L'epoca dei mediatori

 

L'epoca dei mediatori

Dal nostro inviato al Festival della Filosofia le novità di quest'anno

In un testo del 2007, L’ospite inquietante, Umberto Galimberti mostra quanto i giovani vivano, oggi, in una condizione di spaesamento. Il filosofo individua una delle cause di questa situazione in una scuola che non è in grado di fornire paradigmi comportamentali di riferimento. Di fronte all’assenza di un orizzonte di senso a partire dal quale decidere la propria vita, i giovani trovano in un mercato che offre emozioni a basso prezzo una via d’uscita all’horror vacui che li deprime. Passeggiando tra le strade di Modena, durante i tre giorni del Festival della Filosofia, l’impressione è diversa. Tanti i giovani che affollano le strade della città e la Piazza Grande per ascoltare la voce dei filosofi. Innanzitutto studenti universitari, alcuni dei quali hanno viaggiato per più di dieci ore in treno, dalla Sicilia all’Emilia, per non perdere l’occasione di assistere alla lezione di un Bauman, di un Nancy o di uno Sloterdijk. Ma anche giovanissimi, con la testa abbassata sul taccuino per segnare una frase che si spera possa dispiegare qualche senso.
A guardare bene, dunque, è vero – come dice Galimberti – che “i giovani stanno male”, ma forse ce n’è più di qualcuno, sfuggito alle statistiche, che non si lascia sedurre dalle tentazioni del mondo mediatico-virtuale, anzi rifiuta qualsiasi mediazione (“Siamo nell’epoca dei mediatori”, dirà Natoli) e vuole toccare con mano la realtà, ponendosi quelle domande che, a partire da Socrate, sono state il fondamento su cui è stato costruito l’Occidente. Quest’anno il Festival si è interrogato sulla fortuna (l’anno prossimo il tema sarà la natura).
Il termine fortuna deriva dal latino fors, che indica il portare ma anche il portare via: è su questa ambiguità, su questa doppia mossa che si gioca la partita con la vita. Si tratta di mettere a punto la strategia vincente e sfruttare il colpo imprevisto del caso, perché come insegna Mallarmé “un coup de dés jamais n’abolira le hasard” e già Bergman nel Settimo Sigillo ha mostrato come la partita sia aperta fino all’ultima mossa.
Ad aprire e chiudere la manifestazione, due giganti della filosofia italiana contemporanea. Giovanni Reale, grande interprete di Platone, ha tenuto una lectio sul mito di Er, descritto nel X libro della Repubblica, e sulla portata dirompente del suo messaggio: fino ad allora i greci credevano che a decidere del destino fossero gli dei e la necessità; con questo mito, invece, è l'anima dell'uomo a scegliere. “Non sarà il demone a scegliere voi, ma voi a scegliere il demone”. Ciascun uomo, dunque, deve cercare la propria vocazione e seguirla fino in fondo. Emanuele Severino, filosofo stricto sensu, ha discusso, invece, sul concetto di libertà. Esso deriva dalla radice indoeuropea leuth e in una delle sue possibili declinazioni designa la crescita, la fioritura e di conseguenza la pianta che si solleva dal terreno, che si libera dall'oscurità e dal vincolo della terra. Da questo punto di vista la filosofia nasce come volontà di far fronte a ciò che l’uomo, da sempre, sente come vincolo: la morte e il dolore. La conclusione del filosofo, che ha spiazzato il pubblico, è che tutte le cose vengono dal nulla e tornano nel nulla, laddove in mezzo c'è un frammento di essere e l’esistenza umana si gioca, con maggior o minor fortuna, nel cercare modalità di gestione di questa oscillazione. Il Festival si è svolto dal 17 al 19 settembre 2010 a Modena, Carpi e Sassuolo.

Aniello Fioccola

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