Il banchetto ai tempi di Omero e della grande Atene
Il banchetto ai tempi di Omero e della grande Atene
“Convivialità omerica e greco-arcaica” e “Orientalia e banchetto nella necropoli alto-arcaica del Kerameikos di Atene” le conferenze che aprono una finestra sul mondo greco classico
Per il terzo appuntamento del ciclo “Banchetto e cerimonialità nel Vicino Oriente e Mediterraneo antichi” il professore Giulio Colesanti, della Sapienza di Roma, e la professoressa dell'Orientale Anna Maria D'Onofrio hanno invitato gli studenti alla tavola degli antichi greci.
Attraverso l'Iliade e l'Odissea ci è giunta la descrizione di un primo tipo di convivio. Il banchetto omerico era innanzitutto una riunione degli eguali: il re ed i suoi uomini erano dei pari, erano allo stesso livello. Era un rituale sociale in quanto il condividere il cibo assicurava a tutti i partecipanti di far parte di un gruppo, di una stessa comunità. Le donne erano escluse da queste riunioni e non potevano neanche essere presenti nelle sale.
Il banchetto si svolgeva nella sala principale del palazzo reale, il mègaron, o, in occasione di cerimonie importanti, potevano essere scelti dei luoghi specifici legati alle divinità.
I convitati mangiavano seduti su di un seggio, con davanti una piccola tavola su cui venivano poggiate le vivande; consumavano principalmente carne e vino miscelato ad acqua. Erano anche intrattenuti da diverse forme di spettacolo come gli aedi, che declamavano poesie epiche, o danzatori e giocolieri.
Con il corso del tempo e le influenze straniere – dall'Oriente arrivò l'innovazione del klìne, il lettino – il banchetto ebbe un'evoluzione.
Il simposio era il momento dedicato al bere. Gli aristocratici della città che, legati da stesse idee, volevano ottenere il potere in città si riunivano in numero esiguo in sale delle case private o dei templi per confermare la loro appartenenza al gruppo. Il simposio si teneva rigorosamente dopo il tramonto e dopo il pasto; i convitati bevevano il nuovo vino versato nel cratere al centro della sala accompagnato da dolci o formaggi. Gli inservienti erano dei giovani aristocratici e spesso diventavano oggetto di corteggiamento insieme all’etere, donne colte ed emancipate che accompagnavano il simposio con la musica. Oltre a musica e poesia, si divertivano con numerosi giochi, il più famoso dei quali era il cottabo.
Il simposio si concludeva con il crollo per ubriachezza dei convitati e chi riusciva a rialzarsi andava via formando una chiassosa processione in cerca del proprio amante o di un altro simposio a cui unirsi.
Il rito del banchetto era legato anche al culto dei defunti.
I corredi funebri ritrovati erano molto semplici: numerose anfore e giare, contenitori per profumi, i lekythoi, e gli skyphoi, coppe utilizzate sia per bere vino che per consumare brodo di carne – sono state trovate coppe piene di ossicini.
L'iconografia ritraeva immagini conviviali, sia omeriche che simposiali. Non è facile però stabilire se queste figure rappresentavano i banchetti per i vivi o per i defunti.
Nei corredi funerari spesso sono stati trovati oggetti che richiamavano l'Oriente; molti studiosi collegano il rito del banchetto greco alla cerimonia del marzeah, praticata nel Vicino Oriente antico. La professoressa D'Onofrio invece è proiettata verso un collegamento con il rito del kispu – offerte ai defunti nel mondo elamico – soprattutto per la correlazione all'eredità e alla discendenza, molto importante per gli antichi greci.
La prima testimonianza archeologica di un banchetto funebre di epoca preomerica è stata trovata nella cosiddetta Tomba della Ricca Signora ateniese: nelle anfore del corredo c'erano ossa di numerosi animali, l'equivalente di 70 kg di carne. Cibo che era stato evidentemente consumato e non lasciato lì a macerare. Intorno al settimo secolo, durante il periodo epico, il corredo funebre iniziò a mutare, infatti sono state ritrovate tavole lignee e vasi, testimonianza del banchetto che veniva consumato nell’area sepolcrale; successivamente, in epoca arcaica, il corredo si arricchì di klìne, coppe e vasi usati nel simposio.
Questa trasformazione, tra il nono e il sesto secolo, ha permesso la ricerca di forme diverse di banchetto ed il loro studio come aspetti della cerimonialità e cultura delle varie epoche.
Francesca Ferrara