Il mago che parlava con gli angeli
Il mago che parlava con gli angeli
La matematica come clavis universalis nell’opera di John Dee, il tema della relazione di Mariassunta Picardi nell’ambito del ciclo di seminari sulla magia
Napoli, Palazzo Giusso, 5 maggio - Se John Dee alla fine della sua esistenza si mise a parlare con gli angeli, scrivendo addirittura un vocabolario enochiano-inglese, non fu il frutto di un intervallum insaniae, ma il termine ultimo di un percorso di studi in cui egli aveva ravvisato l’impossibilità, anche per un mago, di arrivare a conoscenze di cui solo essseri superiori, gli angeli appunto, erano a parte.
Questa, in sostanza, la tesi della dott.ssa Picardi, che nell’esaminare la Monade geroglifica di John Dee ne ha messo in luce la stratificazione di piani interpretativi (matematico, magico, cabalistico) dopo aver preliminarmente tratteggiato il ritratto di questa complessa figura di "sapiente".
Vissuto nella seconda metà del '500 John Dee era, infatti, un erudito inglese a tutto tondo i cui campi di competenza includevano oltre all’astrologia, anche cartografia, nautica, ottica, balistica, scenotecnica: allora lo chiamavano mago, perché così si usava, ma era, e si considerava, un grande sapiente. E proprio questa consapevolezza, l’incapacità, cioè, di poter rispondere alla domanda ultima sul destino degli uomini, perché c’è qualcosa che sta anche al di sopra degli astri e degli influssi che essi possono avere sulla vita degli uomini, nell’ultima parte della sua vita lo spinse a legarsi al medium Kelley e a cercare di interrogare direttamente gli angeli. La sua attività necromantica fu quindi, forse, una degenarazione senile ma scaturita dalla stessa sete di sapere che lo aveva portato ad erudirsi eccezionalmente negli anni precedenti. Prima, però, Dee aveva sistematizzato la sua sapienza in un’opera del 1954, la Monade geroglifica, in cui egli, pur essendo esperto di cabala ebraica, creò una nuova cabala basata sulla matematica e sulla geometria: lo studioso riteneva infatti che i segni matematici e geometrici ben si prestassero alle stratificazioni simboliche e, soprattutto, costituissero un linguaggio universale e comprensibile anche aldilà delle differenze linguistiche.
Concetta Carotenuto