L’ultima parola a Fattovich

 

L’ultima parola a Fattovich

Napoli, 3 Giugno 2010 – Si tiene al CISA, Centro Interdipartimentale di Servizi per l’Archeologia, la conferenza di fine carriera del professor Fattovich


Per chi ha assistito a questo viaggio nel tempo e nello spazio tra vecchi presupposti e nuove prospettive per l’archeologia, l’ironia – in alcuni casi la veemenza – e gli improvvisi picchi di fervore che hanno animato la lezione non sembravano certo quelli di un ritiro dalle scene.
L’inizio prende le mosse da uno spunto forse poco scientifico ma chiarificatore della ricerca tutta: Che ci faccio io qui?
Che ci si leghi alla scuola dei processuali, dei post-processuali, moderni o post-moderni il futuro dell’archeologia non può prescindere dalla condivisione da parte di tutti del paradigma della disciplina. L’archeologia è ricerca, ricostruzione del passato dell’umanità in base all’evidenza materiale. Alle domande legate al problema (la realtà antica) seguono analisi e interpretazioni (diacronicamente orientate), ai cambiamenti nella cultura materiale seguono ipotesi parallele di trasformazione dei modelli dell’attività umane antiche, tutto tramite attività di scavo.
Le nuove frontiere sforano nell’archeologia cognitiva, ambientale (ponte con l’ecologia umana), nella ricostruzione virtuale; a questo punto si tratta di ridefinire lo scopo stesso dell’archeologia e della cultura materiale, identificandone procedure, orientamenti teorici e domande appropriate. Che si gettino o meno le basi per un paradigma alternativo, dev’essere sempre chiaro il centro della ricerca, ovvero l’uomo. Ė sempre l’essere umano ad aver prodotto quell’oggetto, è solo l’uomo a creare tutto ciò che definiamo cultura. Studiandone così l’evoluzione fisiologico-cognitiva anche in base al rapporto con la natura, l’uomo si vede ora come parte integrante della stessa. Ad oggi i due cerchi – prima distanti – si figurano, anzi, implosivamente concentrici.
Un nuovo paradigma terrebbe altresì in considerazione, tra gli altri punti, l’unità mente-corpo, la macro e micro-evoluzione umana (intendendo la storia come co-evoluzione socio-naturale), l’uniformismo, che ritiene gli attuali processi microevolutivi/neurobiologici un modello per comprendere quelli antichi.
L’archeologia contribuisce alla comprensione dei processi che nel tempo hanno generato l’attuale variazione (non diversità!) culturale e biologica nonché l’attuale sistema mondiale, proprio in base alla cultura materiale.
L’interazione (individuale-familiare, uomo-ambiente, uomo-soprannaturale) resta il fattore centrale nella dinamica dei processi storici, ma l’analisi si vede spostata da un modello a sistema ad uno a rete. Fattovich tiene alle analisi comparative, e pretende che si concepiscano le singolarità solo in funzione delle generalità. Il mondo reale è il palinsesto, la cultura materiale rappresenta il manifesto di questa verità e riflette esigenze culturali sempre più diverse e aggiornate (vedi l’I-phone!).
In sintesi, si è passati da azione ad interazione, da narrazione ad analisi storica, dall’unicità argomentativa all’integrazione di nuove discipline.
Ma, insomma, quale futuro per l’archeologia? Per il professor Fattovich è chiaro: "Per capire come opera la storia siate studenti indipendenti ed innovativi, pensatori creativi che fanno esattamente quello che dico io!".

Claudia Cacace

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