Il demone a vela. Traduzione e riscrittura tra didattica e ricerca
Il demone a vela. Traduzione e riscrittura tra didattica e ricerca
di Camilla Miglio. Napoli, Università degli studi di Napoli "L'Orientale", 2006, 289 pp.
Dentro di noi abitano molte lingue. Passiamo dalla lallazione all’articolazione dei suoni e poi delle parole, raggiungiamo infine la dominazione del mondo, per gradi progressivi che non escludono anzi contengono gli stadi precedenti. Dentro di noi abita il lessico familiare, si sfilacciano i canti delle madri, risuona l’idioma di tate e zie. Cerchiamo la nostra lingua traducendoci nell’italiano dei libri di scuola, misurandoci con la lingua dei maestri, proviamo a imitare i poeti, a spiare gli scrittori che ci appassionano. La nostra lingua cresce sulle canzoni, sulle conversazioni per strada con i coetanei, sulle voci della televisione. Questa è forse la nostra lingua-entroterra, dominata dai lari e dai mani dell’appartenenza, di una provenienza, per quanto mista, rassicurante. C’è chi, nella propria scelta universitaria, decide d’imbarcarsi per mari molto vasti e pieni di correnti, alla volta delle culture straniere: antiche e moderne. Scegliere di vivere sul bordo delle altre lingue, approdare sulle loro coste, comporta una visione rovesciata, come terra vista dal mare, anche della propria costa di provenienza.
Tradurre è traghettare, navigare a vela, controvento, di bolina; la lingua che ci soffia a mezzogiorno, ovvero di fronte, si potrà solo raggiungere con la navigazione frastagliata, con zone di bonaccia e corridoi di raffica violenta, non è mettere insieme regole di navigazione e protocolli di trasporto; essa necessita di una passione profonda per la lingua, un atteggiamento divinatorio combinato con una tecnica paziente e anche scaltra, accorta.
La traduzione è un demone che mette in contatto mondi altrimenti incomunicabili senza la sua mediazione: ci spinge a largo, ci avvicina a coste straniere e a volte inospitali, e rende le coste da cui siamo partiti straniere, non più pienamente appartenenti a noi. Farsi attraversare dal demone di un’altra lingua, lasciar soffiare dentro i nostri polmoni la parola di un altro e dirla con la nostra voce, farla risuonare nel cavo del nostro entroterra. Questa è una delle spinte etiche e antropologiche della traduzione.
Camilla Miglio insegna Letteratura Tedesca, Lingua Tedesca e Teoria e Storia della Traduzione presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Napoli, "L’Orientale". Ha pubblicato numerosi saggi sulla poesia del Novecento, sulla storia della cultura in ambito tedesco, sulla letteratura dell’età di Goethe, sulla teoria e storia della traduzione. Ha tradotto poesia e prosa tedesca (tra l’altro volumi di Enzensberger, Kafka, Waterhouse, Liebeskind). Su Celan ha pubblicato la monografia Celan e Valéry. Poesia, traduzione di una distanza (Esi, 1997).
È stata vincitrice dell’edizione 2005 del premio "Ladislao Mittner", promosso dal DAAD presso l’Istituto Goethe di Roma.