Il Mostruoso L’Osceno e il Terrifico: l’estetica indiana e i Ginn islamici

 

Il Mostruoso L’Osceno e il Terrifico: l’estetica indiana e i Ginn islamici

Illustrazione del poema Hamsa di Nezāmi-ye Ganjavī, il ginn Ifrit tiene prigioniera Makhan

Quarto incontro del ciclo di conferenze organizzato dal Centro Studi sul Buddhismo: la professoressa Stefania Cavaliere parla delle dimensioni del terrifico nell’estetica indiana e il professore Claudio Lojacono dei Ginn islamici

Mercoledì 6 aprile si è svolto il quarto incontro del seminario interdisciplinare Il Mostruoso, L’Osceno e Il Terrifico nella Dimensione del Sacro presso l’ex-Asilo Filangieri a Napoli. I relatori sono la professoressa Stefania Cavaliere, docente di lingua e letteratura Hindi, e il professore Claudio Lojacono, docente di Storia del vicino oriente islamico. Quest'ultimo – con il suo intervento intitolato Il “piccolo popolo” islamico: i Ginn – descrive questi esseri caratteristici della tradizione islamica di cui è possibile trovare traccia anche in Le mille e una notte. Entità soprannaturali appartenenti al pantheon preislamico, per alcuni aspetti divine, malefiche e degradate. In molte culture il bene è visto come entità ordinatrice del cosmo, sempre in lotta contro il male che invece è generatore di caos. Le connotazioni del disordine fanno considerare le divinità che lo perpetuano come malevole e ad esse vengono associati tutti gli avvenimenti negativi da cui inizia la caratterizzazione dell’idea del male. I testi islamici, tuttavia, sono confusi riguardo ai Ginn: alcune teorie li considerano come esseri soprannaturali benevoli, mentre altre li pongono accanto ai Diavoli che sono in lotta contro Dio per fargli perdere la sua posizione di dominio. Spesso sono invisibili e si manifestano come elementi naturali, ad esempio sotto forma di pioggia forte e di fuoco, altre volte invece possono essere ispiratori e creatori di poesia.
Nel secondo intervento la professoressa Cavaliere ha trattato del terrifico e dell’osceno nell’estetica indiana, introducendo il concetto di Rasa: sentimenti estetici che vengono rappresentati con un’iconografia ormai canonica anche in ambito artistico. La danza indiana, così come il teatro, ad esempio, prende spunto direttamente dalla teoria dei Rasa per le proprie rappresentazioni. Ad ogni Rasa viene associato un colore (che corrisponde nella sua rappresentazione ad una divinità) e sono tra loro collegati, ad esempio quello del terrifico è strettamente connesso sia con quello dell’odioso sia con quello del furioso perché da entrambi ha orgine la paura, e con quello dell’eroico che viene ulteriormente valorizzato dalla presenza della sua controparte terrifica. Il sentimento del furioso nell’estetica indiana emerge soprattutto nelle raffigurazioni di battaglie e conflitti. L’odioso invece è strettamente collegato al disgusto che può manifestarsi anche sotto forma di eccitazione, come alla vista del sangue. Il terrifico infine è strettamente collegato alla visione della morte o alla visione di Dio che porta morte, distruzione e, quindi, paura. Una paura che si manifestata negli uomini con atti di costernazione, tremore e caduta delle armi in battaglia, mentre nelle donne con la rotazione dei bulbi oculari, col tremore delle labbra, con urla e con la necessità di soccorso da parte dell’uomo. Anche i suoni delle parole dei componimenti poetici devono riflettere le caratteristiche del Rasa a cui si riferiscono: così, ad esempio, i suoni sh e d sono frequenti nelle strofe riferite ai Rasa del terrifico, del disgustoso e dell'odioso. Il terrifico che ricorre nell’arte e nella poesia è pura creazione e, proprio in quanto tale, deve essere accettato da parte del pubblico apriori.
Si conclude così la quarta giornata del seminario interdisciplinare attraverso il quale i membri del Centro Studi sul Buddhismo stanno guidando il folto pubblico alla scoperta del terrifico e del mostruoso nelle diverse culture.

Davide Aliberti

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