Il fumetto come testo semiotico complesso: intervista a Grazia Basile

 

Il fumetto come testo semiotico complesso: intervista a Grazia Basile

Grazia Basile

Nel fumetto si può trasporre il pensiero di grandi autori o anche grandi idee

Professoressa Basile, su cosa verterà il suo intervento alle Giornate di Studio “Un ambiente fatto a strisce”?

“Verterà sul fumetto come testo semioticamente complesso, e in particolare sui suoi aspetti teorici e divulgativi. Più precisamente, quando parlo di testo semioticamente complesso mi riferisco ad un testo particolare in cui c'è sia un livello iconico che un livello verbale che contribuiscono insieme alla trasmissione del messaggio, hanno un rapporto di sinergia in cui non c'è un livello gerarchico ma una divisione di funzioni.”

La costruzione dell'immaginario del lettore è “guidata” nel fumetto dalle immagini (anche sonore) che fanno da contesto alla scena. In questo senso, rispetto ad un romanzo o racconto scritto “tradizionale”, nella trasposizione da una lingua ad un altra c'è una parte del racconto (una parte fondamentale) che resta immutata. Rispetto all'immediatezza delle immagini, quanto contano le parole nel fumetto?

“Tanto. Secondo me le parole glossano le immagini, così come le immagini glossano le parole. È vero che ci sono anche fumetti esclusivamente muti, però spesso ci sono dei segni d'interpunzione o il contorno della nuvoletta fatto in un certo modo per far capire l'intenzione di chi sta pronunciando certe parole... Però, appunto, mi sembra che la felicità della riuscita di un testo come il fumetto sia proprio data da entrambi questi aspetti.”

Quanto conta il mezzo (lo strumento) nella trasmissione del sapere, in particolare per le giovani fasce d'età?

“Tanto, tanto. Diciamo che le immagini hanno un'immediatezza e anche una sinteticità che spesso il testo puramente o esclusivamente verbale non ha; un saggio, un racconto stimolano altre aree di riflessione, però pensiamo ad esempio a un romanzo e alla sua versione cinematografica: per le giovani generazioni indubbiamente è più semplice, più immediato affrontare prima il film piuttosto che il romanzo.”

Lei si è laureata in Filosofia ed insegna attualmente Linguistica generale: quali sono i rapporti tra la filosofia del linguaggio e la linguistica?

“Questa domanda richiederebbe ore ed ore di spiegazione... Sono rapporti importantissimi in quanto la linguistica studia il funzionamento del linguaggio e delle lingue, e la filosofia del linguaggio – se vogliamo – ha un aspetto più semiotico, cioè inquadra l'attività verbale e linguistica all'interno di una più generale attività comunicativa. Detto molto sinteticamente.”

Quanto conta una solida preparazione in entrambe le discipline per comprendere i fenomeni relativi al linguaggio? E per quelli più strettamente “linguistici”?

“Secondo me molto. Sono due discipline che devono necessariamente integrarsi molto e hanno bisogno l'una dell'altra. Anche i fenomeni strettamente linguistici sono fenomeni di comunicazione che prevedono due soggetti parlanti e quindi quando parliamo di comunicazione non possiamo prescindere da aspetti più semiotico-filosofici”.

Cosa consiglierebbe ad un giovane studioso che vuole tentare la carriera universitaria?

“Domanda difficile visti i tempi in cui ci troviamo! Avere tanta passione e tanta pazienza!”

Professoressa Basile, lei ha lavorato in diverse sedi universitarie italiane, dal Lazio alla Campania passando per la Calabria. Quanto conta la mobilità per la costruzione di una carriera universitaria?

“Conta tanto. Aiuta un po' a conoscere ambienti diversi, scuole diverse; in questo senso può essere una cosa utile... Poi chiaramente ciascuno di noi si troverebbe meglio ad insegnare in una sede vicina, ecco questo mi sembra fuori discussione.”

Quali sono gli autori (o i testi) secondo lei indispensabili per una formazione nel campo linguistico?

“Innanzitutto i grandi classici. Nei miei corsi non mi stanco mai di fare riferimento a Saussure, a Wittgenstein ma anche a Croce e a tanti altri.”

Lei è stata allieva di Tullio De Mauro: qual è stato il suo più grande insegnamento?

