The Irradiant: un archivio di memorie

 

The Irradiant: un archivio di memorie

Mariam Fraser

Le conoscenze ritrovate tra sociologia e scienze della cultura

Presso la sede dell'Università degli studi di Napoli “L'Orientale” nelle sale del Palazzo del Mediterraneo, il giorno 8 Marzo si è tenuto, il primo seminario del nuovo ciclo di Dottorato in Studi Culturali e Postcoloniali del Mondo Anglofono.
Ha tenuto la conferenza la professoressa Mariam Fraser del Goldsmiths' College, University of London, con un intervento dal titolo “The irradiant Archive: Irano-British relations in the 20th century”.
L'archivio a cui si riferisce la docente è frutto del lavoro di tre anni di ricerca riguardante i documenti risalenti al periodo della seconda guerra mondiale in cui l'Iran era occupato dagli inglesi.
Centinaia di scritti e informazioni che ci svelano uno spaccato dell'epoca, storie di vita e di persone, che permettono di riempire uno spazio vuoto nella ricostruzione della storia del Medio Oriente moderno.
Questa grande quantità di dati ha permesso di scrivere un libro, che uscirà nei prossimi mesi, in cui l'autrice ha arricchito la realtà storica con particolari che sviluppano un'indagine sociale approfondita.
«Sono arrivata a Irradiant attraverso un puro colpo di fortuna» confessa la Fraser, «l'ultima volta che questo archivio era stato visto è stato nel 1953. In Iran si pensava che fosse scomparso o che addirittura non fosse mai esistito. Il libro parla proprio di come Irradiant è stato scritto, letto, di come sia scomparso e riapparso».
Ci sono verità che il libro non dice? «Tutti i materiali e i documenti ci dicono qualcosa della società.
Il libro parla di storie, parole, traduzioni, esperienze emotive e materiali, propaganda, speranza, bugie, etc. Sono inviti a capire di cosa parla la storia. Il libro vuole rappresentare il campo e la politica iraniana, la sensazione di paranoia riscontrata; non volevo solo descrivere le emozioni ma anche e soprattutto provocarle».
La storia di questo progetto è emblematica per il mondo della ricerca; in Inghilterra per avere i fondi si deve descrivere in anticipo ciò che si pensa di trovare alla fine del progetto, ma in casi come questi è praticamente impossibile. I risultati finali sono difficili da conoscere o anche solo da immaginare, come spesso accade nella ricerca pura. Per questo è importante che i contribuiti per la ricerca rifuggano le logiche prettamente imprenditoriali. Questo sistema porta infatti a quella che possiamo definire “paranoia” accademica che destabilizza i giovani ricercatori e crea dipendenze burocratiche che vanno al di là della meritocrazia.
Queste parole sono state molto apprezzate dal pubblico dei giovani dottorandi e neo dottori di ricerca, che si trovano a confrontarsi con un futuro piuttosto complesso, nonché da quello dei docenti che hanno saputo cogliere le motivazioni dell'ospite e della sua creatività metodologica.
 

Valentina Russo

© RIPRODUZIONE RISERVATA