Hegel e Spinoza: Biagio De Giovanni propone un nuovo Moderno

 

Hegel e Spinoza: Biagio De Giovanni propone un nuovo Moderno

La copertina del libro di Biagio De Giovanni

Il 15 dicembre l’Istituto Italiano di Scienze Umane ha ospitato la presentazione del libro di Biagio De Giovanni. Sono intervenuti Giuseppe Cantillo, Roberto Esposito e Vincenzo Vitiello

Non più Moderno inteso come corpo storico unitario: quella che propone De Giovanni nel suo Hegel e Spinoza. Dialogo sul Moderno è una revisione del concetto in questione. Dire Moderno è dire crisi: è questo il presupposto da cui parte l’autore e, a sostegno della sua tesi, sviluppa una particolareggiata revisione del pensiero di Spinoza ed Hegel.

I due filosofi, da sempre considerati i pensatori della riconciliazione e dell’Infinito, sono qui invece accostati al problema del Finitoe della sua fondazione: a partire da questa riconsiderazione non mancheranno di essere evidenziate le differenti modalità di approccio dei due immensi pensatori a tale questione, le quali consentono al lettore di coglierne le divergenze di pensiero.

Il fenomeno della scissione io/mondo, effetto della neonata soggettività, è ciò che consente a De Giovanni di parafrasare il Moderno con termini di crisi: all’assolutizzazione di tale scissione, considerata fatale da pensatori come Cartesio e Kant, Spinoza ed Hegel non accettano di piegarsi e rispondono proponendo la ricerca dell’Unità, la quale non è assente ma solo perduta. È a partire da questo punto in comune che Spinoza ed Hegel penseranno entrambi la necessità di salvare il finito: ma è a partire da questo stesso punto in comune che poi Hegel criticherà Spinoza e se ne distaccherà proponendo una diversa modalità di arrivo a questo stesso obbiettivo.

La teoria di soggettività di Spinoza interpreta l’anima come limitata e compresa nella Sostanza assoluta: è il concetto di quest’ultima ad avere in sé l’esistenza.

A questa presa di posizione spinoziana Hegel contrappone l’idea di un universale che deve essere certamente Sostanza, ma che allo stesso modo non può escludersi in quanto soggetto. È una Sostanza, quella di Spinoza, che Hegel giudica astratta proprio per la sua mancanza diSpirito: ciò che infatti il filosofo della negazione della negazione si sforza di ottenere è un’Unità che sia assieme Sostanza e Spirito, che nasca dalla rimozione totale della contrapposizione tra Uno e Molteplice.

A dimostrazione di quanto fino a questo momento asserito, Roberto Esposito ha introdotto il concetto di Teologia Politica. La divisione del reale in due piani contrapposti – il fenomeno del Dualismo – può talvolta alimentare la necessità del doppio di affermarsi come unitario: è qui che si presenta l’esperienza di quella che Esposito definisce appunto Teologia Politica.

La Sostanza assoluta di Spinoza assorbe completamente il soggetto fino ad annullarlo in quanto coscienza: è questa la considerazione che permetterà a Spinoza di rimanere immune alla Teologia Politica. Dal canto suo invece, Hegel non riesce a liberarsene: Esposito infatti lo descrive come il massimo filosofo teologico politico nella modernità. La dialettica hegeliana non contribuisce in alcun modo alla redenzione del filosofo dalla potente macchina del dualismo. Criticando la Sostanza di Spinoza in quanto mancante di un certo principio di personalità che le consentirebbe di farsi soggetto, Hegel finisce per restare prigioniero del suo sforzo dualistico: ciò per cui Hegel critica Spinoza paradossalmente consente a quest’ultimo di trarsi fuori dal fenomeno dualistico della Teologia Politica. Siamo dunque sicuri che la Sostanza limitata e limitante di Spinoza (secondo i termini hegeliani) non sia una forza anziché un limite? È questa una delle domande a cui si cerca di dare risposta nel testo di De Giovanni.

La Sostanza di Hegel che si fa soggetto deve inoltre essere cosciente di poterlo diventare: la soggettività dunque, nel processo dualistico di Hegel, è insieme presupposto e risultato. È un linguaggio dualistico, questo, che non consente però ad Hegel di raggiungere il piano dell’Unità assoluta: il soggetto si fa eterno portatore del suo stesso negativo e in questo modo il dualismo non potrà mai essere totalmente superato.

L’Occidente, inteso come una parte del mondo che pretende di essere il mondo intero, è senza dubbio un esempio concreto e attualizzato del fenomeno della Teologia Politica.

Ci si è chiesti inoltre se e in che modo il sapere sia in grado di sopportare la mediazione tra le due parti del dualismo: se da un lato la salvazione del Finito è garantita proprio dal suo incontro/scontro con l’Infinito, che tipo di relazione presenta l’Uno con se stesso? L’opposizione e la mediazione dell’Uno con il Molteplice consistono proprio nell’operazione che consente all’Uno di avere uno scopo. Questa pesante affermazione cela dentro sé una pericolosa intuizione che finirebbe con il rovesciare tutto: è il Finito/Molteplice che paradossalmente costituisce la condizione di sopravvivenza dell’Infinito/Unità?

Questioni di questo tipo sono proprio quelle che fanno da sfondo ad un Moderno che più che essere in crisi si può dire essere esso stesso la crisi: è ovvio che la centralità di Hegel non potrà né dovrà mai essere ignorata, ma il libro di De Giovanni intuisce la necessaria presa di distanza che la filosofia dovrebbe inaugurare nei confronti del lessico hegeliano. D’altra parte invece, Spinoza vedrebbe il suo limite riconsiderato come forza e il suo originario lessico restituito al mittente. La costruzione di un nuovo ed indipendente linguaggio filosofico è la direzione verso cui pare sia necessario muoversi: questo libro comincia ad indicarcene la via.

Lorena Jessica Alfieri

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