La Cina: da grande a potente?
La Cina: da grande a potente?
Marisa Siddivò, docente di Economia della Cina all'Orientale, ha tenuto una conferenza dal titolo "Gli impegni di una potenza economica emergente" nell'ambito delle attività organizzate dall'Istituto Confucio
Se venisse chiesto cosa si pensa della Cina, probabilmente la maggior parte delle risposte si potrebbero riassumere nell'idea che millenni di storia si siano dispersi nella manifattura di merce a basso costo e scadente. Ma se si andasse oltre lo stereotipo proposto dai media, si vedrebbe come questa nazione in pochissimi anni ha scalato le classifiche mondiali di settori economici e industriali avanzati.
Negli ultimi anni il governo cinese ha investito in un piccolo gruppo di 116 imprese chiamate yangqi (“imprese centrali”), che in poco tempo ha preso il controllo della maggior parte dell'economia del paese; impressionanti le cifre: il 37% del fatturato industriale, il 70% degli investimenti all'estero e il 48% dell'occupazione industriale. Nel 2010, nella Fortune 500 – la classifica annuale delle 500 imprese più importanti del mondo – ci sono ben 46 imprese cinesi, quando solo nel 2006 erano 19, e la prima posizione è occupata dalla Sinopec che si classifica settima, quinta nel 2011.
Oltre alle imprese industriali, crescono anche le banche. Nella classifica mondiale delle prime quindici banche per patrimonio e giro d'affari sono presenti le quattro banche cinesi, la prima delle quali è classificata al quinto posto.
Tutto questo, insieme al maggior potere decisionale nell’ambito finanziario internazionale grazie al raddoppio del pacchetto di voti nel Fondo Monetario Internazionale, ha permesso alla Cina di creare fondi sovrani da utilizzare per gli investimenti interni ed esteri. Non a caso, mentre nel recente periodo di crisi gli Investimenti Diretti Esteri (IDE) sono crollati per la maggior parte dei paesi, quelli cinesi sono cresciuti. Gli IDE cinesi si indirizzano soprattutto verso i servizi alle imprese, nel settore bancario e nella distribuzione all'ingrosso e al dettaglio, ovvero i settori nei quali la Cina si sente ancora debole.
Importanti investimenti sono orientati anche verso i paesi in via di sviluppo dai quali la Cina importa risorse minerarie ed energetiche, permettendo loro di crescere del 5-7% l’anno; fondamentali sono anche gli aiuti che il governo invia tramite i canali della cooperazione internazionale – il 45,79% degli aiuti è diretto in Africa – senza i quali molti paesi crollerebbero di nuovo.
La Cina sta affrontando inoltre il problema del cambiamento climatico: consapevole del proprio crescente consumo energetico, ha pianificato riforme innovative puntando sull'energia rinnovabile e su una nuova immagine di sé più rispettosa della natura. Un esempio della crescente sensibilità verso l'ambiente del popolo cinese è rappresentato dall'architetto Wang Shu, a cui è stato assegnato il Pritzker Architecture Prize 2012 (una sorta di Nobel per l'architettura) per la sua capacità di progettare edifici legati alla tradizione cinese a basso impatto ambientale.
La professoressa Siddivò ha concluso l'intervento sottolineando la forte consapevolezza degli impegni e degli obblighi che il governo cinese si è assunto nei confronti della comunità internazionale in qualità di potenza economica emergente e l'obiettivo che si è posto: da bian a qiang, da “grande” a “potente” entro il 2020. Ci riuscirà? Difficile credere il contrario viste le molto robuste premesse.
Francesca Ferrara