (Dottorato in Storia Del Teatro Moderno E Contemporaneo) su Daniele Concina e il teatro italiano del Settecento e mi sono appassionata, con la relazione di Clelia Clini (Dottorato in Studi Culturali e Postcoloniali Del Mondo Anglofono) alla colorita tradizione cinematografica indiana (scoprendo anche le differenze tra i film Punjabi e Bollywood) e la loro funzione socializzatrice presso una comunità sikh dell’Emilia."

Come le sono apparse le reazioni del pubblico?

"Anche la competenza e la coerenza delle risposte date in sede di dibattito hanno dimostrato le punte di eccellenza che si possano ottenere nell’ambito di un corso di dottorato e ribadiscono l’importanza di una formazione universitaria superiore, soprattutto se si parla di carriera accademica."

Una sua conclusione.

"Non è questa la sede per certe riflessioni ma non posso evitare di affermare che i recenti tagli alla ricerca e nel campo dell’assunzione dei ricercatori gettano ombre su questo scenario. Il futuro dei dottori di ricerca appare in serio dubbio, con la minaccia di ritrovarsi al termine del ciclo di studi senz’impiego e per di più con un titolo di studio prestigioso sulla carta ma non sempre riconosciuto a pieno nel campo del mercato del lavoro. Un ripensamento dell’attuale forma del Dottorato di Ricerca italiano sembra quindi sempre più necessario per l’avvenire della conoscenza scientifica del Paese."

 

La Redazione