“Il più grande insegnamento di De Mauro è stato quello di dare sempre uno stimolo: non c'era mai una sua lezione che non stimolasse ad andare poi a vedere un articolo, un libro, a farsi un'idea di cosa c'era dietro alle cose che lui diceva in maniera più sintetica e accattivante. Uno stimolo a non fermarsi mai, ecco, ad essere anche sempre molto rigorosi – molto filologici anche in alcuni casi – però con una apertura alla filosofia, e questo è stato per me molto importante.”

Cosa pensa delle politiche linguistiche adottate in Italia in seguito al costante incremento di immigrati? Cosa potrebbe essere migliorato?

“Certo è un grosso problema la cui soluzione andrebbe inserita in una politica più generale della scuola e della formazione perché il costante incremento di immigrati vuol dire costante incremento di bambini e di alunni che frequentano le nostre scuole – quando spesso poi le nostre scuole non sono pronte ad accoglierli, e gli insegnanti non hanno la preparazione adeguata per l'integrazione di questi giovani.
Quindi la soluzione di questo problema, come dire, andrebbe inserita in una visione della scuola un po' diversa da quella che c'è attualmente.”

Tornando al fumetto, come si è avvicinata a tale ambiente “a strisce”?

“Qualche anno fa ho partecipato ad una giornata organizzata presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma – ho una cara amica che lavora lì – e c'era la presentazione di un libro con dei fumetti di Rodolphe Töpffer – lo svizzero, che è stato un po' l'antesignano del fumetto – e in quell'occasione mi fu chiesto di fare un intervento da un punto di vista linguistico: l'interesse è nato un po' da questo.”

Ci fa un esempio di comunicazione, a suo parere ben riuscita, attraverso il fumetto?

“I due testi che ho analizzato e di cui parlerò al Convegno di Procida sono Wittgenstein a fumetti e Kafka [Per cominciare n.d.r.] a fumetti, due testi – nella traduzione italiana della casa editrice Feltrinelli – che sono una esposizione, una divulgazione dei principali nuclei tematici di Wittgenstein e Kafka rispettivamente. Certo non sostituiscono la lettura dei testi filosofici importanti – questo è ovvio – però questa felice combinazione di parole e immagini può essere un approccio al pensiero di questi autori. Quindi, in questo senso, posso dire che sono dei casi di comunicazione ben riuscita; ma ce ne sono tanti altri, per esempio ho visto in libreria La relatività a fumetti, L'evoluzione a fumetti; insomma produzioni di questo genere le ritengo assolutamente utili anche se, ribadisco, non sostitutive.”

Come è cambiata la percezione del fumetto negli ultimi cinquant'anni? E i suoi contenuti?

“Si è ampliata moltissimo, nel senso che il fumetto nasce come genere di intrattenimento ma adesso parla di tutto; infatti sono d'accordo sul fatto che il fumetto non è un genere testuale ma è, appunto, un ambiente semiotico in cui si può parlare di ogni cosa. Attraverso il fumetto possiamo trasporre il pensiero di grandi autori, o anche grandi idee come l'evoluzionismo. Sicuramente il fumetto può parlare di tutto.”

Quali sono secondo lei le motivazioni della minore (o tarda) attenzione rivolta a questo genere nell'ambito degli studi letterari e accademici in generale?

“Forse le motivazioni sono legate al fatto che il fumetto è inteso come un genere più facile. Ecco, se si pensa che Dante a fumetti – per fare un esempio – possa sostituire la lettura della Divina Commedia questo non va bene; e forse questo è stato il motivo di una certa distanza da parte dell'accademia.”

Ha mai letto un fumetto in lingua straniera? Qual è la bellezza della lettura in lingua originale, quali le perdite nella trasposizione in un'altra lingua e dunque cultura?

“Da ragazza leggevo i Peanuts e mi è capitato di leggerli in originale. È ovvio che, avendo la possibilità di apprezzare le sfumature di una lingua originale, tutto è diverso.”

Quale ruolo ha o può avere il fumetto nella mediazione interculturale, anche considerando la sua vasta circolazione?

“Un ruolo importante. Se si pensa, ad esempio, a Persepolis o ad un caso del genere... beh, penso che tutto ciò che appartiene ad una determinata cultura e che ci aiuta a immergerci in essa sia assolutamente utile – che si tratti di letteratura, di giornali, di fumetti o di televisione va comunque benissimo.”

Qual è il suo fumetto preferito?

“Sono molto legata a Mafalda e ai Peanuts, proprio perché mi ricordano la mia adolescenza.”

Valentina Russo

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