L'avanguardia e l'emigrazione: il caso di Boris Poplavskij
L'avanguardia e l'emigrazione: il caso di Boris Poplavskij
Maurizia Calusio illustra aspetti salienti di un artista eclettico e avanguardista
Maurizia Calusio, docente di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica di Milano, ha tenuto presso la nostra sede in via Duomo una conferenza incentrata sulla figura di Boris Poplavskij. Alla letteratura di quest’ultimo la professoressa ha anche dedicato un’opera dal titolo Il paradiso degli amici, nella quale sono contenuti testi e liriche dell’artista.
Nato nel 1903 a Mosca, Poplavskij appartiene ad una famiglia benestante ma non trascorre affatto un’infanzia felice a causa della durezza dei genitori, entrambi musicisti. Emigra a Parigi nel 1921 e una volta in Francia il poeta è indeciso se dedicarsi alla pittura o alla letteratura, ma si accorge che quest’ultima gli da l’opportunità di esprimersi meglio e così, pur continuando a dipingere, compone diversi romanzi e svariate liriche.
La sua letteratura sarà sconosciuta in Russia fino al 1993 quando diventerà addirittura un modello da seguire per i giovani poeti dell’epoca e soltanto nel 2010 si arriverà ad una raccolta completa delle sue pubblicazioni.
Appartenente alla generazione dei poeti del 1925 frequenta pittori e letterati avanguardisti della sinistra parigina e stringe rapporti molto stretti con diversi scrittori russi emigrati in Francia dopo la rivoluzione.
La letteratura di Poplavskij attraversa due fasi importanti. Inizialmente l’artista sceglie la fase dell’ignoto, del non-essere, per cui la poesia viene ancora concepita come qualcosa che si isola e isola il poeta dalla realtà. Tuttavia nel 1927 abbiamo un cambio di prospettiva e Poplavskij entra a far parte della vita letteraria dell’epoca: “sono cristiano e non accetto l’orgoglio luciferino dell’essere ignorato” resta una delle sue affermazioni più significative.
Le tematiche della sua poetica sono diverse come la pioggia, la neve, la musica, il ribaltamento della realtà e soprattutto il limite, rappresentato dalla figura di un angelo bambino che vive in bilico tra il mondo terreno e quello celeste. Alla base di tutti questi temi c’è comunque una tematica di rilevanza maggiore: la morte. Tuttavia essa non viene concepita secondo un’ottica nichilista, bensì come trasformazione, cambiamento, divenire o rigenerarsi.
Il poeta muore di overdose nel 1935 e tutti i più grandi critici ne riconosceranno la grandezza; addirittura Vladimir Nabokov, che lo aveva schernito negli anni Cinquanta, vent’anni dopo si ricrederà sulla sua poetica.
Contrariamente a quanto accaduto per molti connazionali, Poplavskij è ritenuto un poeta internazionale ed è possibile rintracciare le motivazioni di questa considerazione nel fatto che – sebbene egli abbia sempre scelto di scrivere in russo nonostante fosse bilingue – non abbia mai mostrato la minima nostalgia verso la Russia ma sia sempre stato fiero di essere un russo a Parigi, contemporaneo del suo tempo, dell’ambiente parigino e, al contempo, legato ai poeti russi che non gli è stato possibile conoscere.
Marialberta Lamberti